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22 giugno 2002 I nomi scomodi che fanno chiudere i giornali
Caro amico, cittadino e/o collega, mi dispiace di disturbarti con questo caldo (qui in Sicilia ne fa di piu', e non solo atmosferico). La situazione e' questa: ho aiutato un gruppo di amici catanesi a fare un giornale antimafia nella loro citta'. Il distributore si e' rifiutato di mandarlo in edicola perche' "non mi posso mettere contro Ciancio". Ciancio e' il monopolista locale (non solo locale...) dell'informazione. Per dare un'idea, basta dire che a Catania di quotidiani in edicola viene esposto solo il suo; qualunque altra testata va richiesta all'edicolante perche' la tira fuori. Non sto a romperti le scatole con le solite storie di mafia, di liberta' d'informazione ecc. perche' fa davvero troppo caldo. Ti chiedo solo, formalmente, di informarti e poi di prendere posizione. Questo appello e' pubblico (lo sarebbe, se non fossimo cosi' pochi): puoi, e forse devi, farlo circolare. Non credo che una storia del genere sia solo una faccenda locale. Secondo me, e' una di quelle poche cose su cui uno deve essere - pubblicamente - o favorevole o contrario. Come diceva il Presidente Toto': "Siamo uomini o caporali?" Riccardo Orioles ricc@libero.it (PS.: faccio giornalismo antimafia da piu' di vent'anni, e nessuno ha mai potuto dire niente sulla mia indipendenza e liberta' dai poteri (tutti). Non rimuovere l'appello che ti faccio, perche' stiamo difendendo delle parole - "giornalismo", "giornalista" - che altrove non costano niente ma qui sono molto care, e le stiamo difendendo anche per te) A seguire: la prima parte della mia e-zine che riprende l'articolo di "Controvento" censurato dai distributori di Ciancio. Il giornale sta venendo distribuito in queste ore da gruppi di giovani e amici del volontariato. riccardo orioles tanto per abbaiare 24 giugno 2002 n.132 A Catania hanno quel maledetto vizio (non dico tutti) di far giornali antimafia: cosi', quando degli amici mi hanno chiesto di progettargli e firmargli una cosa che si chiama "Controvento", e che doveva andare in edicola oggi, io disciplinatemente ho obbedito e alla fine - ah, il vizio! - m'e' anche scappato di fargli un piccolo articolo su una faccenda di Ciancio. Che e', come sapete, il padrone dell'unico giornale ammesso a Catania (gli altri, compresa Repubblica, non vengono nemmeno esposti), nonche' di altri giornali sparsi in tutto il sud. L'amministratore di uno di questi giornali, un certo Ursino, ha avuto dei guai giudiziari; il giornale di Ciancio li ha nascosti e io - in quell'articoletto - li ho raccontati. Ma adesso abbiate un attimo di pazienza e leggetevi l'articoletto. Tre nomi nascosti ai lettori. Perché? "Appalti. Il Pm: 25 a giudizio". E' il titolo dell'articolo de "La Sicilia" (venerdì 14 giugno 2002, pag. 24) su un caso di giudiziaria catanese: tangenti al Garibaldi, indagini, rinvii a giudizio chiesti dai Pm Marino e Puleio. Il titolo, per quanto povero, è corretto. L'articolo no. Il redattore (anonimo) evita infatti di dare l'elenco dei venticinque personaggi di cui e' stato chiesto il rinvio a giudizio, e in particolare nasconde al lettore il nome di Giuseppe Ursino, manager di primo piano nel settore editoriale per conto del gruppo Ciancio, di cui amministra la "Gazzetta del Mezzogiorno". Allo stesso gruppo appartengono il redattore che ha scritto il pezzo, il caposervizio che l'ha passato, il caporedattore che ha dato l'ok e infine il direttore: che in questo caso coincide fisicamente col proprietario del gruppo editoriale in questione. Non è la situazione ideale per far cronaca, d'accordo: ma insomma. Per completezza, bisogna osservare che quello di Ursino non è il solo nome censurato dall'articolo in questione. Dal pezzo di cronaca sono infatti spariti altri nomi dell'establishment catanese, fra cui quelli di Giuseppe Cicero e Ignazio Sciortino: il primo è vicino a un politico citato nell'affaire e il secondo è parente d'un magistrato coinvolto in (legittime) polemiche relative giusto al Pm Marino. Correttezza avrebbe voluto che, nel rispetto della presunzione d'innocenza, questi nomi - che erano altrettante notizie - venissero citati. Il lettore in fondo lo paga, il giornale. Letto? Bene. I ragazzi del giornale vanno in tipografia, si fanno stampare il giornale, lo impacchettano e lo portano dal distributore - certo Barone - per mandarlo in edicola. A questo punto, sorpresa: il distributore legge il giornale, si ferma sull'articolo che avete letto un momento fa, sobbalza e dichiara che lui contro Ciancio non si mette: e quindi non distribuisce il giornale. Ok. Adesso io sono molto incazzato, non per la storia in se' ma perche' speravo che in vent'anni a Catania qualche piccola cosa fosse cambiata. Siccome fra i nostri lettori ci sono, fra gli altri, autorevoli dirigenti del sindacato dei giornalisti, visto che siamo qua segnalo questo caso anche a loro. A Catania, un editore come Ciancio - quello che difendeva i cavalieri e vietava di pubblicare i necrologi delle vittime di mafia - fa ancora quello che cazzo vuole. Siccome, in quest'episodio, io sono stato personalmente danneggiato, chiedo all'ufficio legale del sindacato di provvedere lui a farmi avere i danni civili dal distributore. E siccome, oltre me giornalista censurato qui siamo stati danneggiati - come cittadini - tutti, chiedo agli amici del sindacato (e agli altri autorevoli esponenti politici che ci stanno leggendo) cosa intendano fare per dare una mossa al monopolio dell'informazione a Catania, che ieri era colluso coi cavalieri e oggi chissa' con chi. Aspetto fiduciosamente una risposta. Riccardo Orioles
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