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Colonia per sempre?

 

di Damaso Maniscalco - Narcomafie n. 12, Dicembre 1996

 

 

Grande otto volte l'Italia, lo Zaire. 2.345,410 kmq di savana e foresta tropicale - la più- grande del mondo dopo quella Amazzonica - abitati da non più di 45 milioni di persone: un paradiso naturale punteggiato di fuori da alberi giganteschi ed essenze pregiate. E attraversato di dentro da ricchi giacimenti di diamanti, oro, uranio e petrolio, cosa che ha consentito a questo paese di collocarsi al sesto posto nella produzione mondiale del rame, all'ottavo in quella di zinco e addirittura al primo in quella di cobalto e diamanti per gioielleria. Un paradiso naturale fin dai tempi di Leopoldo II del Belgio, terra di razzia e depredamento e da trent'anni succube

del regime cleptocrate del dittatore Mobutu Sese Seko, considerato uno degli uomini più ricchi del mondo, grazie alla disponibilità di un capitale per

sonale di oltre 5 miliardi di dollari. Mobutu ha anche un esercito, personale pure quello, di 30.000 uomini armati e governa il paese con la forza delle armi e con la paura. Con la furbizia di chi sa come funzionano i meccanismi diplomatici, ha saputo sfruttare con una certa abilità le occasioni che gli sono capitate infilandosi negli interstizi della ~ grande» politica internazionale e sfruttando alcune rendite di posizione che a volte le ex colonie si trovano in dote. Così, sino a oggi ha goduto dell'appoggio della Francia e di altri paesi dell'occidente che difendono, costi quel che costi, le proprie multinazionali.

La democrazia è un sogno

Un paradiso naturale sui cui l'urbanesimo si è innestato come un corpo estraneo e dove di fatto non esiste alcuna struttura pubblica tipo ospedali, scuole, banche, servizi telefonici e postali, strade, se non in forma molto grezza e solamente nei pochissi- I mi centri urbani di una certa importanza. Come a Kinshasa, la capitale.

La societa civile organizzata, la Chiesa e il governo legale parallelo a quello di Mobutu, nominato lo scorso anno dal Consiglio Nazionale Sovrano (in cui sono rappresentate le più significative organizzazioni statali e civili) dopo le rivolte che hanno indotto il dittatore a rifugiarsi nella provincia sede della sua etnia, lottano da tempo per il riconoscimento dei principi democratici del paese, il primo dei quali è rappresentato dalle elezioni.

Bukavu, piccola città della regione del Kivu insieme a Goma nel cuore della tempesta, si trova al confine col Ruanda e col Burundi. 300.000 abitanti e 400.000 rifugiati ruandesi e burundesi inseriti in un contesto completamente privo di qualsiasi servizio e struttura pubblica ne fanno una bomba a orologeria pronta a scoppiare a ogni momento. Nel più totale isolamento dal mondo esterno, a Bukavu si vive ogni giorno il dramma della soprawivenza. Ai 400.000 civili rifugiati in città, si aggiunge l'altro 1.600.000 presente nella regione, a Goma e Uvira, ormai dimenticato dal mondo. I campi profughi stanno infatti per essere del tutto smantellati dalle Nazioni Unite, dopo il fallimento delle trattative per un possibile rientro dei rifugiati in patria. Malattie, miseria e terrore dominano i campi profughi la cui popolazione è composta per la maggior parte da bambini e donne.

L'uomo delle libertà

ll presente di questo paese non è che una parte di una storia irta di ostacoli. Lo Zaire muove infatti i primi passi della sua indipendenza, proclamata il 30 giugno 1960, nel pieno della guerra fredda. Le relazioni internazionali allora sono polarizzate dai rapporti Stati Uniti - Unione Sovietica entrambi con mire egemoniche sull'Africa.

Lo Zaire, strategicamente siiuatc, nel cuore dell'Africa, è per gli occidentali una base ideale per condurre la lotta anticomunista nel continente. Nonché un serbatoio immenso di materie prime strategiche fra le quali l'uranio utilizzato per fabbricare la bomba atomica di Hiroshima e Nagasaki.

A metà degli anni '60, una serie di awenimenti politici interni tutti rivolti a una progressiva de mocratizzazione del paese, muovono le cose e suscitano l'ansiosa attenzione della diulomazia occidentale che considera Mobutu &laqno;l'uomo adatto per difendere la libertà».

Colpo di stato benedetto dall'Occidente

Il 24 novembre 1965 Mobutu, prima dell'indipendenza agente dei servizi di sicurezza belgi e subito dopo nominato Capo di stato maggiore dell'esercito, con la benedizione dei suoi amici occidentali organizza un colpo di Stato. Abolisce i partiti politici e ne allontana i leader. Assume tutti i poteri, sospende la Costituzione e le istituzioni democratiche. Diventa capo deIl'esercito e capo del nuovo governo. E naturalmente, niente più parlamento. Il neodittatore ha finalmente raggiunto quell'obiettivo a cui doveva pensare già quando, il il 17 gennaio 1961, aveva fatto assassinare l'allora Primo Ministro (leader maoista dell'Mnc) Patrice Lumumba che l'aveva chiamato a dirigere l'esercito.

Dagli USA i soldi, da Israele la tecnica

L'Occidente non gioca un ruolo di secondo piano in tutto questo. E' complice e in parte responsabile anche di ciò che accade oggi. Già in tempi non sospetti, nell'ottobre 1962, Mobutu aveva ricevuto un sostanzioso aiuto americano nella forma di acooperazione bilatsrale» nelle intenzioni e nelle finalità rivolto alla modernizzazione dell'esercito. Si voleva accrescere il potenziale militare del futuro dittatore e aprirgli la via al potere. Israele, alleato senza riserve degli Usa, addestra alcuni commandos di Mobutu, fra i quali i tristemente famosi "gufi", veri e propri squadroni della morte. Dollaro dopo dollaro, Washington riesce a mettere da parte il Belgio e a entrare nelle grazié del neodittatore. Gli Usa diventano così il primo partner della Repubblica Democratica del Congo. Mobutu sa dunque di godere di un forte sostegno internazionale, quando decide il colpo di stato.

 

Mobutu, l'eroe anticomunista

Allinea la sua politica estera su quella americana e diventa il &laqno;campione della lotta anticomunista in Africa». Viene ricompensato con un crescente aiuto militare. Certo, il prezzo da pagare è immenso: la svendita del paese. Gli interessi economici, politici e strategici di alcuni Stati occidentali vengono anteposti a quelli dello Zaire.

Gli zairesi vivono in questo periodo una breve illusione di progresso grazie ai primi aiuti economici americani.

Lepipe lines si accaparrano ininterrottamente i dollari della tanto decantata &laqno;crescita congolese». Che aumentano di anno in anno: si passa dai 76 milioni di dollari del 1961 ai 468 del 1977 vale a dire 12 anni dopo la presa del potere da parte di Mobutu. II franco congolese, diventato nel 1972 Zaire-moneta, è sostenuto artificialmente dal dollaro. Nel 1972 ci vogliono ben 2 dollari per avere 1 Zaire. La moneta zairese più forte del dollaro statunitense: il paese sogna.

Malgrado l'intenso sforzo americano le truppe zairesi non saranno mai un esercito moderno e professionale. Ma che l'esercito zairese sia poco combattivo poco importa: i mercenari stranieri spediti da belgi, francesi, marocchini, sempre con l'appoggio logistico degli Usa, sono pronti a rimediare.

 

Reddito medio: 100 dollari l'anno

Dopo 36 anni di indipendenza e 31 di una dittatura benedetta dall'Occidenie lo Zaire somiglia oggi a un paese distrutto da 30 anni di guerra civiie. Il sistema telefonico non funziona da tempo immemorabile, le banche sono chiuse a causa di un inil[azione elevatissima, le strade sono impraticabili, gli ospedali come lazzareti; le università restano pure chiuse e le scuole primarie e secondarie si sono svuotate di alunni poiché i genitori sono diventati troppo poveri per poter pagare gli insegnanti di tasca loro (al posto dello Stato che non paga). Non c'è sistema postale, la corrente elettrica costituisce un serio pericolo per l'inadeguatezza degli impianti e I'acqua potabile è un sogno. Non ci sono autostrade, né ferrovie. Oggi gli zairesi hanno un reddito medio annuo che non raggiunge i 100 dollari: la Banca Mondiale fissa la soglia di povertà a quota 350. Il debito pubblico supera i 4 miliardi di dollari, poco meno del patrimonio personale di Mobutu, investito in azioni fuori dal continente, naturalmente.

Tribù di nuovi ricchi per il grande leopardo

In un &laqno;Messaggio ai cattolici e agli uomini di buona volontà» del gennaio 1996 i vescovi scrivono: &laqno;Intere comunità sono condannate a morire violentemente o vengono lentamente torturate o stremate dalla fame, dalla miseria, dalle malattie e dalle guerre fratricide». Una classe di predatori legati al regime si è col tempo inserita nei meccanismi economici nella più completa illegalità per trarre da ciò il maggior vantaggio possibile. Corruzione e impunità: sono le cifre che caratterizzano i comportamenti di questi &laqno;nuovi ricchi», un circolo di "eletti" che non supera le 5.000 famiglie e che è composto da alti ufficiali dell'esercito, da membri della famiglia presidenziale e da qualche complice scelto strategicamente in ogni regione per imbrogliare le carte. Favoritismo, clientelismo e tribalismo marciano insieme e caratterizzano i rapporti sociali. Nello Zaire non si diventa ricchi per caso. Ogni ascesa socioeconomica è inevitabiimente legata a un asservimento totale e incondizionato al &laqno;Grande Leopardo».

Non c'è più nessuno che riesca a vivere del proprio salario. La maggior parte di chi lavora deve trovare altri espedienti per nutrire la propria famiglia. I contadini poi, sembrano tornati all'età della pietra perché sono privi delle cose più banali. Mancano il sapone, il sale, i fiammiferi.

Ah, se non ci fosse l'esercito!

Le forze armate, dirette da un gruppo di ufficiali ricchi, corrotti e fedeli al dittatore, controllano il paese per mezzo di squadre specializzate e di servizi segreti. A seconda dell'umore della Guída, ma anche (e soprattutto) al fine di controllare sempre i militari con altri militari più devoti al regime, le milizie politiche si moltiplicano.

La Bsp (Brigata speciale presidenziale), la Dsp (Divisione speciale presidenziale), la Sarm (Servizio di Azione e di Informazione Militare), le Fis (Forze di Intervento Speciale), la Gaci (Guardia Civile) sono tutti corpi ai diretti ordini di Mobutu. Quanto alle forze regolari esse sono disordinate, affamate e poco motivate. I loro salari sono bassi e versati in modo irregolare, il che spiega il sistematico taglieggiamento della popolazione civiie.

Identica strategia per i servizi segreti "civili": Cnd (Centro Nazionale di Documentazione), And (Agenzia Nazionale di Documentazione) Sr (Servizio Informazioni), Ani (Agenzia Nazionale lmmigrazione), Snip (Servizio Nazionale di lntelligence e di Protezione) sono organizzazioni dirette in maggioranza da parenti, amici, simpatizzanti o membri dell'etnia di Mobutu. Si fa poi spesso appello ai mercenari stranieri, per lo più provenienti dáll'Angola, dal Sud Africa, dal Ciad e dall'Africa centrale.

 

Una prigione per ciascuno

Questa pletora di truppe serve al tempo stesso a mantenere la paura e a reprimere brutalmente ogni opposizione al regime. I diritti dell'uomo vengono sistematicamente violati. Fino al '9o non esisteva libertà di pensiero né di associazione. Ogni servizio segreto ha le sue prigioni in luoghi nascosti e certo inaccessibili per chi tutela i diritti umani a livello interno e internazionale. Nell'assoluta impunità dei carnefici, nelle camere di tortura si muore in molti modi.

Dal 1990 con la fine dello stato partito (Mpr) è andato in crisi tutto il sistema istituzionale del potere di Mobutu. La nascita del Forum (Consiglio Nazionale Sovrano) della società civile zairese ha di fatto sdoppiato le istituzioni. Nello Zaire ci sono ormai due parlamenti, due primi ministri, due costituzioni. Dal 1992 l'opposizione, manifesta anche a livello istituzionale, è stata oggetto di una violenta repressione da parte di Mobutu con riflessi anche sulla popolazione civile sottoposta a massacri di massa. L'intento è quello di creare terra bruciata intorno ai rappresentanti del Forum.

Mobutu, il pacificatore

In questo clima politico si inserisce la crisi ruandese e si inseriscono i massacri ai quali fanno seguito le ondate di profughi rifugiatisi nello Zaire e nel Kivu. I campi profughi creati dalle Nazioni Unite di fatto sfuggono al loro controllo e a quello dell'esercito zairese. Il tanto sbandierato disarmo è solo parziale. I circa 40.000 miliziani Hutu scappati nello Zaire hanno di fatto il controllo dei campi e da lì spesso attaccano. Mobutu accoglie i profughi, vuole apparire agli occhi del mondo come colui che può togliere le castagne dal fuoco e mediare per la pace. In realtà usa i profughi come arma di ricatto per legittimarsi al potere e protegge i miliziani Hutu. Il nuovo governo ruandese più volte chiede l'aiuto dell' Onu e dell'occidente per perseguire i responsabili del genocidio, ma ciò resta inascoltato. Dal '94 al '96 con l'aggravarsi della crisi politica ed economica del paese Mobutu si rifugia nella sua provincia natale e da lì muove i suoi 30.000 uomini. I negoziati di pace intanto falliscono uno dietro l'altro e le Nazioni Unite dichiarano (sotto la spinta Usa) di voler chiudere i campi. Inoltre, dall'assassinio del presidente burundese Dadayé da parte dei Tutsi avvenuto nell'ottobre 1993 la guerriglia Hutu intensifica le azioni in particolare dopo gli eventi del '94 in Ruanda e del '95 in Burundi. Dopo questo c'è l'ottobre scorso e la morte di Monsignor Munzihirwa. A colpi di bastone.


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