HENRY KISSINGER - IL DOSSIER DI "HARPER'S MAGAZINE"

Potrebbe finire presto nella polvere il mito di Henry Kissinger, consigliere per la sicurezza nazionale e poi segretario di Stato dei presidenti americani Richard Nixon e Gerald Ford, insignito del Premio Nobel per la pace nel 1973. E’ forse la prima volta che questo professore di Scienze politiche, nato in Baviera nel 1923, emigrato negli Usa nel 1938 e in politica fin dagli anni Sessanta, vede la propria stella offuscarsi. Ma dopo la divulgazione di oltre ventitremila documenti segreti provenienti dalla CIA e da altri organismi del governo degli Stati Uniti tra il giugno del 1999 e lo scorso 13 novembre, infatti, risulta sempre più evidente un suo diretto coinvolgimento nelle politiche volte ad instaurare nei Paesi del Sud America regimi dittatoriali graditi a Washington.



Il caso più eclatante sembra essere quello del Cile, dove l’analisi dei documenti dimostra l’esistenza di un impegno americano teso a rovesciare il presidente Salvador Allende ben prima del riuscito colpo di Stato del 1973. Il periodo preso in esame riguarda i giorni immediatamente precedenti al voto del Congresso cileno per ratificare la vittoria ottenuta da Allende nelle elezioni presidenziali del 4 settembre 1970. L’elezione del candidato dell’Unità popolare (la coalizione tra comunisti e socialisti) aveva rafforzato nella Casa Bianca il convincimento che altri Paesi, non solo sudamericani, potessero diventare sensibili alle sirene dell’ideologia marxista. L’insediamento di Allende al Palazzo della Moneda di Santiago, pertanto, era visto come una minaccia per gli interessi degli Stati Uniti e non doveva avvenire in alcun modo. Christopher Hitchens, prestigiosa firma del giornalismo statunitense per la rivista Harper’s, ha ricostruito minuziosamente, nei mesi scorsi, carte alla mano, i tentativi dell’amministrazione Nixon, e segnatamente del suo consigliere per la sicurezza nazionale, di rovesciare il governo democraticamente eletto di Salvador Allende. Le ingerenze di Washington in Cile negli anni Sessanta
Per comprendere meglio la politica americana nell’America Latina occorre fare un passo indietro, per la precisione alle elezioni presidenziali del 1964. In quell’occasione la CIA sovvenzionò con venti milioni di dollari la campagna elettorale di Eduardo Frei, il candidato centrista avversario di Salvador Allende. Logico pensare che la successiva rivincita di un candidato di sinistra avversato sei anni prima avesse allarmato più del dovuto il governo americano. La lettura dei documenti porta direttamente nello studio ovale della Casa Bianca undici giorni dopo la vittoria di Allende. In una riunione tra i massimi vertici dell’amministrazione Nixon risulta che fu il presidente americano in persona a chiedere la testa di Allende.
Il piano appena abbozzato prevedeva una duplice linea d’azione: da una parte il mantenimento della politica diplomatica ufficiale, per mezzo dell’ambasciatore a Santiago Edward Korry, dall’altra la messa a punto di una pressione economica e militare segreta contro il Cile. La cosiddetta politica del "doppio binario" doveva essere portata avanti all’insaputa del Dipartimento di Stato e dell’Ambasciata americana e consisteva nel condurre contro il governo di Allende una strategia destabilizzante fatta di rapimenti, uccisioni e interruzione degli aiuti economici. Tutto era finalizzato a provocare un colpo di Stato militare prima dell’insediamento di Allende, previsto per il 24 ottobre 1970. La prima vittima sacrificata sull’altare della lotta al comunismo fu il generale René Schneider, capo delle forze armate cilene, assassinato il 22 ottobre 1970.Il consigliere per la sicurezza nazionale di Nixon lo accolse con la notizia che era ormai imminente "un colpo di Stato militare in Cile". Gli Stati Uniti, inoltre, per contrastare quella che Kissinger ha definito "l’irresponsabilità del popolo cileno" per aver scelto il comunismo, versarono all’organizzazione di estrema destra Patria y Libertad 45mila dollari per rovesciare, "se necessario con qualche migliaia di morti", il governo dell’Unità popolare.
Stesso atteggiamento con il regime dei colonnelli greci, nel marzo 1974, stando ad alcuni documenti ormai resi pubblici. Nel marzo di quell’anno, mentre il regime dittatoriale dei colonnelli, dopo sette anni di potere, era sul punto di crollare nonostante il colpo di reni del Brigadiere Generale Ioannides che aveva scalzato i colleghi benché privo del sostegno di parte delle forze armate e dei centri finanziari. Al Dipartimento di Stato di Washington si seguiva con attenzione la crisi greca e molti funzionari ritenevano che fosse ormai tempo che gli Stati Uniti si staccassero da questa dittatura nel cuore dell’Europa. Il 20 marzo 1974, il segretario di Stato aggiunto, Sisco, suggerì a Kissinger di mollare Ioannides e di esigere elezioni libere ad Atene. La risposta di Kissinger fu: "Ma in questo quale sarà l’interesse degli Stati Uniti? Chi proteggerà i nostri interessi strategici? Papandreu (il leader socialista, ndr)?". Pochi mesi dopo il regime militare greco cadrà da solo.



I diritti umani? "Stupidaggini sentimentali"
Difficile che il corso della storia possa trascurare quanto emerso dai documenti segreti. In un periodo nel quale i crimini di guerra e quelli contro l’umanità non possono essere difesi dallo scudo della sovranità nazionale, il procedimento per aprire un processo penale contro Henry Kissinger potrebbe essere solo agli inizi. La sentenza della Camera dei Lord di Londra sulla


rilevanza internazionale dei crimini commessi da Augusto Pinochet ha aperto una breccia nel muro di coloro che giustificano, attraverso la ragion di Stato, gli assassini, i rapimenti e le torture. I legali che incriminarono Pinochet, con l’avvocato Hugo Galvez in testa, stanno lavorando ad un procedimento penale che coinvolga, oltre al generale, anche coloro che lo incitarono.
Morto Nixon, il principale protagonista di quella politica fu proprio Kissinger, che adesso rischia di essere portato davanti ad un tribunale internazionale per rendere conto del massiccio intervento americano negli affari interni cileni. E non solo. Alle prime avvisaglie di quello che stava emergendo dall’apertura degli archivi delle amministrazioni Nixon e Ford, il giornalista e storico francese Vincent Jauvert, specialista di cose americane, scrisse sul settimanale "Nouvel Observateur" (numero del 27 luglio 2000): "Negli anni Settanta Henry Kissinger è stato il protettore di tutte le dittature militari del mondo. Quando era segretario di Stato di Richard Nixon e poi di Gerald Ford, egli ha sostenuto i peggiori regimi: quello di Pinochet, ma anche quello di Videla in Argentina, di Marcos nelle Filippine, di Park Chung-hee in Corea del Sud o dei colonnelli in Grecia. Nei suoi archivi, che stanno per essere parzialmente aperti negli Stati Uniti – in particolare nei resoconti delle riunioni settimanali con i suoi stretti collaboratori del Dipartimento di Stato -, si scopre con quale cinismo il diplomatico americano più celebre del XX secolo ha lasciato sbeffeggiare i diritti dell’uomo in nome dell’interesse superiore dell’America". E cita alcuni episodi, tra cui quello del marzo 1975. Pressato dai senatori statunitensi che chiedono pressioni perché a Santiago vengano rispettati i diritti umani, Kissinger – convinto che si debba comunque sostenere il regime militare e che nel dicembre 1974 aveva liquidato i diritti umani come "stupidaggini sentimentali" - si muove a modo suo e domanda ai suoi consiglieri in vista di una sua visita a Pinochet: "Potreste organizzare un gesto umanitario qualunque a Santiago che sia la giustificazione ufficiale del mio viaggio. Le autorità potrebbero liberare qualche prigioniero mentre sono laggiù. Dite loro che è importante per me".
Ma se per il procedimento giudiziario ci vorranno verosimilmente alcuni anni, non così lunghi dovrebbero essere i tempi per ottenere almeno la revoca del Premio Nobel assegnato a Kissinger nel 1973 per la pace in Vietnam. La notizia che il diplomatico americano più celebre del XX secolo sia stato il diretto responsabile dell’instaurazione e della conservazione di una delle più feroci dittature sudamericane, ha messo infatti in moto una campagna internazionale per chiedere che Kissinger sia privato del prezioso riconoscimento.

Tommaso Montesano