L'ondata di arresti effettuata in data 15 novembre 2002 fra esponenti di 
spicco del movimento noglobal meridionale ci preoccupa. Non vogliamo che 
questa sorprendente azione crei un clima di esasperazione del conflitto 
sociale proprio ora che - dopo la civile, pacifica e imponente 
manifestazione di Firenze - il movimento di critica alla globalizzazione 
aveva avviato un dialogo a 360 gradi con il mondo politico e sociale.
La grande prova di maturità e compostezza del forum sociale europeo di Firenze 
era servita a scompaginare pregiudizi e a rivedere stereotipi. Dopo 
l'appuntamento europeo di Firenze nessuno più poteva dire che l'Italia era 
di fronte ad un esercito di barbari. I "devastatori" da cui occorreva 
difendersi avevano a Firenze espresso una nuova idea della società, 
discutendo, proponendo, manifestando, scegliendo la strada della non 
violenza. Una fiumana di giovani e di intelligenze fuori dagli schemi 
precostituiti della politica tradizionale esprimeva aspettative e avanzava 
progetti che non potevano più essere ghettizzati con banali operazioni di 
disinformazione.
Tuttavia quelle operazioni di disinformazione e di deformazione della 
percezione del fenomeno sociale noglobal hanno purtroppo trovato spazio fra 
apparati statali che dovevano essere viceversa preposti alla corretta 
raccolta delle informazioni a supporto della gestione democratica 
dell'ordine pubblico, fino ad ispirare proposte di divieto della 
manifestazione di Firenze. Una "guerra psicologica" ha preceduto Firenze ed 
è stata prova di maturità per tutti venirne fuori con una manifestazione 
pacifica ed estremamente civile che tracciava le linee di un futuro 
confronto utile all'intera società italiana.
A noi sembra che chi ha raccolto gli indizi per aprire indagini così gravi, 
chi ha fatto partire una simile imponente macchina di intercettazioni e 
controlli a carico di militanti no global, abbia ipotizzato un pericolo non 
corrispondente alla realtà. In buona sostanza settori particolari dei 
servizi segreti - la cui storia in Italia è ben nota - potrebbero aver 
raccolto e comunicato alla magistratura una mole imponente di 
intercettazioni e di indizi per cui i magistrati forse non hanno potuto 
esimersi dall'avviare l'azione attualmente in corso.
Questo esagerato o distorto senso del pericolo ha fatto leva più sulle 
paure e su ipotesi precostituite che su reali minacce.
Questa è la nostra sensazione, che tuttavia non vuole essere una critica 
alla magistratura: è solo l'espressione di una sommaria valutazione 
preliminare, che ci riserviamo di precisare alla luce delle maggiori 
informazioni che trepeleranno nelle prossime ore.
Infatti non ci possiamo e non ci dobbiamo pronunciare sul lavoro della 
magistratura, a cui riconosciamo un valore insostituibile di garanzia di 
legalità anche qualora dovesse sbagliare o anche quando assumesse ipotesi 
di lavoro che non condividiamo. Infatti riteniamo che il sistema della 
giustizia italiano - pur con tutti i suoi difetti - abbia al suo interno i 
meccanismi di verifica, di garanzia e di autocorrezione.
Pertanto ci auguriamo che le persone arrestate, poste nelle carceri di 
sicurezza o inquisite, possano far varere le ragioni della loro innocenza.
Abbiamo potuto conoscere direttamente alcuni di questi indagati e pertanto 
ci sorprendono le ipotesi di reato a loro attribuite. Si tratta di persone 
che hanno svolto la loro attività alla luce del sole e che hanno 
propagandato apertamente le loro idee. Nei nostri contatti non abbiamo 
ravvisato la preparazione di un sovvertimento violento e clandestino degli 
ordini dello stato democratico. In più occasioni abbiamo partecipato ad 
incontri in cui - pur a volte nella diversità di vedute - da parte loro è 
emersa una sincera volontà di confronto e di partecipazione ad un 
cambiamento sociale improntato al rispetto dei principi democratici che il 
nostro ordinamento pone a garanzia della sovranità popolare. Pertanto la 
nostra esperienza, pur limitata e non certo esaustiva, ci porta ad 
esprimere una spontanea preoccupazione.
PeaceLink, che fa parte integrante di Rete Lilliput e quindi dell'anima 
gandhiana del movimento di critica alla globalizzazione, sarà disponibile 
in tutti i momenti di confronto in cui si manifesterà la volontà di una 
civile, pacata e ragionevole ricerca della verità.
Carlo Gubitosa - segretario di PeaceLink
[email protected]
Alessandro Marescotti - presidente di PeaceLink
[email protected]