Rischio nucleare
18/08/2000 - COMUNICATO STAMPA
Chernobyl in mare: anche da noi e' possibile
L'incidente al sottomarino atomico russo "Kursk" ripropone al mondo intero
l'incubo di una nuova Chernobyl. Sarebbe pero' irresponsabile non dire che
questi rischi li corriamo anche nei nostri mari solcati dai sottomarini
della NATO.
A Taranto - venti giorni prima che accadesse l'incidente del "Kursk" - il
Prefetto ha ricevuto una seconda lettera di sollecito di PeaceLink in cui
abbiamo chiesto, come è nostro diritto, di poter avere una copia del piano
di emergenza nucleare. Alla data di oggi il Prefetto di Taranto non ha
ancora risposto. Ricordiamo che, sulla base del decreto legislativo n.230
del 17.3.1995, e' diritto dei cittadini conoscere il piano di emergenza
nucleare connesso al transito e alla sosta di sottomarini nucleari e che e'
dovere delle prefetture renderlo pubblico senza che i cittadini siano
obbligati a farne richiesta.
Forse i sottomarini NATO sono "piu' sicuri" ma e' falso affermare che "sono
sicuri", dato che nessuna compagnia di assicurazioni stipula polizze per
risarcire in caso di incidente atomico. Se le compagnie di assicurazione
non assicurano ci sono delle ragioni. Infatti l'incidente accaduto in
questi giorni al sottomarino russo sarebbe potuto accadere - ad esempio - a
Taranto o a Napoli nel 1968 a causa del sottomarino nucleare americano
Scorpion ed e' un puro caso che cio' non sia avvenuto.
L'incidente dello Scorpion e' molto simile per dinamica e per gravita' a
quello che ci tiene oggi con il fiato sospeso. Riassumiamo in breve quanto
accadde allora. Il 15 aprile 1968 il sottomarino nucleare statunitense USS
Scorpion (SSN-589) venne coinvolto in una bufera nel porto di Napoli; la
poppa dello Scorpion (dove e' collocato il propulsore nucleare) entro' in
collisione con una chiatta posta a separarlo da un'altra unita' navale; la
chiatta colo' a picco. Alcuni giorni dopo lo Scorpion esplose
nell'Atlantico e cola a picco con il propulsore nucleare e due bombe
atomiche a bordo. Il caso volle che l'affondamento dello Scorpion non si
verificasse ne' a Napoli ne' a Taranto (dove era passato il 10 aprile) ma
al largo delle Azzorre, il 27 maggio 1968. Ventuno sono le ipotesi
dell'incidente che rimane ancora oggi misterioso (e in cio' troviamo
un'inquietante similitudine con la sciagura attuale del sottomarino russo);
alcune analisi evidenziarono la grave carenza nella manutenzione, ben al di
sotto di quanto il programma di sicurezza nucleare richiedeva. Poiche'
pochi giorni prima lo Scorpion era stato a Taranto, e' legittimo chiedersi
cosa preveda oggi - per una simile eventualita' - il piano di emergenza
della Prefettura e se l'Arsenale Militare verrebbe coinvolto (assieme ai
lavoratori dello stabilimento) nella riparazione di emergenza di unita'
navali soggette a incidenti nucleari nelle vicinanze. Quante radiazioni
dovremmo assorbire e quanti morti e contaminati gravi sarebbero previsti?
Per quanti millenni le nostre coste rimarrebbero contaminate? Che ne
sarebbe di Taranto? Le stesse domande e' legittimo porle a tutte le
prefetture dove ci sono porti militari interessati al transito nucleare.
Rilanciamo ai prefetti la domanda e attendiamo le risposte, ammesso che
conoscano la risposta e che abbiano veramente a cuore la sorte delle nostre
citta'.
Ci teniamo a specificare che questi problemi non sono ne' di destra ne' di
sinistra ma di tutti. E due dati dovrebbero farci riflettere, appunto, tutti:
- l'uranio contenuto nel reattore nucleare di un sottomarino dimezza la
propria radioattivita' in 4,5 miliardi di anni;
- la data di nascita della Terra risale a 4,6 miliardi di anni fa.
Alessandro Marescotti
presidente di PeaceLink
http://www.peacelink.it
a.marescotti@peacelink.it