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  Rischio nucleare
I porti italiani a rischio nucleare

Il Manifesto 09 Febbraio 2000
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Chiamatemi Charlie, abito a La Spezia
Un documento "riservato" dell'esercito e 11 porti a rischio nucleare
Angelo Mastrandrea - La Spezia

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Il piano "riservato"
Nella città più meridionale della Liguria, abbiamo scoperto che termini come "falce", "fievole", "fuga" e "fungo" possono assumere talvolta un significato che non riesci a trovare in alcun vocabolario d'italiano, legati come sono alle conseguenze, in ambito militare, di un eventuale incidente nucleare. Sì, nucleare, avete capito bene. Perché, in un paese che ha rigettato con un referendum qualsiasi ipotesi di produzione e utilizzo dell'energia nucleare, per una questione di buoni rapporti con paesi "amici", è ancora possibile che girino navi e sommergibili a propulsione nucleare o che trasportano armi nucleari.

Il "Piano di emergenza per le navi militari a propulsione nucleare in sosta nella base della Spezia", un documento militare segreto risalente all'ottobre scorso ed entrato in nostro possesso, è solo uno degli undici piani esistenti negli altrettanti porti in cui è previsto l'ormeggio di tali unità. Che sono (oltre a La Spezia) La Maddalena, Augusta, Taranto, Livorno, Brindisi, Gaeta, Venezia, Cagliari, Napoli e Trieste. Naturalmente, il dettagliato documento, che prospetta le misure di emergenza in caso di "massimo incidente possibile", cioè nell'ipotesi di "rottura del circuito primario del reattore con perdita di refrigerante, conseguente fusione del nocciolo e fuoruscita dei prodotti di fissione", è rivolto esclusivamente ai militari. Secondo L'Agenzia nazionale per la protezione ambientale (Anpa) e la Protezione civile, tutte le Prefetture interessate hanno piani d'emergenza contro gli incidenti nucleari. Possibile, visto che il piano risulta comunicato ai carabinieri, alla Prefettura e al Comune. Ci piacerebbe vederli, e comunque è plausibile che, se davvero esistono, non siano aggiornati, visto che il piano militare è datato ottobre '99 e va a sostituire quello vecchio, risalente al 1974.

Il piano di La Spezia disciplina le manovre di entrata e uscita dal porto e i posti di ormeggio per sommergibili e navi a propulsione nucleare. E le procedure da rispettare in caso di incidente, dove, molto singolarmente, gli ultimi a dover essere informati sono proprio le Prefetture e i Vigili del fuoco (proprio quelli che dovrebbero mobilitarsi per proteggere i civili). Gli incidenti possono essere di tre tipi: alfa, se comporti la contaminazione di un'area non abitata; bravo, se minacci un'area abitata; charlie, se comporti un pericolo immediato per la popolazione locale e "nel quale siano coinvolte persone in tale numero che le operazioni di bonifica o di salvataggio risultino seriamente ostacolate, o in cui dette persone corrano pericolo di contaminazione". Esiste poi un meccanismo cifrato per segnalare un eventuale incidente. Per cui un incendio con possibilità di danni al reattore nucleare sarà indicato con "calore", un sabotaggio con "congegno", la rottura del circuito primario con conseguente fusione del nocciolo con "caduto", un incidente di un altro tipo con "comune". E ancora, con "falce" saranno indicati i morti, con "fievole" i feriti, con "fulmine" il personale contaminato, con "fuga" il personale da sgomberare e con "fungo" la dispersione di sostanze radioattive. Ma, da dove proverrebbero queste unità a propulsione nucleare? Non dall'Italia, che non ne ha. Di navi nucleari, a parte due rompighiaccio russi e qualche portaerei, non si ha notizia. Ci sono poi i sommergibili russi, statunitensi e francesi, che usano uranio arricchito quasi al 90 per cento, per cui producono una notevole quantità di radiazioni e la cui vita media (proprio per questo motivo) è di circa trent'anni. Quelli che "bazzicano" i nostri porti, in particolare La Maddalena (dove viene effettuata la manutenzione), Napoli e Gaeta (sedi della VI flotta Usa), è inutile dirlo, sono soprattutto americani. Passano invece navi e sottomarini con armi nucleari che, a quanto pare, per "rispetto" nei confronti del nostro paese (non nuclearista), sarebbero "parcheggiati" con le armi disattivate. Anche se questo non evita i rischi di contaminazione in caso d'incidente.

In questo contesto, la placida La Spezia che incontriamo in questa mattina di metà inverno, riveste un'importanza strategica dal punto di vista militare. Così decidiamo di andare a vedere cosa si nasconde dietro l'apparente calma di una provinciale città di mare.

A San Bartolomeo
Andando verso Lerici, nella zona di San Bartolomeo, in una curva ci si imbatte in una sbarra guardata a vista dai carabinieri. Dietro ci sono tre strutture. Innanzitutto il Saclant, una filiale della Nato che non è indicata in nessuna mappa dell'Alleanza atlantica. Secondo quanto riusciamo a sapere, il Saclant svolgerebbe non meglio precisate ricerche marine, anche se in un dossier preparato dalla federazione provinciale di Rifondazione comunista si parla di "occupazione di aree dello specchio d'acqua per esigenze militari dello stato italiano e non (ricovero della VI flotta Usa)". Poi c'è Maricocesco, un ente che fornisce pezzi di ricambio alle navi. E infine Mariperman, la Commissione permanente per gli esperimenti sui materiali da guerra, composta da cinquecento persone e undici istituti (dall'artiglieria, munizioni e missili alle armi subacquee). Negli stessi locali che furono sede del quartier generale della decima Mas.
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