Da: "Nello Margiotta" A: Oggetto: Plaza de Mayo, 25 anni dopo Data: sabato 4 maggio 2002 16.00 Il racconto dell'italiana Angela Boitano, una delle madri dei desaparecidos argentini (News ITALIA PRESS) Buenos Aires - Il 30 aprile 1977, alcune centinaia di madri di studenti argentini scomparsi nel nulla, si riunirono sulla piazza antistante la Casa Rosada per denunciare, insieme, la sparizione dei loro congiunti. Venticinque anni dopo quel giorno, Angela Boitano, 70 anni, nata in Argentina da genitori veneti, ricorda le speranze, le ansie e il dolore patito in quel periodo insieme ad altre madri. Rimasta precocemente vedova, Boitano ha visto scomparire i suoi due figli a pochi mesi l'uno dall'altra: prima Michelangelo, 20 anni, studente alla facoltà di architettura, sequestrato nel '76 pochi giorni dopo il golpe militare, poi la figlia Adriana Silvia, laureata in lettere e sequestrata il 24 aprile 1977. Nei primi mesi dalla scomparsa, la donna dice di non essersi "mossa subito perché i miei parenti militari mi consigliavano di tacere e di non procedere per vie ufficiali. Alla fine le denunce le ho fatte sia alla chiesa cattolica (a personaggi di un certo livello) che alla polizia, fino a quando un'altra madre mi ha telefonato per incontrarmi in un ufficio dove si trovavano altri famigliari di scomparsi". Proprio nelle chiese e nei commissariati cominciano a conoscersi le madri degli studenti fatti sparire. "E' stata una delle mamme conosciute nei commissariati, e riviste nelle chiese e al Ministero degli Interni, a proporre di denunciare pubblicamente con una manifestazione quanto successo ai nostri figli. Così ci siamo ritrovati prima al sabato, poi al giovedì sulla Plaza de Mayo, davanti al Parlamento. A poco a poco, giorno dopo giorno, il nostro numero cresceva e lo stesso stare insieme ci dava forza. Abbiamo cominciato a muoverci insieme, come gruppo e, purtroppo, a scontrarci con uno spesso muro di ipocrisia". Il racconto di Boitano è sereno, ma, a tratti, la voce tradisce una certa emozione, soprattutto quando ricorda che: "A quel tempo a raccogliere le denunce in chiesa c'era un cappellano della Marina che, dopo un certo periodo di tempo, chiamava a casa dicendo di lasciar perdere. E' stata un' ipocrisia tremenda da parte della Marina che prima sequestrava i nostri ragazzi e poi ci diceva di non cercarli, a volte quasi prendendoci in giro perché ci convocavano in chiesa e ci dicevano: "In quale libro sarà vostro figlio, in quello dei vivi (dei desaparecidos) o dei morti?". A riceverci era sempre il cappellano che non rideva, ma lasciava trapelare dalla voce una chiara ironia. Eppure oggi questo personaggio è ancora in attività nella chiesa della misericordia come prete". Le speranze di ritrovare Michelangelo e Adriana vivi subiscono un duro colpo nel febbraio 1979: "Abbiamo organizzato un viaggio a Puebla per assistere alla terza Conferenza episcopale - continua Boitano -. Quando Papa Giovanni Paolo II° ha parlato pubblicamente dei desaparecidos è stato come ricevere le condoglianze, perché il pontefice sapeva molto bene che la grande maggioranza dei nostri ragazzi era morta". Ciò nonostante non viene meno la voglia di lottare: "Mentre ci trovavamo lì, abbiamo incontrato alcuni frati benedettini del Belgio che hanno permesso a me e a un'altra madre di arrivare in Europa per denunciare nelle chiese quanto stava avvenendo. Siamo andati a Ginevra per incontrare un delegato delle Nazioni Unite e poi a Roma dove abbiamo cercato di incontrare il Papa privatamente, perché all'Onu ci avevano detto che l'unico a poter agire era lui. Non ci siamo riuscite ed è stato veramente molto triste sentire il segretario privato del pontefice dire che non poteva riceverci perché doveva viaggiare". Malgrado i rifiuti della Santa Sede, Boitano rimane in Italia: "Alla richiesta di indagare sui nostri figli, in quanto emigrati italiani, abbiamo ricevuto un secco "no" dal governo e da alcune organizzazioni nazionali governative. Abbiamo fatto digiuni e ho lavorato come cuoca nella parrocchia della Trasfigurazione a Roma dove sono rimasta fino al 1982. Quando poi è cominciata l'indagine ufficiale su Licio Gelli e sulla sua Loggia P2, di cui facevano parte alcuni militari argentini, e sul Corriere della Sera è uscito un primo elenco degli scomparsi argentini, ho capito che le cose stavano cambiando. E' stato l'inizio di un processo lungo e difficile culminato con la condanna, avvenuta il 6 dicembre 2000, di molti militari". Prima di quel giorno però, Boitano e tante madri devono incassare altre tremende delusioni: "Dopo il processo del 1985 tenutosi in Argentina contro i militari per aver ucciso 800 persone, sono arrivate le leggi del governo Alfonsin e di Menem che ci hanno dato un dolore enorme perché hanno lasciato andare liberi degli assassini dei nostri figli". Le cose cambiano sensibilmente quando: "il Presidente del Consiglio Prodi firma la costituzione in parte civile del governo italiano. Certo questo ci ha dato, tardi, molto tardi, un aiuto, forse se i governanti italiani si fossero mossi prima avremmo trovato ancora vivo qualcuno dei nostri ragazzi". Oggi la manifestazione della playa de mayo è: "solo una piccola parte di quello che è successo dopo. - prosegue ancora Boitano -. Almeno abbiamo dato sfogo al nostro dolore, abbiamo trovato forza stando insieme. Quel giorno non avevo ancora perso la speranza di trovare i miei figli vivi e l'ho mantenuta intatta fino alla fine del '79. Tutte noi li abbiamo sempre cercati come fossero vivi, malgrado il passare del tempo. Grazie a questo alcuni studenti, il cui numero sta sulle dita di una mano, sono usciti vivi dai campi di concentramento, ma perché erano i militari a volerlo. La mia vita è cambiata moltissimo in questi 25 anni. Tutte quelle che hanno cominciato a lottare non sono più lo stesse e aver lottato così ha attenuato, in parte, il dolore per la scomparsa dei nostri cari". Nello change the world before the world changes you because another world is possible www.peacelink.it/tematiche/latina/latina.htm