Da: "Nello Margiotta" A: Oggetto: Venezuela: Le riforme non piacciono a multinazionali e latifondisti Data: sabato 9 marzo 2002 12.11 GUIDO PICCOLI (Il Mattino www.ilmattino.it) Fino a pochi giorni fa, Roman Gomez Ruiz era un oscuro generale dell' aviazione venezuelana. Adesso è diventato l'ufficiale più alto in grado a chiedere pubblicamente le dimissioni del presidente Hugo Chavez. Anche se nel Paese regna la calma, tutti sanno che il futuro del Venezuela si gioca dentro le caserme. Sebbene da tempo Chavez ripeta, nei suoi infuocati comizi, che «questo non è il Cile di Salvador Allende», la sua «rivoluzione bolivariana» dipende ormai completamente dal grado di fedeltà dei suoi militari. Da quando, nel dicembre 1999, assunse il potere con una trionfo travolgente, l'ex colonnello dei paracadutisti si è inimicato tutti i poteri che dettano solitamente legge nei paesi latinoamericani, dall'oligarchia locale alle maggiori multinazionali, dalla gerarchia cattolica fino al governo degli Stati Uniti. Vi ha contribuito certamente il suo fare da caudillo vulcanico, che pure gli ha conquistato le simpatie della gente comune, nauseata dalla corruzione e dall'ipocrisia dei partiti tradizionali. L'opposizione, appoggiata dalla quasi totalità della stampa nazionale, lo accusa di non rispettare le libertà civili e le regole della democrazia. Ma la vera causa della drammatica polarizzazione della società venezuelana sono alcune leggi, approvate nelle settimane scorse, che affrontano questioni centrali e storiche non solo del Venezuela, ma di tutti i Paesi sottosviluppati. E cioè la «legge della terra», che prevede l'eliminazione del latifondo improduttivo, la «legge degli idrocarburi» che condiziona le possibilità di sfruttamento del sottosuolo da parte delle compagnie multinazionali e altre misure per bloccare la continua fuga di capitali dal Paese. I provvedimenti, che l'opposizione giudica un attacco alla «proprietà privata» e un tentativo di trasformare il Venezuela in «un'altra Cuba», sono difesi ardentemente da Chavez che definisce «intollerabile che milioni di persone siano costrette a sopravvivere di stenti nelle baraccopoli della periferia di Caracas mentre più di dieci milioni di ettari di terra coltivabile sono mantenuti nell'abbandono dai grandi proprietari terrieri». In alcune regioni del Paese si sono già verificati scontri armati tra i guardiani dei latifondisti e gruppi di contadini senza terra. Il Venezuela non preoccupa gli Stati Uniti solo per queste misure economiche «rivoluzionarie, ma anche per la sua posizione strategica, ai confini dell' infuocata Colombia, e soprattutto per essere il suo secondo fornitore di petrolio. Chavez non ha fatto niente per tranquillizzare il potente vicino: nei mesi scorsi ha rafforzato i legami politici, militari ed economici con Cuba, stretto accordi tendenti al alzare il prezzo del petrolio con alcuni dei Paesi definiti «canaglia» da Washington, come l'Iran, l'Irak e la Libia e ha perfino firmato patti di non aggressione con i guerriglieri colombiani. Molti sostengono che il Venezuela di Chavez rischi di essere inserito, nel prossimo aprile, nella lista nera dei Paesi accusati dagli Usa di appoggiare il terrorismo. Comunque, finche l'ex colonnello dei parà sarà capace di controllare le sue truppe, potrà dormire sonni tranquilli. Nello change the world before the world changes you because an another world is possible www.peacelink.it/tematiche/latina/latina.htm