Da: "CANTIERI SOCIALI America Latina" A: Oggetto: La guerra del Chiapas Data: mercoledì 28 agosto 2002 14.47 CARTA Editoriale - 28 Agosto 2002 ( http://www.carta.org/index.htm ) La guerra del Chiapas Pierluigi Sullo Tre indigeni zapatisti uccisi, in soli due giorni, in due diverse imboscate organizzate dai gruppi paramilitari che non solo il governo messicano non ha sciolto, ma su cui vi è il fondato sospetto che l'esercito continui a rifornirli e proteggerli. Infatti, proprio in questi giorni i troppi soldati che sono rimasti in Chiapas, nonostante il cambio di regime, stanno facendo manovre assai sospette. Bastano, queste notizie, per riportare l'attenzione sul sud-est del Messico? E' vero, il subcomandante Marcos da oltre un anno non ci fa pervenire le sue lettere, comunicati, racconti, e Carta ne ha addirittura fatto un dibattito: "Il silenzio degli zapatisti". Ma è, questa, una buona ragione per distrarsi, considerare "minore" il conflitto, tra alcune migliaia di singolari guerriglieri indigeni e uno dei governi più asserviti agli Stati uniti, che aveva emozionato il mondo? Questa estate molti sono tornati in Chiapas, a dare una mano (come, tra gli altri, i nostri amici che hanno aiutato a "informatizzare" la scuola di un municipio autonomo), e le organizzazioni di solidarietà lavorano, in Italia, a pieno ritmo. Però è la stampa, si direbbe la cultura, di sinistra a dar segni di distrazione. In fondo, in Messico il regime del Pri, durato più di settant'anni, è caduto, con l'elezione di Vicente Fox e, appunto, Marcos tace: dunque, non vi sono più motivi di interesse. Sbagliato, molto sbagliato. E non solo perché agli uomini col passamontagna, e al loro portavoce, l'intero movimento globale deve moltissimo, ma anche per considerazioni più fredde. La prima delle quali è che il Messico è un anello decisivo della catena con cui l'amministrazione Bush vuole imprigionare l'America latina. Molti analisti latinoamericani (e se ne è discusso assai nel Forum sociale mondiale che si è tenuto la settimana scorsa a Buenos Aires, a sua volta ignorato da tutti i media) spiegano la strategia economico-militare di Washington. Da un lato, l'Alca, l'Accordo di libero commercio della Americhe, con cui si vuole dare via libera, distruggendo le residue sovranità nazionali, allo sfruttamenti intensivo delle ricchezze del continente: e il conflitto in Chiapas non si spiega solo con l'insurrezione zapatista, che anzi è resistenza agli appetiti delle multinazionali sulle ricchezze minerarie, petrolifere e biologiche della regione, per non parlare dell'Istmo di Tehuantepec, che dovrebbe sostituire il Canale di Panama. E poi c'è il lato militare. Il Messico ha uno degli eserciti più potenti dell'intero continente, e un Messico asservito alla visione paranoide della "guerra infinita" è essenziale per avere il controllo del subcontinente, dove si va sviluppando il piano di geurra chiamato Plán Colombia. Se ne potrebbe discutere ancora a lungo. Ma nel frattempo, torna la domanda: è sufficiente, tutto questo, per reagire alla nuova offensiva paramilitare contro le comunità zapatiste?