Da: "Nello Margiotta" A: Oggetto: Venezuela: i perche' di uno sciopero generale Data: giovedì 11 aprile 2002 17.08 Scioperi anti-Chavez Venezuela, sindacato e confindustria guidano la protesta (www.ilmanifeasto.it) MAXIMILIEN ARVELAIZ TEMIR PORRAS PONCELON CARACAS Secondo giorno di sciopero, ieri, in Venezuela. La Ctv (Confederacion de Trabajadores de Venezuela) e la Fedecamaras (la «Confindustria» venezuelana) hanno prolungato di 24 ore la protesta contro il presidente Chavez, dopo averlo accusato di intransigenza ed intolleranza. Intanto è guerra delle cifre sul risultato della prima giornata di mobilitazione. La Ctv ha dichiarato l'80% delle adesioni mentre Chavez - davanti ad un gruppo di sostenitori - ha confermato che «il paese non è stato bloccato e, soprattutto, l'azienda petrolifera Pdvsa (pomo della discordia) ha continuato a funzionare e ad estrarre greggio». Approfittando del conflitto che oppone una parte dell'alta dirigenza della società nazionale venezuelana del petrolio (Pdvsa) al governo del presidente Hugo Chavez, la Confederacion de Trabajadores de Venezuela (Ctv) il 9 aprile ha proclamato uno sciopero nazionale. Una seconda dimostrazione di forza nello spazio di quattro mesi che ha come unico scopo quello di voler cacciare un governo la cui politica viene considerata troppo sociale. Questo atteggiamento paradossale da parte della principale organizzazione sindacale venezuelana si spiega con gli stretti rapporti che la legano con i vertici del precedente regime. Il suo segretario generale, Carlos Ortega, è l'uomo di paglia di Carlos Andrés Pérez, capo storico dell'ex partito di governo. Inoltre, la Ctv si segnala ancora una volta per il suo cinismo, accettando il sostegno di Fedecamaras, la principale organizzazione padronale del Venezuela, e chiama i lavoratori a mobilitarsi per difendere i privilegi degli alti dirigenti della compagnia del petrolio. All'origine di questo conflitto, il licenziamento dei membri del Consiglio di amministrazione della Pdvsa deciso dal presidente Hugo Chavez. La vecchia dirigenza - secondo il governo - stava attuando una politica che aveva come sbocco la privatizzazione del «cuore» dell'economia nazionale e chiedeva il ritiro del Venezuela dall'Opec (il cartello di Vienna). Ora, uno dei successi incontestabili del governo Chavez è stata proprio la sua politica di concertazione con i partner dell'Opec, che ha permesso in meno di tre anni di far passare il prezzo del barile da 7 a più di 20 dollari e di portare il Venezuela sulla scena internazionale. Nonostante ciò, la salute della prima impresa venezuelana non ha cessato di peggiorare: i suoi costi di funzionamento hanno raggiunto il 67% del fatturato. Un vasto sistema di cooptazione ha portato alla creazione di più di 4000 posti di lavoro fittizi e alla fine del 2001, un anno difficile per la compagnia, i membri della direzione si sono assegnati un «premio» di 100mila dollari a testa. I quadri dell'azienda, vale a dire 870 persone, rappresentano in volume una massa salariale più grande di quella dei 18mila tra impiegati e operai. Gli stipendi annuali di questi dirigenti oscillano tra i 150mila e i 500mila dollari, in un paese dove l'80% della popolazione si pone nella fascia dei poveri. Agli stipendi d'oro si aggiunge un numero proporzionale di privilegi in natura. La politicizzazione del conflitto localizzato dà la prova della logica «a ogni costo» di un'opposizione assai eterogenea, che cerca di mettere il governo con le spalle al muro, ignorando le conseguenze di tutto ciò per l'insieme della società. Se il sindacato ha prolungato lo sciopero, il presidente Chavez ha, da parte sua, riaffermato l'intenzione di continuare nella sua politica di riforme e di giustizia sociale. Nello change the world before the world changes you because another world is possible www.peacelink.it/tematiche/latina/latina.htm www.tightrope.it/galleria/margiotta/salvatore.zip