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Marcia Perugia Assisi 1999
Documento Finale approvato dalla
3a assemblea dell'Onu dei Popoli
Il ruolo della societ� civile globale e delle comunit� locali per la pace, un�economia di giustizia e la democrazia internazionale.
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Premessa.
I problemi della Terra e dell�umanit� che la abita sono ormai noti. Negli ultimi dieci anni sono stati analizzati in modo dettagliato in molte sedi. Anche le cose da fare sono note. L�Agenda del 21� secolo � gi� stata scritta, in parte, dalle Conferenze mondiali dell�Onu (sui bambini, sull�ambiente e lo sviluppo, sui diritti umani, sulla popolazione, sullo sviluppo sociale, sulla donna, sugli insediamenti umani, sul cibo, etc...) dove i governi e le organizzazioni della societ� civile di tutto il mondo hanno dimostrato una grande abilit� nell�analizzare insieme i problemi e nel definire concreti piani d�azione. Anche gli strumenti per intervenire non devono essere inventati.
Costruire un mondo pi� giusto, pi� pacifico e pi� democratico e pi� solidale, � dunque possibile. Per costruirlo ed evitare di essere condannati alla barbarie, per affrontare con efficacia le emergenze e le sfide globali del nostro tempo, per governare la crescente interdipendenza planetaria, sono necessarie persone responsabili, una societ� civile forte e istituzioni democratiche determinate a lavorare assieme per promuovere il bene comune globale.
Gli Stati - ovvero le istituzioni che hanno la responsabilit� primaria di rispondere costruttivamente ai bisogni della gente e ai problemi del mondo - non sono in grado di agire in modo efficace se separati gli uni dagli altri. Il futuro del mondo dipende dallo sviluppo della cooperazione a tutti i livelli: non solo tra i governi ma tra tutti coloro che possono e vogliono dare un contributo concreto.
In tutto il mondo, esiste un grandissimo numero di persone che si aggregano e si mobilitano per difendere i diritti umani, rispondere ai bisogni fondamentali della gente, promuovere la giustizia, la pace e la smilitarizzazione, uno sviluppo equo e sostenibile, l�uguaglianza, la democrazia, il rispetto delle diversit�, la solidariet� e la condivisione. La loro determinazione ad agire laddove spesso i governi e le istituzioni pubbliche falliscono o sono assenti, al di l� di ogni nazionalit� o identit�, rappresenta una straordinaria risorsa che nessun governo o istituzione internazionale pu� permettersi di ignorare o sprecare.
Negli ultimi anni, le organizzazioni della societ� civile si sono conquistate un ruolo crescente in tanti campi, a livello locale come in quello internazionale, e hanno ricevuto numerosi riconoscimenti. Tuttavia, spesso si tratta di riconoscimenti �interessati� e �apparenti�. Talvolta alla societ� civile viene delegata la gestione di alcuni interventi di tipo assistenziale o umanitario che lo Stato considera marginali e, allo stesso tempo, le viene preclusa ogni possibilit� di intervenire in quelli che sono considerati i domini esclusivi della politica, dell�economia e del potere militare. Generalmente la societ� civile viene �autorizzata�, �permessa� o �tollerata� (anche se in molti paesi non � ancora nemmeno �ammessa�), ma non viene riconosciuta quale soggetto decisivo nella gestione e promozione del �bene comune�. L�azione di controllo, monitoraggio e denuncia dell�operato delle istituzioni o delle imprese portata avanti dalla societ� civile viene vissuta con sempre maggiore fastidio da politici, funzionari, diplomatici, dirigenti e, in tante nazioni, si paga ancora con la vita, l�arresto e la tortura.
Eppure, senza una societ� civile attiva e vitale, senza la collaborazione della societ� civile e un loro stretto rapporto con le istituzioni, nessun progetto, locale o globale, di miglioramento della vita o di �risanamento� del pianeta potr� avere successo. Per questo ogni visione �realista� del futuro deve includere:
- progetti e programmi per il rafforzamento della societ� civile e delle comunit� locali in cui essa agisce quotidianamente;
- il riconoscimento del ruolo che le organizzazioni della societ� civile svolgono e possono svolgere per la pace, per un�economia di giustizia, per i diritti umani e per la democrazia;
- lo sviluppo della cooperazione tra la societ� civile e le istituzioni a tutti i livelli, da quello locale a quello sovranazionale, attraverso la diffusione di una cultura della reciprocit�;
- il rispetto dell�autonomia della societ� civile e la sua non subordinazione al sistema politico o economico, nella gestione dei processi di sviluppo;
- lo sviluppo della cooperazione tra le societ� civili dei diversi paesi, rafforzando la dimensione internazionale delle attivit� svolte e il ruolo della societ� civile globale.
Nell�era dell�interdipendenza e della globalizzazione, le principali �risorse� concrete della societ� civile globale sulle quali occorre fare leva sono:
1. la condivisione di valori umani universali quali la vita, la eguale dignit� di tutte le persone e di tutti i popoli, la libert�, la solidariet�, la pace, lo sviluppo umano, la democrazia politica ed economica;
2. la capacit� di cogliere i segni dei tempi e agire perch� il diritto internazionale dei diritti umani -civili, politici, economici, sociali, culturali, alla pace, allo sviluppo, all�ambiente- prevalga sul vecchio diritto internazionale degli Stati sovrani, armati e confinari;
3. la volont� e la capacit� di costruire reti di cooperazione tra gruppi e comunit� al di l� di ogni frontiera;
4. la capacit� di progettare e agire anche nelle situazioni pi� difficili;
5. la capacit� di informare ed educare;
6. la capacit� di stimolare e collaborare con le istituzioni a partire da quelle locali.
Il �potere� delle organizzazioni della societ� civile globale non sta nel denaro o nelle armi ma nella volont� di �fare� e non solo �dire o chiedere�. Fare: con competenza, capacit� di analisi, di progettazione e di mobilitazione. Fare nei luoghi difficili: impegnandosi nella prevenzione dei conflitti e nel promuovere la crescita della societ� civile l� dove la democrazia � ancora debole. Fare subito: prestando, ad esempio, soccorso alle vittime di questa o quella tragedia, ma anche andare alla ricerca delle cause, risalire la corrente per intervenire alla sorgente dei problemi. La forza della societ� civile sta nella capacit� di unire in modo coerente la denuncia, la proposta e il fare in prima persona.
Quando manca una sola di queste componenti (studio e conoscenza, controllo, denuncia, proposta, azione diretta, comportamenti personali), l�azione della societ� civile rischia di perdere credibilit� ed efficacia.
Il continuo deterioramento della situazione internazionale e la necessit� di contrastare il tentativo in corso di stabilire un ordine mondiale gerarchico, fondato sulle sovranit� degli stati nazionali, armati e confinari, sull�egoismo degli interessi nazionali, sulla legge del pi� forte, sulla sanguinosa prassi della guerra, sullo sfruttamento delle risorse umane e naturali dei paesi ad economia povera, sulla violenza e la dissipazione dell�ambiente, sull�oligopolio dell�informazione e della comunicazione, sulla speculazione finanziaria a danno dell�economia reale dello sviluppo umano, pongono alla societ� civile di tutto il mondo grandi responsabilit� che nessuna donna o uomo pu� ignorare.
Prima di tutto la pace.
La pace, come proclama l�art. 28 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, � un diritto fondamentale delle persone e dei popoli. Senza pace non ci pu� essere n� sviluppo n� democrazia. Senza giustizia non c�� pace, che � promozione e rispetto dei diritti umani e sociali, rapporto corretto ed equilibrato con la natura, costruzione di condizioni di giustizia e democrazia per tutti i popoli. Tuttavia la pace non pu� essere ottenuta solo attraverso l�azione delle Nazioni Unite e dei Governi. Anzi, mai come negli ultimi anni sono emersi chiaramente tutti i limiti e le responsabilit� di queste istituzioni.
Molte delle straordinarie opportunit� offerte dalla fine della guerra fredda e dallo scioglimento del Patto di Varsavia sono state sprecate e il �dividendo della pace� non � stato impiegato come si doveva per risolvere il grande dramma della povert� e del sottosviluppo. Invece di costruire un nuovo sistema di sicurezza comune imperniato sull�Onu, si � preferito rilanciare le cosiddette �politiche di sicurezza nazionale� intese come la capacit� di uno Stato di perseguire il proprio �interesse nazionale� ovunque nel mondo e con qualsiasi mezzo. Invece di mettere al bando ogni forma di soluzione guerreggiata delle controversie interne e internazionali si � voluto ri-legittimare la guerra e l�uso della forza anche a titolo di legittima difesa preventiva. Male interpretando e strumentalizzando il diritto internazionale che si � venuto formando a partire dalla Carta delle Nazioni Unite, si � inventata la teoria della guerra �umanitaria�, in base alla quale laddove sono violati estesamente e reiteratamente i diritti umani, ci sarebbe giusta causa per intervenire, appunto, anche per via bellica. In realt�, mentre tutti sanno che la �guerra umanitaria� del Kosovo � destinata a ripetersi altrove solo se e quando una superpotenza e qualche suo alleato saranno interessati, nessuno si preoccupa seriamente di impedire che sia la guerra a determinare quotidianamente la vita di centinaia di milioni di persone nel mondo.
Contro questa tragedia, la societ� civile globale deve innanzitutto promuovere, a tutti i livelli, il ripudio della guerra, delegittimando i governi e le istituzioni che ricorrono alla guerra e violano il diritto internazionale dei diritti umani - che viene prima del principio della sovranit� nazionale - demistificando la costruzione pseudo-giuridica della �guerra umanitaria� e ribadendo che i diritti umani si tutelano fondamentalmente in via preventiva: se estesamente e reiteratamente violati, il ristabilimento della giustizia va perseguito per vie pacifiche e, ove necessario, con azioni di polizia militare internazionale dalle quali sono assenti, per definizione, lo spirito e i fini distruttivi della guerra.
Ai Governi e ai Parlamenti, la societ� civile deve chiedere di:
1. rispettare i principi costituzionali della legalit� internazionale, sanciti nella Carta delle Nazioni Unite e nelle convenzioni giuridiche internazionali sui diritti umani, quali il principio della eguale dignit� di tutte le persone umane, il principio del divieto dell�uso della forza per la soluzione delle controversie internazionali e il principio dell�obbligo di risoluzione pacifica delle medesime;
2. far cessare le guerre in atto e porre l�Onu nella condizione di esercitare le proprie funzioni e poteri in ordine alla prevenzione e alla cessazione dei conflitti, al mantenimento della pace e alla costruzione della medesima dopo i conflitti, facendo funzionare un adeguato sistema di sicurezza comune a raggio mondiale, evitando che singoli paesi o alleanze militari si sostituiscano al ruolo e alle funzioni dell�ONU, dando vita alla forza di polizia militare internazionale prevista dall�art. 43 della Carta e mantenendo sotto il controllo delle Nazioni Unite i sistemi regionali di sicurezza secondo quanto disposto dal Cap. VIII della Carta;
3. ridurre la spesa militare, promuovere la riduzione e la conversione delle forze armate nazionali in forze a disposizione della polizia internazionale in sede mondiale e regionale, investendo nello sviluppo dei paesi poveri e dare vita ad un corpo civile internazionale non armato per il monitoraggio dei diritti umani, l�intervento civile e le funzioni di costruzione della pace;
4. accelerare la ratifica dei paesi che ancora non l�hanno fatto e l�entrata in vigore dello Statuto della Corte penale internazionale approvato dalla Conferenza di Roma; ribadire che nessuna impunit� pu� essere concessa a chi si � macchiato di crimini di genocidio, guerra, contro l�umanit�;
5. rilanciare il processo di disarmo (a partire dalla totale eliminazione delle armi nucleari, delle armi di distruzione di massa e delle mine anti-persona) e ridurre la produzione e l�esportazione degli armamenti, favorendo la riconversione civile e il controllo dell�Onu sul commercio delle armi
6. riconoscere il diritto fondamentale di ogni persona all�obiezione di coscienza al servizio militare.
Prevenire guerre e genocidi � il primo modo per costruire la pace e il primo scopo dell�Onu, riconoscendo i diritti di tutti: delle donne, dei bambini, di tutti i soggetti vulnerabili, dei rifugiati che scappano dalle guerre, delle minoranze. Ai popoli va riconosciuto il diritto di autodeterminazione -esercitato rispettando i diritti di tutti e della legalit� internazionale- in particolare per i paesi impegnati ancora nei processi di decolonizzazione. Ma anche di fronte ad un conflitto o una guerra ormai scoppiata la societ� civile globale ha dimostrato di poter fare molte cose positive:
- sollecitare un intervento efficace dell�Onu e della comunit� internazionale nel rispetto della legalit� internazionale chiedendo il riconoscimento del ruolo delle organizzazioni della societ� civile ( anche con la formazione di un Consiglio di autorevoli personalit� del mondo della societ� civile, della cultura e dell�arte) per la pace e la giustizia;
- capire le ragioni delle parti in lotta senza schierarsi acriticamente con una delle due, condannando i responsabili dei crimini, delle violazioni dei diritti umani e sapendo distinguere le diverse responsabilit� delle popolazioni, dei governi e dei combattenti;
- portare aiuto alle popolazioni vittime innocenti della guerra e sviluppare un�adeguata politica di cooperazione e di solidariet� internazionale con al centro le organizzazioni della societ� civile e le comunit� locali, superando gli ostacoli posti dai governi;
- aiutare chi si rifiuta di prendere parte alla guerra e chi cerca di opporsi sostenendo le forze che sul posto cercano soluzioni di pace;
- mantenere aperti canali di dialogo tra le due parti, combattere la diffusione dell�immagine del nemico... e, pi� tardi, promuovere la riconciliazione e la ricostruzione. valorizzando il ruolo dei giovani e delle donne come soggetti della costruzione della pace;
Pi� in generale, le organizzazioni della societ� civile hanno la responsabilit� di:
1. diffondere un�idea e una cultura della pace che non � la pura assenza di guerra ma il diritto di ogni essere umano a un ordine sociale e internazionale nel quale tutti i diritti enunciati nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani possano essere pienamente realizzati;
2. promuovere l�incontro, il dialogo, la cooperazione e la solidariet� tra i popoli nel pieno rispetto e valorizzazione delle differenze che arricchiscono l�umanit�, valorizzando gli scambi, l�informazione e la mutua comunicazione tra i popoli e il ruolo del dialogo interreligioso per la pace;
3. promuovere l�educazione alla pace, ai diritti umani, alla democrazia e alla nonviolenza, con programmi specifici, sia in ambito scolastico che extrascolastico, con particolare riferimento all�anno internazionale delle Nazioni Unite per la diffusione della cultura della pace.
Per un�economia di giustizia
Nonostante i principi e gli obiettivi stabiliti, con fatica ma anche con speranza, nelle Dichiarazioni e nei collegati Programmi d�Azione delle Conferenze Mondiali delle Nazioni Unite, a partire da quella di Rio del 1992, l�ingiustizia economica cresce in tutto il mondo alimentando conflitti, accrescendo i profitti di pochi e l�impoverimento di molti, aumentando le disuguaglianze sia tra i paesi del Nord e del Sud del mondo che all�interno delle nazioni.
La globalizzazione dell�economia, le politiche neoliberiste, (con) l�accresciuta competizione internazionale, deregolamentazione e liberalizzazione, la corsa alle riduzioni delle imposte e i tagli della spesa pubblica, anzich� espandere le opportunit� di sviluppo, rafforza la concentrazione del potere in particolare delle grandi imprese multinazionali e il prevalere degli interessi della speculazione finanziaria su quelli dell�economia reale. Queste tendenze, insieme all�oligopolio dell�informazione hanno gravissime ripercussioni sulle istituzioni politiche ai vari livelli, in termini non soltanto di crisi di governabilit� ma anche, e soprattutto, di dequalificazione e depotenziamento democratico delle medesime. Anche l�impatto sulla qualit� della vita individuale e collettiva � drammaticamente negativo: cresce la frammentazione politica e sociale, l�insicurezza del reddito e del posto di lavoro, il degrado ambientale e l�omologazione culturale.
L�economia dell�ingiustizia � da tempo al centro dell�attenzione di numerosissime organizzazioni della societ� civile del nord e del sud del mondo, che cercano di intervenire in sede locale, nazionale e internazionale. Gli obiettivi di fondo dell�azione della societ� civile globale si possono sintetizzare in tre parole: democratizzare, redistribuire e cooperare.
1. Democratizzare l�economia vuol dire recuperare controllo politico e sociale sulle imprese, sulla finanza e sulle istituzioni internazionali. Ai Governi e ai Parlamenti la societ� civile chiede innanzitutto di:
- affidare a delle Nazioni Unite riformate � anzich� a gruppi di paesi ricchi come il G7 - il compito di gestire l�interdipendenza nell�ottica del �bene comune�, consentendogli di intervenire sulle scelte economiche che sono alla radice dei problemi globali e di creare un sistema finanziario mondiale efficace, messo a servizio della solidariet� tra le persone, i paesi e le generazioni con misure come l�istituzione di un Consiglio di sicurezza economica e sociale democratico e rappresentativo, la regolamentazione del sistema finanziario, la tassazione delle transazioni finanziarie (come la Tobin tax), l�abolizione dei paradisi fiscali);
- procedere alle riforme necessarie perch� il Fondo Monetario, la Banca Mondiale e l�Organizzazione Mondiale per il Commercio agiscano nel rispetto dei principi e degli impegni per lo sviluppo sostenibile fissati dall�Onu, rovesciando l�attuale imposizione di condizioni che mettano gli interessi dei creditori prima di quelli dei popoli, garantendo la trasparenza, la partecipazione e il controllo democratico di tutti i paesi e della societ� civile;
- modificare quelle regole del commercio internazionale che danno il potere alle imprese multinazionali e impediscono il libero accesso ai mercati per i prodotti dei paesi in via di sviluppo respingendo le pressioni per nuove liberalizzazioni, come nelle proposte del �Millennium round� dell�OMC e gli obiettivi contenuti nel progetto dell�Accordo Multilaterale sugli Investimenti in qualunque contesto si ripresentino;
- agire all�interno dei singoli paesi, delle imprese e dei luoghi di lavoro dove � necessario tutelare il lavoro e rimuovere tutte le discriminazioni nei confronti delle donne.
2. Redistribuire vuol dire invertire la strada che sta continuando ad accrescere le disuguaglianze. Ai Governi e ai Parlamenti la societ� civile chiede innanzitutto di:
- cancellare il debito estero dei paesi impoveriti, rinegoziare il debito degli altri Paesi del Sud e promuovere la revisione del sistema di concessione dei crediti che genera processi insostenibili di indebitamento, assicurando che le risorse rese disponibili siano utilizzate contro la povert�;
- battersi contro la povert� mediante l�adozione di coerenti politiche e patti locali, nazionali e sovranazionali che coinvolgano anche gli enti locali, le forze sociali e quelle economiche e sostenerne lo sviluppo a livello globale con riforme agrarie, con il trasferimento di conoscenze e l�apertura anche dei mercati occidentali;
- creare nuova occupazione, adottare una politica per la piena occupazione e ridare piena dignit� al lavoro e ai lavoratori di tutto il mondo, anche riducendo gli orari di lavoro assicurando un salario minimo, favorire l�accesso paritario delle donne alle risorse, all�occupazione, ai mercati e al commercio, sostenere lo sviluppo di un�economia sociale valorizzando il ruolo e le finalit� del cosiddetto �Terzo settore� e stimolare la realizzazione di esperienze, anche di piccola scala, che possono offrire alternative concrete alla disoccupazione;
- operare affinch� in tutto il mondo siano introdotti e difesi gli standard internazionali che proibiscono lo sfruttamento del lavoro minorile e garantiscono il rispetto dei fondamentali diritti economici, sociali e sindacali dei lavoratori contenuti nelle Convenzioni fondamentali dell�Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL) e in numerosi altri documenti internazionali.
3. Cooperare vuol dire non lasciare alla competizione di un mercato senza regole i destini delle nostre societ�. Ai Governi e ai Parlamenti la societ� civile chiede innanzitutto di:
- invertire la disastrosa tendenza degli ultimi anni di riduzione degli stanziamenti per la cooperazione internazionale, finalizzando gli interventi alla promozione dello sviluppo umano, accettando un maggiore coordinamento internazionale e promuovendo la cooperazione diretta tra comunit� locali;
- orientare il mercato in modo da soddisfare i bisogni fondamentali delle persone e assumere tutte le misure necessarie per garantire a tutti l�accesso ai diritti sociali di base (il diritto al cibo, all�acqua, alla salute, all�educazione, alla casa, al lavoro...)
- adottare un modello di sviluppo sostenibile ripensando cosa si produce, come e perch�, mettendo fine al deterioramento dell�ambiente e affrontando decisamente le grandi emergenze ambientali come il riscaldamento globale, la distruzione della biodiversit�, la deforestazione e la desertificazione che minacciano la vita sulla Terra.
Il ruolo delle organizzazioni della societ� civile nella costruzione di un�economia pi� giusta e sostenibile non si esaurisce con la denuncia e la pressione sui governi nazionali, sulle istituzioni e agenzie internazionali e sulle imprese perch� tengano fede agli impegni, al rispetto dei diritti umani e degli standard ambientali.
L�insieme delle iniziative e delle esperienze promosse dalla societ� civile sia del Nord che del Sud del mondo in questo campo � cos� ricco da delineare e anticipare un diverso modello di economia, la strada per uno sviluppo alternativo, relazioni piu� giuste tra paesi e popoli. Tra queste vi sono:
- lo sviluppo di attivit�� economiche in quello che viene definito �terzo settore�, �economia sociale� o nella cosiddetta �economia informale� di particolare rilevanza nei paesi del Sud.
- il sostegno e la valorizzazione delle risorse economiche, sociali e culturali delle comunit� locali che spesso sono ignorate dal mercato, sostenendo le piccole (e medie) imprese, le cooperative, l�artigianato e il lavoro in proprio, anche nella attivit� tradizionali;
- la cooperazione decentrata tra comunit� locali di diversi paesi finalizzata allo sviluppo di conoscenza, di solidariet� reciproca, di scambi commerciali, e il sostegno alle comunit� dei popoli indigeni;
- il sostegno ai prodotti del commercio equo e solidale;
- istituzioni finanziarie alternative, come le Banche etiche, il microcredito, un credito che privilegi i poveri e le donne e tutti gli altri strumenti di finanza per una gestione etica del risparmio;
- la promozione di lavori socialmente utili;
- la realizzazione di programmi di autosufficienza alimentare, garantendo anche l�accesso alla distribuzione dei prodotti;
- la revisione degli stili di vita personali e collettivi, anche all�interno del mondo della cooperazione internazionale, eliminando gli sprechi e gli eccessi, controllando e ripensando i consumi, promuovendo �un�economia di comunione,� realizzando campagne di boicottaggio, bilanci di giustizia, forme di ecologia domestica, adozioni a distanza, turismo responsabile, banche del tempo, sostegno ai progetti di cooperazione con il Sud;
- la creazione di reti e alleanze della societ� civile per accrescere la pressione e il controllo nei confronti dei governi nazionali e delle istituzioni internazionali;
- l�accoglienza e l�integrazione degli immigrati stranieri che rappresentano una risorsa economica e culturale.
Per la democrazia internazionale ed una cultura dei diritti umani
Il viaggio verso la democrazia � appena iniziato in tanta parte del mondo, mentre il rapido processo di globalizzazione in atto richiederebbe la realizzazione di un altrettanto rapido sviluppo della democrazia internazionale. Purtroppo, la scarsa disponibilit� degli Stati e dei Governi di affrontare sistematicamente questo problema cruciale, sta mettendo in serio pericolo la pace e ed il rispetto per i diritti umani, la convivenza stessa. Al di l� delle periodiche elezioni che si svolgono in un numero crescente di paesi, la realt� della democrazia, intesa come vera partecipazione popolare ai processi decisionali, nel mondo � allarmante. Da un lato perch� il riconoscimento dei diritti civili e politici all�interno di molti Stati � spesso assente o tutt�al pi� formale anzich� sostanziale; dall�altro perch�, accanto alla deregolazione economica, � in atto una deregolazione politico-istituzionale che premia i pi� forti e le concentrazioni di potere. Anche dove esiste da decenni o da secoli, la democrazia sostanziale si sta riducendo.
Invertire questa pericolosa tendenza � possibile solo a partire dalla crescita di una societ� civile globale sempre pi� consapevole, vigile ed �esigente�. La globalizzazione dell�economia senza la globalizzazione della democrazia finir� con erodere anche quei piccoli spazi di libert� e di autodeterminazione che oggi esistono. Per questo, alla societ� civile spetta innanzitutto il compito di vigilare e denunciare i limiti e le inadempienze di un sistema internazionale in cui il diritto e la democrazia sono un optional. Senza questo �investimento�, tutti gli sforzi di consolidare il cammino della pace e di promuovere uno sviluppo equo e sostenibile sono destinati a fallire.
L�azione di monitoraggio sull�operato delle istituzioni pubbliche e private, a livello locale, nazionale, regionale e internazionale � parte essenziale del processo democratico e per questo deve essere rafforzata e tutelata dalla legislazione nazionale e internazionale. Questa attivit� sta anche alla base dei doveri di tutte le assemblee elettive, e in primo luogo dei Parlamenti, il cui ruolo deve essere potenziato e non sminuito come purtroppo sta accadendo.
Per il consolidamento e l�espansione della democrazia all�interno degli Stati � necessario che la societ� civile organizzata:
1. sia di continuo stimolo alla partecipazione e al coinvolgimento dei cittadini nella gestione degli affari pubblici;
2. metta costantemente in primo piano la ricerca del �bene comune� e la difesa dei diritti fondamentali di tutti le donne, gli uomini e i bambini, rispetto alla difesa degli interessi di parte;
3. operi affinch� sia riconosciuto alle persone e alle comunit� locali il diritto di fare in proprio ci� che � nelle loro possibilit�, chiedendo allo Stato di riconoscere l�autonomia della societ� civile organizzata, assicurando il pieno rispetto dei diritti sociali, economici e civili e del dovere di solidariet�.
Per lo sviluppo della democrazia transnazionale � innanzitutto necessario che la societ� civile globale si opponga con determinazione al tentativo in corso di:
- ridurre, anzich� aumentare, il ruolo politico dell�Onu e delle altre organizzazioni multilaterali, a vantaggio degli Stati pi� forti e delle loro �coalizioni�;
- mettere da parte la civilt� dei valori umani universali, del sopranazionalismo e del transnazionalmismo solidarista, del multilaterismo, civilt� concretamente avviata dalla Carta delle Nazioni Unite e dal collegato Diritto internazionale dei diritti umani;
- escludere qualsiasi forma di controllo e intervento democratico della politica sull�economia e sul suo processo di globalizzazione;
- adottare gli strumenti per impedire la libera circolazione delle persone ed erodere il diritto all�asilo.
In particolare, occorre che le organizzazioni della societ� civile chiedano ai Governi e ai Parlamenti di:
1. dare effettivit� al nuovo diritto internazionale, quello che si basa sulla Carta delle Nazioni Unite, la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani e sulle Convenzioni che ne derivano;
2. dare impulso allo sviluppo e alla contestuale democratizzazione delle Nazioni Unite a cominciare dalle seguenti misure: riformare il Consiglio di Sicurezza in senso rappresentativo e democratico; promuovere il controllo di legittimit� sugli atti del Consiglio di Sicurezza ad opera della Corte Internazionale di Giustizia; costituire l�Assemblea Parlamentare delle Nazioni Unite, quale organo sussidiario dell�attuale Assemblea Generale; estendere gli ambiti di co-decisionalit� che coinvolgono le organizzazioni non-governative; istituire presso il Palazzo di Vetro un �Foro permanente della societ� civile globale� che consenta un coordinamento stabile delle organizzazioni sovranazionali dei cittadini; rendere tripartite - esecutivo, parlamento, societ� civile- le delegazioni nazionali nei vari organi delle Nazioni Unite;
3. promuovere la democratizzazione delle Istituzioni regionali, come l�Unione Europea, attribuendo maggiori poteri al Parlamento e favorendo la costruzione di una fitta rete di societ� civile e di Enti Locali in grado di svolgere pienamente il proprio ruolo di proposta, collaborazione e controllo;
4. promuovere la riforma e la democratizzazione delle Istituzioni economiche e finanziarie internazionali (Banca Mondiale, Fondo Monetario Internazionale e Organizzazione Mondiale per il Commercio) riportandole sotto il controllo politico e l�effettivo coordinamento delle Nazioni Unite.
5. promuovere la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, creando una vera cultura dei diritti umani, educando e rafforzando la consapevolezza ed il riconoscimento dei diritti sociali, economici, politici e civili;
6. rafforzare i meccanismi di monitoraggio delle violazioni dei diritti umani e dotarsi degli appositi organi per creare pressione sui governi che violino i diritti umani, anche in chiave di prevenzione di conflitti armati ed emergenze umanitarie (come accadano con sempre maggiore frequenza dalla fine della guerra fredda: Angola, Sierra Leone, Algeria, Kosovo, Timor Est)
7. promuovere i diritti delle minoranze etniche, religiose e linguistiche e cercare i canali per assicurare la partecipazione ai processi decisionali internazionale anche ai popoli indigeni e non rappresentati
8. rafforzare i diritti delle donne e del fanciullo e dotarsi di efficaci strumenti per recuperare le donne ed i bambini sfruttate dalla prostituzione, dal lavoro minorile e dall�impiego di bambini soldati;
9. dotarci di strumenti per la giustizia internazionale, ratificando il Trattato per il Tribunale Penale Internazionale e allineando le legislazioni nazionali alle norme internazionali;
Perugia, 25 settembre 1999
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