KOINONIA

Una speranza che cresce





Testi di padre Renato Kizito Sesana
ed Enrico Marcandalli

ADOTTA UN BAMBINO DI STRADA: IL MONDO CAMBIERA', ALMENO PER LUI CAMBIERA'.
Quarantamila bambini muoiono ogni giorno di fame e malattia. Oggi il mondo e' purtroppo cosi'.

edito da PeaceLink, c.p.2009, Taranto
riprodotto il 6/3/96 presso la Casa della Pace, via Dante 75, Taranto


Kenya

Koinonia, una speranza che cresce

Questa e' l'esperienza di padre Renato Kizito Sesana, un missionario italiano che da anni in Africa si dedica al recupero e alla cura degli "street children", i bambini abbandonati che vivono cercando il cibo nella spazzatura.

William

William Mbugua passa il giorno e la notte al mercato centrale di Thika, una cittadina a 35 Km da Nairobi. Porta il giornale a casa di qualche cliente, compera bibite per gli impiegati dell'Ufficio Postale, fa piccoli servizi a chi glieli chiede, in cambio di una mancia. Si lava e lava i suoi vestiti alla fontana del giardino comunale e dorme in una cabina telefonica, coprendosi con giornali vecchi. Si', William uno street-child, un bambino di strada.

A nove anni riesce a sopravvivere da solo, senza rubare e senza drogarsi. Ma e' un'eccezione, favorita dal fatto che Thika e' una piccola citta' e gli street-children sono ancora pochi.


Peter Peter Chege, ha diciassette anni, la voce gia' da uomo in un corpo rimasto bambino per la denutrizione che ha sempre sofferto in casa. La mamma si prostituiva, e Peter e' l'ultimo di otto figli di padri diversi. Gli altri se ne sono gia' andati da tempo per la loro strada, e Peter, negli ultimi due anni, ha assistito la mamma che diventava sempre piu' debole per l'AIDS. E' morta agli inizi di gennaio, quest'anno. Raccogliendo e vendendo carta e plastica, facendo piccoli servizi al mercato locale, Peter e' riuscito a pagare l'affitto della baracca in cui la mamma viveva e a portarle ogni giorno un po' da mangiare, e soprattutto l'affetto di figlio. Quando ne ha avuto l'opportunita' Peter ha fatto piccoli furti, e nei momenti piu' difficili e' ricorso anche lui a sniffare colla per addormentare i morsi della fame.

Adesso Peter ha incontrato un "fratello maggiore", Clement Nojoroje, che gli e' stato vicino quando e' morta la mamma, lo ha aiutato a trovare un regolare lavoro da muratore, lo incoraggia a fare una scuola professionale serale. Peter vive a Riruta, uno dei grandi quartieri popolari di Nairobi, dove poche case in pietra convivono con una moltitudine di casupole e di baracche. Anche Peter e' un'eccezione, perche' ben pochi sono gli street children che riescono a reinserirsi in una vita normale. Gli street children si situano al crocevia di tutti i fallimenti e di tutte le contraddizioni del Terzo Mondo, ne sono il simbolo e la croce, il luogo in cui la crocifissione dei poveri appare in tutta la sua drammaticita'.


Chi sono i bambini di strada ("street children")

Gli street children, secondo la definizione delle ormai numerose organizzazioni umanitarie che si dedicano al loro servizio, sono bambini che non frequentano la scuola e che mancano della possibilita' di soddisfare le necessita' di ogni bambino: casa, cibo, vestiti, igiene, sicurezza ma soprattutto affetto e protezione dei genitori o di un adulto. Questi bambini sono condannati a crescere come dei disadattati sociali e sono estremamente vulnerabili. Vengono sfruttati da persone prive di scrupoli come mano d'opera a basso costo o sono soggetti ad essere immessi nel circuito della prostituzione.

Come fenomeno globale rappresentano il segno di un mondo impazzito. Si calcola che oggi nel mondo ci siano almeno 30 milioni di street children, costretti a sopravvivere di espedienti nei vicoli piu' nascosti di citta' senza cuore. A San Paolo, in Brasile, ce ne sono almeno mezzo milione, e quattro quinti della popolazione carceraria di San Paolo sono ex "meninos de rua". A Calcutta, in India, sono 300.000. In Africa, dove almeno il 70% della popolazione vive al di sotto del livello di poverta', il numero degli street children e' in crescita esponenziale. Nairobi e' la citta' piu' disastrata. Una ricerca commissionata allo ANPPCAN (African Network for the Prevention and Protection Against Child Abuse and Neglect) dall'Attorney General del Kenya dimostra che i 3.600 street children che nel 1989 vivevano per le strade di Nairobi erano saliti a 40.000 nel 1994 e prevede che aumentino annualmente del 10%. Questo numero crescente di bambini non ha altra scelta che sopravvivere quotidianamente di espedienti, il che li porta spesso a diventare mendicanti cronici, a specializzarsi in piccoli furti, alla prostituzione per ricchi turisti del nord in cerca di emozioni forti, all'uso di droghe economiche quanto dannose per alleviare i sintomi della fame - in Kenya e' molto diffuso l'annusare la colla da falegname, che a lungo termine provoca danni permanenti al sistema respiratorio e al cervello.

Bambini, a volte di quattro o cinque anni, che rovistano la spazzatura in cerca di qualcosa da mangiare, che si addormentano esausti, anche in pieno giorno, sui marciapiedi del centro, che si costruiscono rifugi di cartone e plastica nei vicoli meno frequentati dai pedoni. Questo e' lo spettacolo quotidiano di una citta' come Nairobi. Tragico paradosso della moderna vita africana, tanto diverso dalla vita tradizionale dove ogni bambino era considerato la proprieta' piu' preziosa di tutta la famiglia e di tutto il gruppo umano.


Perche' un bambino diventa uno "street child"

Dal punto di vista economico la causa di questo disastro e' la poverta', anzi la miseria crescente. Perche' finiscono sulla strada? Quando si parla con loro le storie sono tutte uguali nel loro inevitabile ripetersi. Una famiglia che ha sempre vissuto nella miseria o che vi e' piombata perche' il papa' e' morto o ha perso il lavoro, e come conseguenza i genitori o la mamma non riescono a pagare le tasse scolastiche, poi non c'e' piu' niente da mettere in tavola, finche' il bambino (gli street children sono in prevalenza maschi) decide di tentare l'avventura di sopravvivere da solo, di trovarsi ogni giorno da mangiare facendo conto sulla sua astuzia e sull'aiuto di amici che conosce e gia' vivono in strada.

Si costituiscono cosi' gruppi di bambini spesso legati da una grande solidarieta', e il gruppo garantisce la sopravvivenza dell'individuo anche nelle circostanze piu' difficili.

Di fronte al dramma della sovrappopolazione, della poverta' crescente, dell'AIDS - un numero sempre maggiore di questi bambini sono orfani di uno o due genitori morti di AIDS - le chiese cristiane sembrano incapaci di offrire delle soluzioni realistiche. Certo la soluzione non e' quella del cardinale che si fa fotografare - per l'occasione insieme ad un imam - mentre brucia confezioni di condom in un parco cittadino.


Padre Arnold Grol

A Nairobi la persona che lavora da piu' tempo al servizio dei bambini di strada e' Padre Arnold Grol. Arrivato qui agli inizi degli anni settanta, gia' con oltre venti anni di esperienza missionaria in Tanzania, Grol, un olandese con uno straordinario dono di empatia per gli africani, visse per qualche tempo sulla strada insieme a quelli che allora si chiamavano "parking boys" perche' sopravvivevano con le mance ottenute da chi parcheggiava l'auto sotto la loro custodia, e pian piano avvio' la Undugu (Fraternita', in kiswahili), un'associazione che comincio' a far conoscere il problema, e che sviluppo' tutta una serie di interventi adatti ad alleviare la situazione dei bambini partendo dalla loro stessa esperienza e con la loro stessa partecipazione.

Ancor oggi padre Grol - affettuosamente chiamato "il piu' anziano dei bambini di strada di Nairobi" - e' l'unico bianco che puo' entrare in tutte le zone piu' malfamate di Nairobi, anche dove di notte la polizia non osa avventurarsi, sicuro che non gli sara' torto un capello.

Ma con l'aumento drammatico del problema l'Undugu non basta. Sono migliaia i bambini di Nairobi che non vengono aiutati in nessun modo. Nel mio lavoro a New People, in Sudan e come opinionista del Nation, il mio contatto con i bambini di strada era stato sempre superficiale, anche se ho scritto piu' di un articolo sul lavoro dell'Undugu e conto padre Grol fra gli amici personali. Tra l'altro siamo uniti dal fatto che anche lui, per i suoi sistemi di lavoro non del tutto ortodossi e per la sua attivita' forzatamente condotta di notte, e' stato piu' di una volta oggetto di energiche reprimende da parti dei superiori ecclesiastici.


I giovani volontari di Koinonia

A coinvolgermi nel mondo degli street children sono stati i giovani di Koinonia, la comunita' di giovani cristiani laici che ho animato da quando sono venuto a Nairobi. Sono otto giovani che studiano e lavorano, quasi tutti nel campo delle comunicazioni sociali. Nel '92 hanno affittato una casa a Riruta, ed ogni mattina, andando al lavoro, trovavano sulla strada i primi bambini abbandonati che cominciavano a vedersi in quel quartiere.

Andrea Awour, racconta: "Uscendo di casa ogni mattina c'erano quattro bambini che, alla stazione dell'autobus, sbucavano fuori da un mucchio di carta e si mettevano a rovistare fra i rifiuti che i due o tre punti di ristoro avevano buttato via durante la notte. Per un po' di giorni ho fatto finta di non vedere, col cuore sempre piu' stretto. Poi una mattina ho deciso di offrire loro un the caldo con una fetta di pane e margarina, la prima colazione di tutti a Nairobi. Siamo diventati amici. Come potevo rifiutare loro il the caldo quando ogni mattina, vedendomi arrivare da lontano, mi venivano incontro saltellando e facendomi festa? Poi gli altri della comunita' sono rimasti coinvolti e a poco a poco le attivita' in comune coi bambini sono aumentate. Li abbiamo organizzati in una squadra di calcio e li abbiamo invitati a venire in casa".

Sono aumentati anche i bambini, che oggi si aggirano intorno ai cinquanta. Cio' che e' cominciato con l'amicizia fra Andrea e quattro bambini ha coinvolto tutta la comunita'. Ogni sabato mattina si fanno giochi organizzati, poi i bambini vengono nella casa della comunita' e hanno la possibilita' di fare una doccia, di lavare i loro vestiti e di sentirsi in un ambiente che li accetta.

A mezzogiorno si cucina un buon pasto caldo per tutti e poi, a gruppetti, i bambini parlano dei loro problemi con un "fratello maggiore", un giovane della comunita' che si sono scelti come guida. C'e' anche tempo per la scuola, cosi' chi non ha potuto mai frequentarla impara almeno a leggere e scrivere.


"Il posto piu' bello di Nairobi"

Ospite regolare di questi sabati e' anche il dottore Philipp Bonhoffer, 33 anni, cardiologo tedesco di grande fama, nipote del teologo protestante Dietrich Bonhoeffer ucciso in un campo di concentramento nazista. Bonhoeffer viene spesso a Nairobi per dirigere dei seminari di cardiologia. A Koinonia visita i bambini, e sta in loro compagnia. Dice: "Vedere cio' che questi giovani fanno per i loro "fratelli minori" e' una boccata d'aria fresca, una lezione di vita. Per me questo e' il posto piu' bello di Nairobi".

La comunita' di Koinonia e' una cosa da poco, modesta, ma con la grande novita' che e' nata dall'iniziativa di un gruppo di kenioti. Senza strutture e senza programmi, in risposta ad un'emergenza. Tutto e' restato a livello familiare. I "fratelli maggiori" cercano di rintracciare i parenti del bambino per ristabilire un contatto. I bambini, che continuano a vivere sulla strada, sanno che in caso di emergenza, di malattia, o quando vengono presi dalla polizia per un furto, c'e' qualcuno che li aiuta senza far domande, che li accetta e vuol loro bene.

Nient'altro. Ma non e' tutto per un bambino? I bambini del quartiere di Riruta sanno che se oggi non riescono a trovare da mangiare possono andare dai loro amici della comunita' di Koinonia, che li lasceranno sedere alla loro tavola e mangiare con loro.

Io ho solo assecondato l'iniziativa, che ha come protagonisti i giovani di Koinonia. Ogni tanto ne raccolgo immeritati frutti, come i sorrisi e i saluti che mi riservano i bambini quando mi trovano per strada. Sono ormai da molti anni convinto che qualsiasi iniziativa, pastorale o sociale, e' destinata a fallire se non ha come protagonisti i locali. Ogni assistenza dal di fuori deve essere subordinata al fatto che i gestori siano locali.


Amici italiani: adozioni a distanza

Alcuni amici italiani hanno accettato questo principio ed hanno permesso che si facesse qualche passo economicamente piu' impegnativo di cio' che i giovani di Koinonia si possono permettere. Con l'inizio del nuovo anno scolastico, lo scorso gennaio - per la prima volta e per l'aiuto di amici italiani che hanno fatto adozioni a distanza - e' stato possibile reinserire dieci bambini nella scuola elementare e altri sei piu' grandi in una scuola professionale per falegnami.

Con un furgoncino prestato sono andato a portare i piu' piccoli a scuola, un modestissimo collegio (si paga 200.000 lire al semestre, vitto e alloggio inclusi!) a 30 chilometri da Nairobi. Come si fa a descrivere la gioia, l'emozione, la tensione di dieci bambini che in un pomeriggio hanno ricevuto calzoncini, camicia, scarpe, cartella, tutto nuovo e tutto solo per loro, che hanno viaggiato in auto attraverso una campagna sconosciuta per arrivare in un collegio dove altri 400 bambini li hanno ispezionati con la sfacciata curiosita' che solo i bambini hanno? Chi aveva resistito e non aveva accettato la possibilita' di riprendere la scuola piangeva per i compagni che partivano.

Tre dei nuovi scolari non ce l'hanno fatta ad accettare la disciplina del collegio e sono fuggiti. Dopo una settimana uno di loro e' riuscito a trovare il coraggio per ritornare, gli altri due hanno dovuto essere sostituiti.

Koinonia e' una goccia in un deserto, se guardiamo ai numeri. Ma non per Peter Chege: per lui e' la possibilita' di una vita diversa.

padre Renato Kizito Sesana






PEACELINK FOR AFRICA

Riportiamo qui la sintesi del diario di viaggio di
Enrico Marcandalli, responsabile della campagna "PeaceLink for Africa". Enrico e' andato in Kenya a mettere a punto il Media Centre con cui padre Kizito vuole realizzare in Africa un'esperienza di comunicazione per la pace, i diritti umani e la solidarieta'. Kizito - oltre che missionario - e' anche un giornalista ed e' stato in passato direttore del mensile comboniano "Nigrizia". E' nato in Italia, il suo nome e' Renato Sesana; "Kizito" e' un soprannome, cosi' si chiamava un martire africano. Kizito ha conosciuto Enrico nel 1995 ed e' subito nata una collaborazione molto intensa. Posta elettronica, impaginazione e stampa con il computer, progettazione e diffusione via modem della rivista Africanews: questi i progetti che si stanno concretizzando.

Sulla rete telematica PeaceLink e' stata creata una banca dati telematica sull'Africa. Enrico - che abita e lavora a Milano - e' autore di libri di informatica e telematica ed e' andato a Nairobi da volontario, pagandosi il viaggio e utilizzando alcuni giorni delle sue ferie.


Arrivo a Nairobi: "Alt! Polizia!"

Partenza per il Kenya: 28 ottobre 1995. Vado da padre Kizito, missionario comboniano. Volo buono, con bel tempo. Arrivo a Nairobi in perfetto orario. Al passaggio del cancello per uscire dagli arrivi internazionali, un gruppo di funzionari mi ferma e mi fa aprire la valigetta con dentro il fax. E' un apparecchio per Kizito. Lo sapevo che non passavo! In breve mi dicono che non posso portare dentro il fax, che e' illegale e... mi chiedono dei soldi. Prima 300 dollari e poi arrivano a 100. Io dico che non ho intenzione di pagare e loro insistono. Dico che il fax e' per me e che me lo riporto indietro. Niente da fare. Apro il portafoglio e.... meno male che avevo solo 80 dollari. Passato il gruppo, sto per uscire. Alt! Mi fermano di nuovo. Questa volta e' la polizia in borghese. Mi chiedono i documenti, vogliono sapere da me, come mai ho dato dei soldi al gruppo precedente. Rischio uno salasso senza fine...

Meno male che Kizito, che stava fuori, si e' accorto della cosa ed e' intervenuto, intimando di lasciarmi stare, altrimenti il loro nome sarebbe comparso sul "Nation" (il piu' diffuso quotidiano keniota su cui scrive Kizito). Non c'e' male come arrivo!

Sono in Africa.

Kizito mi porta a Bethany House, nella casa dove sta ora e dove vive con il vescovo, mons.Mazzolari. Li' c'e' anche un ingegnere italiano in pensione, e' qui per dare una mano. C'e' poi un altro vescovo sudanese in esilio ed altri ancora. Insomma, dormo tra due guanciali; in una casa con alcuni preti e due vescovi.


Primo giorno a Nairobi, ragazzi eccezionali

Ho trascorso la mattinata scorrazzato in auto da Kizito per un primo giro di Nairobi. Non la Nairobi bene, ma quella degli slum, le baraccopoli dove si accatastano centinaia di migliaia di persone senza luce, ne' acqua ne' sistemi di fognature. In effetti, passando al limitare della baraccopoli si sente un lezzo incredibile.

La mattinata e' iniziata comunque con una messa (celebrata da Kizito) in una universita' di Nairobi (un po' fuori).

La cosa che mi ha stupito e' che nello stesso salone, subito dopo la messa cattolica di Kizito, si celebrava una messa protestante, cosi' senza fare tanto casino. Da noi sarebbe impensabile. Pomeriggio passato ancora in giro con Kizito. Siamo andati a casa di un giornalista di New People che vive in uno slum. Ha voluto ospitarci a casa sua: una baracca di pochi metri quadrati, dove non c'era nemmeno un lavandino o un fornello. Grandissima ospitalita', pur non avendo quasi niente. Ho provato un po' di timore, pur accompagnato da Kizito. In questo slum la settimana scorsa, durante uno scontro tra due tribu', sono morte sette persone. Kizito si sta adoperando, tramite questo giornalista, per fare un incontro di pacificazione con i capi delle due tribu. La tappa successiva mi ha portato a Koinonia, nella comunita' che si occupa dei bambini di strada di Nairobi. Koinonia sorge nel quartiere di Riruta, al limitare di un altro slum, dove vivono i bambini di strada del "progetto Koinonia".

Ho fatto un breve giro dello slum con un ragazzo masai che mi ha anche presentato alcuni bambini di Koinonia. Mi hanno mostrato le cataste di latta, plastica eccetera che raccolgono da vendere. In genere questa Africa viene snobbata dai giri turistici e quindi ci si crea una immagine ideale che non ha niente a che vedere con la realta'. Ora mi trovo nella comunita' di Koinonia, con Albert, Andrea, Michael, e altri di cui imparero' il nome nei prossimi giorni. Ragazzi davvero eccezionali.

Nati negli slum e che ora, pur avendo studiato e un buon lavoro, si danno da fare per risolvere la situazione dei poveri del Kenya. Qui si fa tutto a turni, cucina, pulizie eccetera. Ognuno ha una sua camera. Durante il giorno sono tutti via, chi al lavoro chi a scuola. Poi alla sera si ritrovano insieme. Per cena abbiamo mangiato pesce del lago Vittoria. Dopo cena, prima lezione di computer con Andrea. Sono molto curiosi e imparano in fretta. Davvero molto intelligenti, non come i nostri colletti bianchi che si danno un gran da fare per sollevare solo polvere.

Penso che faranno grandi cose, naturalmente con l'aiuto di Kizito. Stanno mettendo in piedi il Media Centre, la casa editrice di AFRICANEWS. Se i lettori dei paesi del nord sapessero da dove arrivano le notizie e gli articoli e in quali condizioni.... Qui, e non e' una esagerazione, si fanno davvero i miracoli.


Secondo giorno: tra zanzare e Internet

Prima notte a Koinonia davvero incredibile. Mi sono rifugiato sotto le coperte per tutto il tempo per via delle zanzare. Ieri sera avevamo lasciato la porta della mia camera aperta e quindi era piena di zanzare. Per di piu' ho lasciato l'Autan nella valigia che e' ancora all'aeroporto di Roma... mannaggia. Praticamente non ho dormito un cazzo. Comunque anche la notte e' passata. Ho trascorso la mattinata con Clement, uno dei ragazzi della comunita', in giro per le strade di Nairobi. Ha piovuto tutta la notte e gran parte della mattinata e quindi le strade di qui sono inagibili. La maggior parte delle strade della periferia di Nairobi sono di terra battuta, con buche enormi. Nairobi e' una citta' fatiscente. Vista dalle colline e' molto bella, con gli enormi palazzi di vetro e il centro commerciale. Ma se ci si cala nelle strade a contatto con tutta la gente che la popola si vede immediatamente un'altra faccia.

Pomeriggio passato a Koinonia con Eric, bambino di 8 anni adottato dalla comunita'. E' molto intelligente, sa leggere benissimo in inglese e mi ha letto un libretto. Un bambino di 8 anni con una calma incredibile, quasi rassegnazione. Poi, dopo cena, riunione con tutti i ragazzi e Kizito che mi faceva da interprete nella mia spiegazione di Internet. Spero proprio che imparino e riescano a fare qualcosa di buono. Se lo meritano solo per lo sbattimento in queste condizioni. Ne sono certo.


Terzo giorno, posta elettronica al Media Centre

Questa seconda notte a Koinonia e' passata bene, grazie alla zanzariera di Kizito. No mosquito... yeah! La mattinata e' iniziata con la pioggia (very raining).
Alle 9 si presenta Kizito con Isaac, un tecnico della Thorn Tree, il service provider che fornisce la posta elettronica Internet a Kizito. Isaac ha installato il programma di e-mail per Koinonia e ha sistemato le connessioni con il telefono. Dopo un'ora o forse piu', veniamo a capo della faccenda. Le linee qui in Kenya sono very noisy: disturbatissime. Per beccare una connessione occorrono diversi tentativi, ma tutto funziona. Ora anche la comunita' di Koinonia ha un indirizzo Internet:
KOINONIA@MAF.Org (e' il nuovo indirizzo - 1997)
Per i ragazzi e' veramente importante, lo e' anche per il Media Centre Africa News in fase di realizzazione. Pranzo a Bethany House con Mons. Mazzolari, Kizito e un vescovo sudanese in esilio (persona davvero squisita che parla anche italiano). Dopo pranzo sistemo il computer di Bethany House che serve anche per il SCIO, il comitato che sostiene la pacificazione in Sudan. Indirizzo di posta elettronica: SCIO@MAF.Org La sistemazione di questo computer richiedera' la mia presenza anche domani mattina, quando arrivera' la nuova segretaria di Mons. Mazzolari.

La serata trascorre in compagnia dei ragazzi di Koinonia, cena a base di pesce, un po' piccantina. Dopo cena, seconda lezione su Internet e posta elettronica con dimostrazione pratica scrivendo un messaggio dalla nuova postazione. Il primo messaggio verso l'Italia lo spedisco ad Anna, mia moglie. Nel vedere partire questo messaggio sento un attimo di nostalgia.


Quarto giorno: il reggae di Kizito

Mattinata passata a Bethany House a insegnare a Carol (carina), la nuova segretaria di mons. Mazzolari, a usare lo scanner e Omnipage per convertire le pagine scannerizzate in testo. Oltre le mie aspettative. Ha imparato tutto in fretta e a fine mattinata avevamo gia' scannerizzato una pagina, corretti gli errori e impaginato su tre colonne con una foto inserita nel testo.

Mi convinco sempre di piu' che la gente di qui ha delle grandi capacita' di apprendimento... unica cosa (e non da poco) mancano i mezzi. Il pomeriggio sono tornato a Koinonia e, armato di impegno, ho installato tutto: computer, stampante, scanner e casse stereo (e si'.... qui amano molto la musica) e tutto per fortuna funziona al primo tentativo. Morale.... mentre noi siamo nella sala a mangiare, di la' nella mia camera dove abbiamo installato il computer, Kizito si sta divertendo con la musica dei vari CD-ROM che ha portato dagli Stati Uniti. Dovreste vederlo come si agita al suono di un reggae. La serata prosegue con un'altra lezione di posta elettronica. Leggiamo tutti insieme la risposta di mia moglie Anna da Milano e scriviamo altri messaggi.


Quinto giorno, kiswahili con accento lombardo

Sveglia prestissimo (ore 6,15) e colazione. Alle 7,15 si parte per Kitale, 400 km da Nairobi. Siamo io, mons. Mazzolari e Joseph, l'autista di Bethany House.
In poco tempo siamo fuori da Nairobi. Sembra che la vita fuori dalla citta' sia un po' piu' dignitosa. Ci sono molte mucche e verdura ai lati della strada.
Il punto piu' bello e' quando arriviamo dall'alto sulla Rift Valley: un solco lunghissimo che parte dalla Somalia e arriva nel Malawi, nei pressi del Sud Africa. La vista spazia su tutta la valle coltivata; in questa parte del Kenya e' maggiore l'insediamento dell'uomo e quindi anche le coltivazioni.
Hanno un sacco di verdura: patate, carote, verze, e altra ancora; e frutta: manghi, papaia, avocado, arance. Lungo i fianchi della strada ci sono donne e bambini che vendono la loro verdura. Piu' avanti vedo bambini che pascolano pecore e mucche.

A Nakuru incontriamo il lago omonimo e vediamo da lontano stormi di flamingo. La vista dalla strada e' bellissima. Attraversando il parco nazionale di Nakuru vediamo mandrie di zebre che pascolano ai margini della strada.

Arriviamo a Kitale. Poco fuori Kitale deviamo per una stradina di terra per andare dove sorgera' il centro che mons.Mazzolari doveva vedere. Ci sono due amici italiani che avevo gia' visto a Bethany House: Giuseppe e Franco che sovraintendono i lavori.

Franco e' una persona simpaticissima. Parla kiswahili con accento lombardo. Franco e' un ex-comboniano, ex-operaio, ex-lavoratore volontario di ONG e ora lavora per i Verona Fathers (comboniani di Nairobi). Come? Mah... fa un po' di tutto, sovrintende i lavori di muratura, di carpenteria, eccetera. E' stato in Burundi, in Nuova Guinea e ora in Kenya. Con lui parliamo un po' di tutto: di Alex Zanotelli, del significato del volontariato in Africa e dei problemi con gli africani, del fatto che - passata la fase efficientista che ha causato i disastri che sappiamo - ora siamo nella fase misterica, quella che parte dalla fede. Secondo lui, ogni intervento di volontariato laico in Africa e' destinato a fallire perche' si scontra con uno stato di cose che non puo' cambiare con la mentalita' occidentale. Solo chi si apre completamente agli africani e si carica sulle spalle la loro croce puo' entrare nei loro cuori.

Mentre torniamo, a Nakuro incontriamo un violento temporale e, a fianco della strada, vedo i bambini che tornano da scuola e si devono fare diversi chilometri a piedi nudi, sotto l'acqua, con i loro vestiti tutti uguali e, soprattutto, con un costanza che noi non riusciremmo ad avere neanche tra mille anni. I bambini sono quelli che mi fanno piu' compassione, forse perche' li vedo cosi' indifesi di fronte a una situazione talmente difficile da affrontare tutti i giorni.

Il viaggio di ritorno lo abbiamo fatto su una fuoristrada che sobbalza a ogni cunetta o buca della strada e qui, sulle strade del Kenya ce ne sono davvero molte... non e' cosa per i deboli di stomaco. Franco ha messo tre sacchi di fagioli sull'auto per sobbalzare un po' meno.

A Koinonia stasera niente lezione, i ragazzi sono troppo intenti a giocare con il computer e quindi rimandiamo a domani. Finalmente posso distribuire le Smemorande e loro ne sono davvero felicissimi!


Sesto giorno, grattacieli e savana

Oggi giornata di riposo....
A Bethany House ho sistemato un po' di cosine ai computer di Kizito e ho fatto ancora un po' di lezione a Carol che e' piu' svelta di me.
Verso le 16 io e Kizito siamo andati a parco nazionale di Nairobi. E' bellissimo. Il contrasto della savana con i grattacieli della citta' in lontananza rende ancora piu' suggestivo il tutto. Il parco e' un grande triangolo di 50 Km per lato, con delle stradine di terra che lo attraversano. Tutto molto bello, molto inglese. Abbiamo incrociato subito due giraffe, un rinoceronte (cosa rara) e poi un sacco di antilopi e gazzelle. Abbiamo girato per due ore in auto (fuoristrada) fermandoci ogni tanto a osservare. Kizito mi parlava degli animali, delle piante e cosi' ho scoperto un altro Kizito, non solo impegnato nella causa religiosa e umana, ma anche amante dell'Africa. Abbiamo vissuto anche l'ora piu' bella dell'Africa: il tramonto, con molte nuvole in cielo che filtravano i raggi del sole... un paesaggio da sogno. Questa Africa - che poi e' quella idealizzata da noi europei - e' nettamente in contrasto con la realta' delle persone ammassate nei sobborghi della citta' che vengono ignorati dai giri turistici. Appena si esce dal parco diventa lampante la vera realta'... quella delle persone attaccate ai bus e che a migliaia fanno ritorno alle proprie povere case.


Settimo giorno con i bambini di strada

Oggi e' sabato e a Koinonia arrivano gli street children, i bambini di strada che i ragazzi di Koinonia cercano di recuperare un pochino dando loro la dignita' che hanno perso negli anni passati, abbandonati a se stessi negli slum, tra furti, droghe (colla da falegname sniffata) e una vita che li rende adulti prima del tempo. Alle 9,30 arrivano i primi. Poi arriva un medico tedesco che parla un po' di italiano e con lui andiamo al mercato a comprare un po' di polli per i bambini. Il mercato e' immerso nello slum e le bancarelle sono dei piccoli rialzi in un vero fiume di fango e qualcos'altro che puzza di fogna. Vi si vende di tutto, dalle verdure, ai tegami, ai vestiti e.... anche i polli.

Ora.... noi siamo abituati ad andare al mercato a comprare il nostro pollo arrosto gia' cotto e pronto da mangiare. Qui i polli... sono vivi. Gli tagliano il collo e li spennano davanti a te, li puliscono e te li mettono in un sacchetto. Tutta un'altra cosa: un rapporto con il cibo che noi abbiamo perso, che solo i nostri vecchi e chi vive in campagna ha conservato. In questo mercato, dove naturalmente la gente di qui va a comprare le proprie cose, noi non faremmo un solo metro in avanti, arretrando davanti al fango e alla puzza. In effetti l'Africa e' davvero forte. Tutto piu' forte che da noi, sia i profumi intensissimi, sia la puzza. Noi siamo come anestetizzati. L'odore delle cose, del cibo, della gente; i colori portano una fisicita' davvero diversa. Il rapporto con l'altro, l'accalcarsi sui bus, non e' fastidio, ma semplicemente contatto umano. Per noi e' davvero difficile da vivere, abituati come siamo al... stammi a una spanna. E' una esperienza che in 10 giorni ti stimola solo e ti provoca sentimenti misti di compassione per la poverta' e di rifiuto per le cose sgradevoli. Penso che solo dopo un certo periodo entra in te la consapevolezza e l'accettazione di questo mondo.

Tornati dal mercato, a Koinonia sono gia' arrivati quasi tutti i bambini. Si organizzano subito: chi per lavare le proprie cose (poveri stracci messi a casaccio, scarpe di due o tre numeri in piu') altri invece organizzano il la cucina all'aperto. Ti vengono incontro ti toccano e ti stringono la mano (hanno un loro modo di salutare). Qui in Africa, anche il piu' povero che incontra uno sconosciuto gli chiede: "how are you?" e gli porge la mano per salutarlo.

A pranzo, la preghiera viene recitata da loro e in questo si vede la dignita' che hanno conservato: tutti si coprono il volto con le mani mentre pregano. Dopo pranzo, lavati i piatti, si fa lezione. Oggi, in occasione del passaggio di un medico della Zambia amico di Kizito che partiva per Roma si sono organizzati due gruppi. Uno con il medico tedesco come insegnate e uno con il medico zambiano. Lui spiega ai bambini come e' formato il nostro corpo, illustrandogli quali sono le sostanze e i cibi che fanno bene e quali fanno male, arrivando in breve a parlare della droga. Spiega loro i disastrosi effetti che provoca la droga sui loro piccoli corpi e loro sono attentissimi, tranne alcuni che dormono con la pancia troppo piena.

Non so che dire, forse e' come fare un buco nell'acqua o come voler svuotare l'oceano con un cucchiaino, ma oggi davanti ai miei occhi si e' compiuto un miracolo che solo il cuore (per i non credenti) e la fede (per credenti) hanno aiutato a compiersi.

In effetti, la nostra cognizione della vita che se non si ottengono grossi risultati non se ne fa niente, qui in Africa non ha senso. Anche piccole azioni, tese a creare un po' di speranza, possono significare molto per gli altri.


Ottavo giorno a Korogocho

Oggi, domenica io e George siamo andati a Korogocho, una baraccopoli di Nairobi. A Korogocho opera padre Alessandro Zanotelli: padre Kizito, per incontrarlo, deve impiegare due ore all'andata e due ore al ritorno, totale quattro ore di viaggio e di traffico caotico. Korogocho e' un'enorme ammasso di baracche di legno, cartone, argilla e con i tetti di lamiera. Non ci sono scarichi per i rifiuti solidi e liquidi e quindi le stradine sono percorse da fiumiciattoli di.... non so, ma dalla puzza posso ben immaginare. La gente di qui, come al solito, e' poverissima ma molto gentile, tutti i salutano e ti danno la mano. In breve siamo alla missione comboniana che sorge piu' o meno nel centro della baraccopoli. E', come dire, un'area di salvezza non solo spirituale. Oggi, essendo domenica, e' pieno di gente che aspetta la messa. E' uno dei primi esperimenti di inculturazione, cioe' adattare la liturgia cattolica alla cultura e alle religioni tradizionali africane. Solo la durata (2 ore e mezza) ne e' la conferma. La messa e' quasi interamente cantata da un gruppo di ragazzi e ragazze di Korogocho al ritmo delle congas e viene recitata dal padre in Kiswahili. La liturgia non viene stravolta ma integrata con cerimonie tradizionali e quindi diventa piu' vicina a tutti gli abitanti. Padre Alex Zanotelli non c'e': e' andato in Italia.

Nel pomeriggio a Koinonia c'e' un incontro del gruppo pacifista di People for Peace con i ragazzi della comunita'. Kizito prepara una festa. Torta e gelato, the e caffe' per tutti e poi un breve discorso di Andrea che spiega la loro esperienza di vita in comunita'. Anche oggi la giornata e' trascorsa tra mille cose nuove. Per descriverle tutte ci vorrebbe un libro.

Siccome oggi e' stata una bella giornata di sole e ieri non ha piovuto, il serbatoio d'acqua di Koinonia e' vuoto, quindi niente acqua per lavarsi. Qui, quando non piove si devono fare un chilometro con le taniche per andare a prendere l'acqua. Arriva anche quella dell'acquedotto, ma la quantita' e' davvero ridicola.


Nono giorno, io e il water

Oggi giorno di relax e spese. Io e Clement andiamo in citta', nel quartiere bene di Nairobi. Entrando nel grande complesso vediamo ragazzi che giocano e che si tuffano in piscina. Altro che slum. Qui si trattano davvero bene.
Per la strada, mentre ci avviciniamo, passiamo davanti al Centro Culturale Italiano di Nairobi e vediamo i bianchi che giocano a basket in un bel campo recintato e protetto da guardie armate. Non so se vergognarmi di essere bianco o italiano, oppure tutte e due le cose.
Pomeriggio andiamo a Bethany House. Chiedo a Kizito di poter fare una doccia da loro... ne ho davvero bisogno e, io, ricco cittadino del nord del mondo, non so adattarmi ai ritmi di vita (igiene compresa) di Koinonia, dove tutto e' molto spartano. In effetti qui quando manca l'acqua e' davvero un problema. Vedi gli stronzi degli altri galleggiare nel water e non puoi farci niente se non aggiungerne degli altri. Kizito e' impegnatissimo, come tutti i giorni, in mille cose. Ha un articolo da scrivere, ha due persone da ricevere e altre cose importanti: non so come faccia.

Qui in Africa non si possono sostenere i ritmi europei: solo il clima non lo consente. Hai come una spossatezza permanente e ti serve maggior riposo che non da noi. Con lui parliamo un po' di tutto. Di Koinonia, del bollettino di Africa News che partira' e poi, del Sudan, sua croce e delizia. Una nazione dove una feroce dittatura viola sistematicamente i diritti umani. Capisco che Kizito ci tiene particolarmente alla gente del Sud Sudan, lo si vede dalla luce diversa dei suoi occhi quando ne parla. In effetti sta diventando un grosso problema. Proprio oggi, mi dice, in seguito alla pubblicazione dell'articolo sul suo viaggio nei Nuba su Famiglia Cristiana, l'ambasciata italiana a Khartoum ha mandato una lettera all'ambasciata italiana a Nairobi, che a sua volta ha richiamato formalmente Mons. Mazzolari e padre Kizito e li ha diffidati dall'entrare una seconda volta. Kizito e' abbastanza seccato da tutte queste grane diplomatiche. Dice che servono solo al governo italiano per lavarsene le mani.Comunque, lui e' intenzionato a ritornare in Sudan. Che dire di questo padre... che Dio lo protegga nei suoi viaggi. Sembra che la causa sudanese sia in mano solo a un esiguo gruppo di persone, tra cui Kizito. E' davvero sconcertante.


Decimo giorno, vita da cani

In mattinata arrivano alcuni street children per lavarsi i vestiti e fare colazione. Ne fotografo un paio per Kizito. Nell'osservarli vedo dei bambini cresciuti che non hanno niente se non le loro povere cose. In effetti stanno lavando solo stracci. Un cane tutto spelacchiato li accompagna e si accuccia in un angolo del porticato; in serata sapro' che e' stato fatto fuori dalla polizia perche' aveva morso la gamba a una persona... proprio vita da cani. I bambini ingurgitano voracemente il the e il pan carre' (qui c'e' solo questo come pane) come se non mangiassero da una vita e... forse e' proprio cosi'.


Undicesimo giorno: "Goodbye Koinonia"

Questo per me e' l'ultimo giorno di permanenza a Nairobi.
Pranzo a Bethany House dove sistemo nel pomeriggio un programma sul loro computer. Kizito e' indaffarato con l'installazione di una antenna da ricetrasmittente. A volte piu' che un prete mi sembra un comandante guerrigliero.

Ritorniamo a Koinonia nel pomeriggio, che passo in compagnia di Clement e Specioza, installando un programma sul computer e insegnando loro qualche cosa. E' quasi ora di cena, anche se non c'e' niente di pronto. Qui infatti e' tutto alla giornata, il cibo si compra per il giorno stesso in cui viene consumato. La vita africana e' cosi', forse per i pochi soldi o forse per un modo di vita che segue la difficile natura e piuttosto che contrastarla si adegua. Tutte le volte che ritorno a Koinonia e vedo tutta la gente che cammina per queste strade sconnesse, non posso che pensare a quanto noi siamo attaccati alla nostra vita comoda.

Questa sera tutti a cena a Koinonia, compreso Kizito che ha portato della carne cucinata apposta per noi. Infatti e' l'ultima cena che facciamo insieme. E' tutto molto emozionante. Ti prende come un nodo alla gola. Vedi le persone sotto una luce diversa. Magari nei giorni scorsi non ci facevi caso, ma ora che e' venuto il momento di andarsene si'. Io ho fatto preparare una torta per l'occasione con su scritto "Goodbye Koinonia by Enrico".

Questa sera sembra tutto piu' buono, anche il riso che ha preparato Richard, che e' caduto a terra e poi e' stato rimesso nella pentola. Dopo cena e' il momento piu' emozionante per me, ma anche per loro: i ragazzi che mi hanno ospitato in questi 11 giorni. Parla Albert a nome di tutti e mi ringrazia per i giorni che ho dedicato a loro. La loro speranza e' che io ritorni qui tra loro. E' anche la mia: piu' che una speranza e' una promessa. Io ringrazio tutti, Kizito innanzitutto per l'ospitalita' e per tutto quello che loro hanno insegnato a me in questi giorni, al di la' di ogni nozione tecnica che ho fornito io. C'e' un rapporto che solo il contatto affettivo tra le persone puo' creare. Tra le mille difficolta', le novita', mi sono innamorato di queste persone e penso che le portero' nel mio cuore. Mi rendo conto immediatamente di questa cosa arrivando all'aeroporto, gettato di botto nel mondo occidentale. Mi manca perfino l'odore acre della pelle nera. Mi infastidiscono i discorsi dei turisti che aspettano l'imbarco e rimpiango l'enorme umanita' della povera gente che ho conosciuto. Albert, Andrea, Richard, George, Clement, Specioza, Michael, Eric e tutti i bambini di Koinonia.

Padre Kizito, che in fondo e' davvero un padre, con le sue grandi braccia ci raccoglie tutti e ci illumina la via in queste lande desolate.
Grazie amici!

Enrico




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