25 Aprile telematico, per non dimenticare...
Bruno e Lino Giugni
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Area: Scuola Educazione [PeaceLink]
Data: 23/4/1995 1:27
Da: Alessandro Marescotti
A: Tutti
Sogg: Bruno e Lino Giugni
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"Il 1' maggio 1942 Voltana venne riempita di volantini antifascisti e venne
fatta trovare sul pennone, al posto della bandiera italiana, la bandiera rossa.
Tutto cio' nonostante la scrupolosa vigilanza notturna delle forze
dell'ordine." A raccontarci questa storia e' Bruno Giugni. A 16 anni aderisce
all'organizzazione comunista, fa propaganda nella clandestinita', diffonde la
stampa. "Ci impegnammo a denunciare il carattere imperialistico e disumano
della guerra in Africa, nel '35, e negli anni successivi raccogliemmo aiuti per
sostenere l'eroica resistenza del popolo spagnolo."
Suo fratello maggiore, Lino, a 16 anni, nel 1924, scolpisce sul legno la falce
e martello, simbolo del lavoro nei campi e nelle officine: e' l'anno
dell'affermazione violenta (e mediante i brogli elettorali) del fascismo e poi
del delitto Matteotti. Lino si iscrive al PCI a 20 anni, nel 1928: "Avevo
maturato una coscienza proletaria", dice. L'adesione avviene con una fede che
rasenta la religiosita', anche se laica. Giustizia "par tot" (per tutti), dice
in un'italiano spesso mischiato al romagnolo. Sotto il fascismo Lino non e'
sospettato di essere comunista e, ironia della sorte, il maresciallo dei
carabinieri gli affida il compito di tenere d'occhio un antifascista "sotto
sorveglianza speciale", Paolo Baroncini, gia' condannato a 15 anni di carcere
perche' trovato in possesso di stampa clandestina comunista.
Lino rimane un "insospettabile" fino al 25 luglio 1943, data in cui cade il
fascismo. "Arrivarono da Giovecca oltre sessanta compagni, vennero a casa mia e
mi dettero la notizia. Scendemmo tutti immediatamente per la strada, io ero in
ciabatte, formammo un corteo spontaneo." Lino lo guida, si unisce presto una
gran massa di voltanesi. "Quando passammo davanti alla caserma dei carabinieri
i militi ci chiesero cosa stavamo facendo e dove stavamo andando. Dissi che
avevamo l'ordine di bruciare i 'manarezz', cioe' le scuri con il simbolo del
fascismo, i quadri e le insegne fasciste." I carabinieri rimangono attoniti a
guardare questo capovolgimento dell'"ordine pubblico". Tutta Voltana scendeva
per la strada per distruggere i simboli del regime che pertanti anni aveva
dovuto subire.
"Prevalse il buon senso - dice Lino - non ci fu alcuno scontro e alcuna
ritorsione, i fascisti si misero in disparte. Quelli piu' in vista o
compromessi si allontanarono spontaneamente dal paese."
Bruno Giugni, il fratello di Lino, entra nel comitato cittadino antifascista,
come rappresentante fra i giovani. E' tornato dal militare, dove aveva svolto
opera di sensibilizzazione contro la guerra. Ci dice: "Il comitato ottenne
subito la solidarieta' e l'appoggio popolare, sostitui' le autorita' fasciste
ormai decadute, mantenne democraticamente l'ordine pubblico e la convivenza
civile. Coordinammo le attivita' dei cittadini con criteri popolari ed equi.
Altro importante scopo da ottenere era quello di evitare vendette personali e
dare l'esempio di pacificazione. A tal scopo Emilio Ricci, antifascista gia' in
carcere, rese pubblico cio' con un discorso dal balcone della Casa del Fascio.
Disse testualmente: <>. Per due o tre giorni
vi furono manifestazioni di festa. Ma dopo l'8 settembre i fascisti stilarono
una lista di circa 60 oppositori da eliminare o da incarcerare. Per primo
tocco' a Gualtiero Poletti. In questo clima di terrore i partigiani entrarono
in azione in via Pastorelli, e il segretario del Fascio muore all'ospedale di
Lugo in seguito alle ferite. In tutta la Romagna le azioni militari si svolsero
secondo la logica del 'botta e risposta'."
Nell'aprile del 1944, un gruppo di giovani partigiani di Fusignano ed
Alfonsine, che aveva trovato rifugio nella casa denominata 'E PALAZON, e'
informato di un rastrellamento. La loro intenzione e' di fuggire nella nottata
ma vengono sorpresi e, armi in pugno, di difendono asserragliati nella casa. Il
combattimento e' lungo e aspro, tanto che i fascisti sono costretti a chiamare
rinforzi, giungono autoblindo. Anche a Voltana e nei dintorni si sentono
lontani i colpi dei cannoni, e tutti i cittadini avvertono profonda la minaccia
della guerra civile. Nel giro della mattinata successiva si compie la
tragedia.
E, per far riflettere, vi sono tante altre di queste primavere.
(Fonte: "Voltana: protagonisti raccontano", storie raccolte dal 1975 al 1980 da
Luciano e Alessandro Marescotti).
--- Mercurio 1.12 Eval.
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