Torna alla homepage
    
Cerca nel sito con FreeFind
Clicca per mandare un email Scrivi a PeaceLink
Homepage  |  Chi siamo  |  Come contattarci  |  Mappa del sito  |  Come navigare nel sito  |  Aiuta PeaceLink
Editoriale  |  News  |  Database  |  Dossier  |  Libri  |  Appelli  |  Appuntamenti
Disarmo

Mailing-list
Rischio nucleare
Uranio impoverito
Spese militari
Eserciti e basi
Armamenti
Legislazione
Documenti
Contattaci

Sezione gestita da
Francesco Iannuzzelli

Tutte le informazioni presenti su questo sito sono di origine pubblica e ne e' incoraggiata la diffusione. In nessun caso sono state violate norme di sicurezza o segreti militari.
  Rischio nucleare
I porti italiani a rischio nucleare

Il Manifesto 6 Settembre 2000
-------------------------------------------------------------
Taranto, approdo nucleare
Cittadini da evacuare, alberghi da requisire, bestiame da sequestrare. Motivo? Un possibile incidente a un sottomarino atomico nel porto
Angelo Mastrandrea

Lo scenario è da film hollywoodiano del genere "catastrofista": allarme rosso, popolazione in fuga, militari e forze dell'ordine impegnate a gestire l'evacuazione e il panico dei cittadini, e a cercare di allontanare il pericolo in mare aperto. E' un ipotesi solo teorica, ma nemmeno tanto fantascientifica, se viene presa in seria considerazione da un "piano di emergenza nucleare" e se il comune interessato, quello di Taranto, ha deciso di convocare un consiglio comunale apposito - che si svolgerà oggi - sugli arrivi dei sommergibili nucleari nel porto.
In realtà, lo scalo di Taranto è in ottima compagnia per quanto riguarda l'approdo di navi e sottomarini a propulsione nucleari (essenzialmente statunitensi). Una precedente nostra inchiesta aveva svelato come siano ben dodici i porti italiani a rischio nucleare, da Agusta a Gaeta alla Maddalena, passando per La Spezia e Venezia. La prova? L'esistenza di dettagliati piani d'emergenza per i militari e per i civili (con tanto di nomi in codice per identificare il tipo di incidente e le eventuali vittime). "Nessun rischio", si erano affrettati a precisare il ministro della Difesa Sergio Mattarella e il sottosegretario Gianni Rivera, rispondendo in Parlamento alle interrogazioni presentate da Rifondazione comunista e dai Verdi. "Tenuto conto che unità a propulsione nucleare operano nel Mediterraneo senza che risultino essersi verificati - almeno per quanto concerne le unità militari alleate - incidenti significativi o situazioni di particolare emergenza, appare oggettivo e legittimo constatare come questa tipologia di mezzi disponga di sistemi propulsivi con spinte caratteristiche di protezione e sicurezza", aveva detto Rivera, affermando pure che gli accordi tra Italia e Stati uniti, "nel quadro della comune appartenenza all'Alleanza atlantica", renderebbero inevitabile l'attracco di queste imbarcazioni in Italia. Ma ora, dopo la vicenda del Kursk, il sottomarino nucleare russo affondato il mese scorso nel mar di Barents, i rischi legati al passaggio di sottomarini nucleari non appaiono così campati in aria. E proprio ieri è arrivata la notizia di un'avaria, nel porto di Tolone, al sottomarino nucleare francese "Saphir", che resterà alla fronda per sei mesi.
Il piano d'emergenza per Taranto - di cui siamo riusciti a visionare solo otto pagine su duecento, essendo quest'ultime coperte dal segreto militare - risale al 1982 ed è tuttora in vigore. Esso prevede, a differenza di quello di La Spezia, che avevamo visionato per intero, le procedure di evacuazione e assistenza anche per i civili. "E' possibile (seppure con probabilità molto bassa) che su una delle unità navali ormeggiate nei punti indicati nell'allegata cartina E (due boe a circa due chilometri dalla costa, ndr), si abbia un incidente nucleare, ovvero un'avaria che comporti fuoriuscita di sostanze radioattive allo stato aeriforme". Così si legge nel piano, che poi passa a parlare dell'ipotesi di "massimo incidente credibile" (Mic), vale a dire la "perdita di refrigerante primario, con conseguente fusione del nocciolo e fuoriuscita dei prodotti di fissione". Bene, le procedure di emergenza prevedono l'allontanamento dell'imbarcazione entro un'ora dall'incidente, per evitare che le radiazioni investano le persone. Ma il piano precisa pure che questo non elimina la "contaminazione del suolo" (leggi il mare e i fondali). E nemmeno prevede l'ipotesi dell'affondamento del sottomarino, come insegna la vicenda del Kursk, e dove questo dovrebbe essere portato dopo l'allontanamento in alto mare.
Si passa poi alle misure di sicurezza nei confronti dei cittadini (che a La Spezia non eravamo riusciti a conoscere). E' prevista l'evacuazione dell'area interessata e la loro sistemazione nelle scuole. Inoltre, il questore dovrebbe requisire per l'assistenza sanitaria gli alberghi e per "esigenze di trasporto" gli autobus. Sarebbero vietate tutte le attività di pascolo e di coltivazione della terra nelle zone contaminate, e sequestrati gli i pesci, gli animali e i loro prodotti. E' infine previsto che tutte le informazioni da diramare agli organi di informazione siano filtrate dall'ufficio stampa della Prefettura. Di queste misure si discuterà pubblicamente, e per la prima volta, nel consiglio comunale di oggi.