25 aprile (ore 3:07) Non ci hanno risparimiati neanche stanotte. E' stato all' 1:10. Stavo scrivendo al computer, quando mia moglie, Snezana, che stava per mettere la gatta sul balcone, ha esclamato: "Gli aerei !". In men che non si dica, c'è stata un' esplosione incredibile e tutti i vetri hanno tremato, e siccome una delle finestre era chiusa (cerchiamo di tenerle sempre socchiuse) si è rotta, spaccata in due, per la precisione. Poi c'è stata una serie di esplosioni martellanti, fortissime, e mia madre, che era chiusa nella sua stanza, continuava a chiedere che cosa stesse succedendo. Le ho detto: "Ci bombardano di nuovo, mamma. Cerca di stare calma. Tanto non possiamo farci niente." Allora mi sono seduto, tremante, come mia moglie e mia figlia, del resto. Il cielo era in fiamme. Ci sono state 16 esplosioni qui intorno, specialmente nel nord-est della città. Ci siamo sentiti stuprati (passami la crudezza del termine, ma è il più vicino alla verità). Credo che "stupro" sia la parola giusta in questo caso, anche perché non c'è altra metafora calzante. Non riesci nemmeno a vedere il tuo aggressore, ti senti inerme, molestato contro il tuo volere e, la cosa più angosciante, hai quell' idea stupida ed ingenua che a tutto il mondo questo vada bene. Tuttavia, questo stupro è ancora più perverso perché è fatto ad una nazione, ad un intero paese. E' collettivo. Nel nostro piccolo microcosmo familiare, noi quattro, compresa la mia anziana madre, abbiamo sempre condiviso i principi di democrazia propugnati dall' Occidente. E non eravamo certo i soli, in Serbia. Durante le manifestazioni nel 1996 e 97, più di tre milioni e mezzo di Serbi hanno marciato per 100 giorni per ottenere una giusta amministrazione della giustizia locale e la giustizia sui risultati elettorali. Adesso, diciassette grandi città serbe sono governate dall' opposizione. E sono quelle più bombardate... Noi abbiamo votato per i democratici, per la pace, per le riforme, per la coesistenza pacifica, per il libero mercato, per l' amore e la speranza. E guarda che cosa ci fanno, adesso... Guarda che cos' hanno fatto alla mia città. L' hanno stuprata. L' hanno resa così vulnerabile. Così indifesa. Come si sentirebbero, loro, se anche un solo aereo nemico volasse sulle loro città e bombardasse anche un solo obiettivo militare, anche se in modo chirurgico, pulito, preciso ? Come spiegherebbero ai loro figli la paura ? Gli adulti, in un modo o nell' altro, sono in grado di razionalizzare e incasellare questa paura nel loro io già formato, ma i bambini non hanno nessuna categoria in cui inquadrare questa paura. Allora, fin da subito, la paura diventa parte della loro personalità. Così, oltre ai morti, ai mutilati, agli invalidi, avremo anche tanti bambini malati, la cui unica colpa è essere serbi in un particolare momento della storia. Proprio come i piccoli albanesi, che non hanno altra colpa se non quella di essere albanesi, in questo momento. E LORO, li hanno aiutati questi bambini, sia serbi sia albanesi ? NO. Guarda che cos' hanno fatto ad entrambi. Guarda i bambini rimasti senza mamma e senza papà. Guarda i bambini che non hanno più casa. Guarda alle città che non esistono più. Pristina c'era, una volta. E' stata messa a ferro e fuoco. Pristina (un nome bellissimo) è stata devastata dalla vanità dei potenti, dagli auto-proclamati sceriffi del mondo. Anche i ponti della Serbia sono stati distrutti sistematicamente, e i ponti sono una metafora dell' incontro tra menti, culture e popoli diversi, non soltanto tra le rive di un fiume. Questa non è altro che una spedizione punitiva. Non ha niente a che fare con l' aiuto umanitario, né con l' esodo. LORO stanno punendo entrambe le parti, senza aiutare nessuno. I peccati e i vizi di un solo uomo non possono mai giustifcare l' immensa efferatezza, la brutalità, la follia, la ferocia cieca e l' odio che oggi si vive in Serbia. Vi saluto tutti con affetto, Djordje