ELEZIONI EUROPEE, 10/13 GIUGNO 1999
MANIFESTO DEI DIRITTI UMANI PER L'UNIONE EUROPEA
I diritti umani e la democrazia sono alla testa dei valori condivisi dagli Stati membri dell'Unione Europea. L'importanza a cui vi pongono si riflette nell'insieme degli obblighi internazionali ai quali essi hanno sottoscritto, come la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, i Patti delle Nazioni Unite, la Convenzione europea dei diritti dell'uomo, come pure la maggioranza dei testi formatori dell'Unione europea. Il Trattato di Amsterdam, entrato in vigore il primo maggio di quest'anno, implica importanti cambiamenti per la protezione dei diritti umani sul territorio dell'Unione europea. L'Unione europea ha dunque un ruolo da giocare affinché i diritti umani siano rispettati dai propri Stati membri, e promosso al di fuori dell'Unione. Noi vogliamo che queste intenzioni si traducano in azioni. Perciò, e nella prospettiva delle elezioni europee, noi chiamiamo i candidati a queste elezioni ad aderire al presente manifesto nei sei punti.
Nel candidarmi, o essendo candidato, alle Elezioni del Parlamento europeo del giugno 1999, mi impegno per:
1 - il rispetto della dignità e dei diritti di tutti i cittadini
che si trovino nel territorio dell'Unione, compresi i richiedenti asilo.
2 - favorire un migliore rispetto dei diritti dell'uomo da parte
dei governi dei Paesi terzi.
3 - un rafforzamento del controllo sulle esportazioni di armi dal
territorio dell'Unione europea.
4 - incitare le Società commerciali stabilite sul territorio
dell'Unione europea a promuovere il rispetto dei diritti umani.
5 - uno studio sistematico dell'impatto delle politiche europee
sui diritti dell'uomo.
6 - delle strutture efficaci e democratiche che riflettano la priorità
conferita dall'Unione per la protezione dei diritti fondamentali.
(Luogo... Data... Firma)
1 - Operare in favore del rispetto della dignità e dei diritti di tutti i cittadini che si trovino sul territorio dell'Unione, compresi i richiedenti asilo.
Noi domandiamo una maggiore solidarietà con gli "sfavoriti",
fin troppo numerosi nell'Unione.
Il Patto europeo per l'impiego sottolinea la volontà degli Stati
dell'Unione nell'impegnarsi su questa via. Le istituzioni dell'Unione e
gli Stati membri devono unire i loro sforzi per ottenere dei risultati
concreti.
La lotta contro le discriminazioni deve figurare tra le priorità
delle istituzioni europee. Noi chiediamo ugualmente l'adesione della Comunità
europea alla Convenzione europea di salvaguardia dei diritti dell'uomo
e alla Carta sociale europea del Consiglio d'Europa. Inoltre, nel quadro
della messa in opera del Trattato di Amsterdam, l'Unione dovrà adottare
una serie di norme comuni che assicurino la massima protezione ai richiedenti
asilo, in particolare alle frontiere.
Il Trattato riafferma che la Convenzione di Ginevra del 1951 relativa
allo statuto dei rifugiati e gli altri trattati internazionali pertinenti
in materia devono essere rispettati. Tuttavia, nel corso degli ultimi dieci
anni, gli Stati membri dell'Unione europea hanno introdotto pratiche sempre
più restrittive nei confronti dei richiedenti asilo. Poiché
il Piano d'azione è volto ad assicurare uno spazio di libertà,
sicurezza e giustizia, precisato dal Trattato di Amsterdam, questa dev'essere
l'occasione per colmare le lacune della politica europea d'asilo elaborata
fino ad oggi: il Consiglio dell'Unione europea deve precisare il suo impegno
a rispettare, non solo la Convenzione di Ginevra, ma anche gli strumenti
da cui dipartono, come le conclusioni del Comitato esecutivo dell'Alto
Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (H.C.R.) e la Guida delle
procedure e dei criteri da applicarsi per determinare lo status di rifugiato.
In particolare, la definizione di rifugiato deve includere le persone
perseguitate da entità non governative e la persecuzione in base
al sesso, considerato come gruppo sociale ai sensi della Convenzione di
Ginevra.
I richiedenti asilo non devono essere rinviati in un Paese terzo considerato
sicuro se gli Stati membri dell'Unione non hanno ottenuto, per ogni caso
individuale, la garanzia che il richiedente asilo avrà accesso ad
un procedimento equivalente e soddisfacente.
I richiedenti l'asilo devono disporre di adeguati mezzi di sussistenza
durante tutta la durata di esame della loro domanda. Il Protocollo annesso
al Trattato, che prevede che una persona uscente da uno Stato membro dell'Unione
non avrebbe accesso alla procedura d'asilo in un altro Stato membro, dev'essere
soppresso.
In accordo con la raccomandazione formulata qui sopra relativa agli
studi d'impatto sui diritti umani, le misure adottate per prevenire l'immigrazione
illegale come la politica dei visti, le sanzioni "vis-à-vis" dei
trasportatori e gli accordi di riammissione conclusi con i Paesi terzi,
devono tenere conto in modo esplicito il bisogno di protezione specifica
del richiedente asilo.
2 - Favorire un migliore rispetto dei diritti dell'uomo da parte dei governi dei Paesi terzi.
Dal 1995, gli accordi conclusi tra l'Unione europea e i Paesi terzi
comportano sistematicamente una disposizione che consacra in modo essenziale
i diritti dell'uomo e i principi democratici. Questa clausola permette
in teoria, agli Stati che hanno ratificato l'accordo, di discutere le eventuali
violazioni dei diritti umani o dei principi democratici che fossero commessi
sui loro territori, e vedere adottate delle sanzioni (sospensioni dell'accordo).
Noi pensiamo che la "Clausola Diritti dell'uomo" non debba essere utilizzata
unicamente in modo negativo, come ultimo ricorso per sanzionare gravi deterioramenti
della situazione dei diritti umani, ma anche in modo positivo, come punto
di partenza per elaborare e mettere in opera programmi di accordo comune
tra i due partner, allo scopo di migliorare la protezione di tali diritti.
Noi chiediamo alle istituzioni dell'Unione di assicurare che queste
disposizioni siano realmente applicate; le Organizzazioni non governative
(ONG) locali e internazionali, dovrebbero venire consultate riguardo la
situazione dei diritti dell'uomo nei Paesi facenti parte l'accordo, e i
diritti umani dovrebbero figurare sistematicamente all'ordine del giorno
delle riunioni degli Organi stabiliti da tali accordi.
Noi chiediamo all'Unione europea di vigilare, attraverso la sua politica
estera e di sicurezza comune, al più alto livello di protezione
possibile. Noi salutiamo a questo riguardo la Dichiarazione riguardante
"le rimarcazioni dell'Unione europea sulla questione della pena di morte",
adottata dal Consiglio nel giugno 1998, che illustra il tipo di iniziative
che ci attendiamo dall'Unione europea nel futuro.
3 - Per un rafforzamento del controllo sulle esportazioni di armi dal territorio dell'Unione europea.
Il Codice di Condotta dell'Unione europea in materia di esportazione
di armi adottato dal Consiglio dell'Unione europea nel giugno 1998 è
un passo nella giusta direzione. Ma gli alti criteri ai quali il Codice
fa riferimento non sono sufficienti a garantire la messa in opera di un
meccanismo adeguato per impedire il trasferimento di armi, di equipaggiamenti
di polizia o di sicurezza verso i Paesi dove possano essere utilizzati
per commettere gravi violazioni dei diritti umani.
Il Codice di condotta dev'essere rinforzato: assicurando una maggiore
trasparenza su tali questioni attraverso il mezzo di un controllo parlamentare
nazionale preventivo sulle richieste di licenza di esportazione, e per
la creazione di un Registro europeo riguardante tutte le licenze di esportazione
accordate o rifiutate. Il contenuto di questo registro dovrebbe divenire
oggetto di un rapporto annuale e di un dibattimento nel Parlamento
europeo; adottando delle disposizioni per controllare la mediazione delle
armi da parte delle società aventi sede nel territorio dell'Unione
europea: tutte le transazioni proposte dovrebbero essere oggetto di autorizzazione
da parte dei governi nazionali; stabilendo un sistema di certificazione
e di controllo sull'utilizzo finale per impedire ai destinatari di utilizzare
tali equipaggiamenti a fini proibiti, come la tortura, o di esportarli
verso Paesi terzi; adottando una lista comune degli equipaggiamenti militari
coperti dal Codice di condotta, che dovrebbe includere tutti gli equipaggiamenti
militari classici, tutti i tipi di armi leggere, gli equipaggiamenti di
polizia e paramilitari, così come i servizi e le tecnologie a doppio
utilizzo, proibendo totalmente la produzione, l'uso, la conservazione e
il trasporto delle mine antipersona e del materiale specificatamente destinato
a infliggere tortura o pena di morte.
4 - Incitare le Società commerciali stabilite sul territorio dell'Unione europea a promuovere il rispetto dei diritti umani.
L'Unione europea deve assicurarsi che le società con loro sede
nel territorio rispettino i diritti fondamentali dei cittadini coinvolti
nelle loro attività nel mondo intero.
L'Unione europea deve segnatamente: stabilire dei criteri di riferimento
che permettano di valutare la compatibilità delle attività
delle società commerciali con i trattati internazionali relativi
ai diritti umani, in collaborazione con i partner sociali le ONG dell'Unione
europea e dei Paesi terzi; verificare l'esattezza delle informazioni riguardanti
eventuali violazioni dei diritti umani da parte delle società commerciali,
come pure quelle concernenti loro pratiche positive in materia, e contribuire
alla loro diffusione; richiedere alle società commerciali di far
riferimento, nel quadro delle loro attività, alle norme internazionali
relative, come le Convenzioni delle Nazioni Unite e dell'Organizzazione
di Cooperazione e di Sviluppo in Europa (O.C.D.E.), dell'Organizzazione
Mondiale del Commercio e della Conferenza delle Nazioni Unite sul Commercio
e lo Sviluppo (C.N.U.C.E.D.).
5 - Per uno studio sistematico dell'impatto delle politiche europee sui diritti dell'uomo.
L'Unione europea deve maggiormente tener conrto l'impatto delle sue
politiche sui diritti umani. Per far ciò, l'Unione europea deve
procedere per 5 tappe:
(1) analisi della situazione di partenza dei diritti umani nei paesi
relativi, prendendo per riferimento i criteri più obiettivi e affidabili
possibili;
(2) elaborazione delle diverse strategie esaminabili, studiando il
loro impatto potenziale sui diritti umani economici, sociali, culturali,
civili e politici;
(3) messa in pratica di meccanismi di controllo regolari, i cui risultati
saranno utilizzati per valutare ed eventualmente riorientare tali politiche;
(4) pubblicazione annuale dei rapporti di controllo;
(5) ciò che permetterà al Parlamento europeo, alle ONG
e ai cittadini di esercitare il loro legittimo diritto a riguardo di tali
politiche.
Questa procedura dovrà applicarsi sia alle politiche interne
che a quelle esterne dell'Unione europea.
Il budget dell'Unione europea destinato alla protezione dei diritti
dell'uomo ammonta circa a 100 milioni di Euro. In vista di assicurare un
utilizzo efficace di tali mezzi, l'Unione europea deve sottomettere i propri
progetti in materia ad un processo di studio d'impatto e consultare regolarmente
le ONG competenti.
6 - Per delle strutture efficaci e democratiche che riflettano la priorità conferita dall'Unione per la protezione dei diritti fondamentali.
Per perseguire una politica dei diritti dell'Uomo coerente ed efficace,
il Parlamento europeo deve continuare a conferire la responsabilità
delle questioni sui diritti umani ad una commissione parlamentare specifica.
A tale commissione dei diritti dell'Uomo potrebbero ugualmente venire affidati
compiti riguardanti i Diritti dell'Uomo, la Democraticizzazione e gli Affari
umanitari.
Essa avrebbe il compito di elaborare la posizione del Parlamento europeo
sulle questioni relative ai diritti umani, come i rapporti annuali sulla
situazione dei diritti fondamentali nell'Unione e nel mondo, o a proposito
delle Proposizioni della Commissione in materia. Essa produrrebbe degli
"avvisi" sulla situazione dei diritti dell'Uomo nei diversi Paesi, destinati
alle altre commissioni parlamentari. Ad essa verrebbero affidate le urgenze
riguardanti i diritti umani e diverrebbe l'interlocutore diretto delle
istanze che trattano dei diritti dell'Uomo in seno alla Commissione, del
Consiglio e delle Organizzazioni governative e non governative.
Il Trattato di Amsterdam prevede la nomina di un Alto rappresentante
dei Ministri degli Affari esteri dell'Unione per la politica estera e di
sicurezza comune (P.E.S.C.). Il futuro mandato di tale "Sig. PESC" deve
integrare esplicitamente la questione dei diritti umani, e l'"Unità
di pianificazione della politica e di allertamento rapido" deve disporre
di esperti in materia.
La Commissione europea deve affidare a uno dei suoi membri il compito
di supervisore dell'insieme delle sue politiche relativamente ai diritti
dell'Uomo. Una tale nomina rifletterebbe l'importanza accordata dall'Unione
verso i diritti umani e garantirebbe una migliore corerenza della politica
europea in questo ambito. La consultazione delle Organizzazioni non governative
competenti deve essere assicurata in maniera strutturata e sistematica.
Non è previsto alcun meccanismo formale perché le ONG
di difesa e protezione dei diritti umani possano esprimere il loro punto
di vista sulle questioni nelle quali siano esperte. Noi chiediamo la creazione
di tali meccanismi per facilitare i rapporti tra queste ONG e le istituzioni
comunitarie (Parlamento, Commissione e Consiglio). D'altra parte essi esistono
già in molte altre istituzioni internazionali, come l'ONU o il Consiglio
d'Europa.
L'istituzione di un vasto Forum annuale o biennale che riunisca rappresentanti
delle istituzioni e della società civile permetterebbe di definire
gli orientamenti e di valutare la messa in opera della politica europea
nell'ambito dei diritti umani. Una consultazione più regolare, negli
ambiti appropriati, deve ugualmente essere instaurata.
"Amnesty International", la "Federation Internationale des ligues des
droits de l'homme" e "Human Rights Watch" chiedono ai candidati alle elezioni
europee di sostenere queste raccomandazioni nel corso della campagna elettorale
e durante il loro mandato, se risultassero eletti.
Se l'Unione Europea mette in pratica queste raccomandazioni, i diritti
umani saranno meglio protetti da tutti, non solo nei discorsi ma anche
nei fatti.