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  Rischio nucleare
La campagna contro il rischio nucleare nei porti italiani

PeaceLink "simula" il piano di emergenza nucleare

Taranto è preparata al rischio nucleare? Abbiamo fatto una prova.
Lunedì 11 settembre alle ore 9.30 PeaceLink ha svolto un'accurata indagine per verificare il livello di informazione di cui dispongono le strutture sanitarie locali nel caso la città sia investita da una nube radioattiva.
Nel caso di incidente ad un reattore nucleare di un sommergibile o di una nave uno degli effetti più nefasti sarebbe infatti - come contemplato nel piano di emergenza della Prefettura - l'emissione di una nube radioattiva contenente, tra le varie sostanze radioattive, il micidiale Iodio 131.
Tale sostanza radioattiva si fissa infatti velocemente nell'"organo bersagio" della tiroide, provocandone l'impazzimento delle cellule fino alla generazione di una patologia tumorale. Lo Iodio 131 provoca questo impatto in particolare sui bambini e le donne in gravidanza. L'effetto radioattivo dello Iodio 131 ha ripercussioni sull'intero organismo inducendo uno stato di tachicardia, alterando i fattori metabolici e compromettendo il sistema immunitario. Ce n'è abbastanza per alzare le mani e arrendersi all'ineluttabilità della sorte. Ma non è così: l'esperienza di Chernobyl ha dimostrato che una rapida risposta delle strutture sanitarie può - se non mettere del tutto in salvo - almeno proteggere temporaneamente la fascia della popolazione più esposta, quella appunto dei bambini e delle donne in stato di gravidanza. E' questione di minuti: occorre intervenire per evitare preventivamente l'inalazione dello Iodio 131 (ponendo al riparo le persone e sigillando gli edifici) e somministrare dei medicinali a protezione della tiroide. Basta perdere qualche ora e il danno diventa irreversibile. PeaceLink ha voluto verificare se vi è un livello di informazione adeguato nelle strutture sanitarie e ha compiuto un'inchiesta a partire dalle farmacie per verificare se disponevano di medicinali per la protezione della tiroide dei bambini. L'inchiesta si è basata sulla consultazione di quattro farmacie scelte casualmente che - dopo diverse incertezze - hanno risposto dicendo di non conoscere tali medicinali. A questo punto l'inchiesta ha mirato più in alto con diverse telefonate che - per oltre un'ora - hanno inteso appurare chi avesse dentro l'Azienda Sanitaria Locale e l'Ospedale SS.Annunziata le informazioni necessarie a rispondere alla domanda: "Quali farmaci sono in grado di proteggere la tiroide dei bambini in caso di possibile contaminazione dovuta a Iodio 131?" Vi è stato un notevole rimpallo di responsabilità del tipo "non è il mio settore, si rivolga al quest'altro numero di telefono". Sono stati consultati i numeri telefonici delle più alte cariche di responsabilità sanitaria locale e netta è stata la sensazione che non vi sia una chiara informazione sui medicinali da assumere in caso di emergenza nucleare del tipo preso in considerazione. Tutti hanno detto di non sapere e di rivolgerci ad altri numeri. Infine, dopo un'ora di telefonate, presso il reparto di medicina nucleare del SS.Annunziata abbiamo ricevuto l'informazione circa il farmaco da assumere per proteggere bambini e donne in stato di gravidanza in caso di nube contenente iodio radioattivo (I 131). E' stato possibile quindi conoscere l'esistenza del "Lugol forte", un preparato galenico a base di ioduro di potassio che manda in saturazione la tiroide evitando che assuma ulteriori sostanze pericolosissime come lo Iodio 131. A questo punto, rivolgendoci alle varie farmacie abbiamo potuto verificare che esse erano - partendo da una simile indicazione - in grado di preparare in un quarto d'ora (dietro però prescrizione medica) il "Lugol forte". Questa "simulazione" ha potuto mettere in evidenza un evidente "buco organizzativo" del piano di emergenza della Prefettura che non prevede - su un punto di così specifica rilevanza - la distribuzione di un simile preparato, né un'informazione preventiva ai medici, alle farmacie e alle strutture sanitarie presenti sul territorio. Nel caso in cui fossero alcune migliaia le persone che si rivolgessero alle farmacie per richiedere il "Lugol forte" si creerebbe un ingorgo di proporzioni colossali. Distribuire "il giorno dopo" il Lugol forte infatti non servirebbe a molto. Conta invece l'intervento rapido, immediato e capillare a livello di massa. Possiamo dire di essere in mani sicure? Come mai queste cose così non sono state affrontate ed approntate in termini di efficienza e di efficacia da chi è preposto alla tutela della salute pubblica?

Alessandro Marescotti
Presidente di PeaceLink