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Termina qui la lotta al potere mafioso per questa generazione Termina qui la lotta al potere mafioso per questa generazione. Abbiamo ottenuto dei risultati Sindona, i cugini Salvo, i cavalieri catanesi. Siamo stati sconfitti su tutto il resto. Queste vittorie parziali ci consentono tuttavia di guadagnare del tempo, di allontanare di qualche anno il pieno radicamento del sistema. L�esito finale è comunque, probabilmente, quello russo marginalizzazione dei meccanismi democratici, istituzionalizzazione dei poteri di fatto, pubblica assunzione dei poteri da parte delle yakuza.Le lotte di questi quindici anni - Borsellino, Falcone, la primavera di Palermo, Robertino Antiochia, i Siciliani, Chinnici, i giudici ragazzini morti e vivi - sono servite semplicemente ad allontanare di alcuni anni questo esito. Che è tuttavia il più realistico, nel giro di alcuni anni. La componente Berlusconi è stata ormai pacificamente accolta, a livello tanto istituzionale quanto culturale, nel sistema politico italiano. Ora, ci sono dei problemi tecnici - come trapassare stabilmente da D�Annunzio-Salandra a Mussolini? come far convivere il vecchio Senato del Regno con la moderna Camera dei Fasci e delle Corporazioni? -� ma sono problemi tecnici, per l�appunto. Da siciliani, non riusciamo a respingere un qualche (inutile) orgoglio per il fatto che stavolta, a differenza degli anni Sessanta, non è stata la Sicilia a cedere, ma il rimanente del Paese. Così anche potremmo credere (con lo stesso irrazionale campanilismo) che questa piccola terra, da tanti apparentemente inutili dolori, sortisca almeno - e se non subito, con gli anni - una diversa coscienza di sé, una mitopoiesis alimentata dalle vite versate. Ma stiamo divagando. * * * Siamo stati, così hanno detto, una sinistra giacobina. La verità è che lo siamo stati per troppo poco tempo e troppo poco. Siamo stati sconfitti perché, avendo appena sfiorato il "giacobinismo" (la democrazia di massa, la libertà, la coincidenza fra "politica" e vita quotidiana) siamo rapidamente rifluiti nel buon senso tradizionale - girondino. Non ci bastava l�Ottantanove, non ci fidavamo dei citoyens avevamo bisogno di un Napoleone. E dunque, coerentemente, abbiamo puntato tutto su una battaglia convenzionale. Waterloo. I liceali palermitani dell�Ottantatrè. I giovani della Fgci di Battiati, l�anno dopo - i primi a presentarsi, nel giorno della battaglia, ai Siciliani. I duecento ragazzi che hanno lavorato in Sicilia, fra l�84 e l�85, con SicilianiGiovani. Antonio che ora fa l�operaio a Bologna, ed era una colonna del Coordinamento Antimafia di Palermo; Fabio, che ora insegna in una qualche scuola di provincia, e le sue inchieste sui quartieri palermitani, riprese dalla stampa francese ma non da quella italiana. E� Il Cocipa, e il Centro Impastato, e Città per l�Uomo, e Città Insieme, e i Siciliani povere e vittoriose armate sanculotte, guardata con degnazione dai generali perbene. Pochissimi, di quei giovani, sono politicamente sopravvissuti. I più, emarginati senz�altro dopo il novantatrè; i meno, avaramente cooptati nella sinistra ufficiale; ma a condizione di lasciar perdere fraternité e liberté e camice rosse, bardati con galloni inutili, non più da baionetta ma da parata. Tenenti garibaldini, a Calatafimi e Milazzo; colonnelli sabaudi, a Custoza. E� allora, negli anni dell�Occasione Perduta, che la sinistra si è suicidata. Non c�entrano la Russia e il comunismo, è stato un suicidio tutto italiano. O c�entrano, se c�entrano, molto alla lontana. Nata nel ferro e piombo della guerra mondiale, cresciuta fra le barbarie degli anni Trenta, costretta - per sopravvivere - a svilupparsi come esercito gerarchizzato, la sinistra italiana ha nel suo Dna la divisione fra una base combattiva e vivace, legata alla società civile e spesso sua diretta espressione, e un apparato dapprima aristocratico e poi oligarchico, aperto nelle tattiche ma chiuso alle strategìe; abile nelle battaglie regolari ma impacciato nella guerra a largo raggio. Questa divisione le ha permesso di sopravvivere di fronte alle respressioni di Scelba e di Mussolini. Le ha impedito di vincere, o anche solo di comprendere fino in fondo che cosa la società le chiedesse, negli anni dell�antimafia e nel Sessantotto. La lotta ai poteri mafiosi, quando ricomincerà, dovrà affrontare tutto questo. Il torto della mia generazione è stato di avere rimosso tutto questo, di aver preteso - per nostro poco coraggio intellettuale - di lottare per la democrazia senza prima risolvere i problemi profondi di democrazia nella nostra cultura e al nostro interno. La prossima generazione - perché è solo ad essa che possiamo rivolgerci ora - terrà conto, se vorrà vincere, di questa feroce lezione. Non c�è antimafia, e non c�è sinistra, senza i liceali di Palermo. Non c�è antimafia, e non c�è sinistra, con le cerimonie "unitarie" al chiuso. * * * La vecchi mafia - il vecchio potere mafioso - operava in un quadro internazionale "repubblicano", avente per referente degli stati nazionali. L�America della guerra fredda, l�Italia con la sua appendice meridionale, la stabilità di forze e schieramenti i cui movimenti erano limitati dal sostanziale stato di guerra. Adesso, è tutto più fluido e più veloce. L�America, come soggetto unitario, forse esiste già poco; l�Italia, come ogni altra nazione del vecchio mondo, ha una densità politica forse superiore a quella del Belgio ma certo inferiore a quella di una multinazionale. In questo nuovo quadro, un potere mafioso rischia di essere già ora - ma molto di più fra qualche anno - di non essere più una patologia parassitaria, sia pur pesante, ma proprio una delle forme fisiologiche dell�organizzazione del pianeta. Dopo Badalamenti, Eltsin; non i corleonesi. La Sony, la Coca Cola, e Cosa Nostra. La cultura mafiosa si smafiosizzerà, ma sarà pervasiva. * * * Adesso, per fare colore, c�è Cossiga. L�uomo, di poco peso sul piano degli sviluppi reali, è tuttavia interessantissimo - direi, sul piano estetico, affascinante - sul piano dell�iautobiografia culturale del Paese. Non tanto per la battaglia sfrenata contro i giudici (che mai avrebbe da aggiungere, qui, dopo il regalo fatto a Livatino?) quanto per quel di scespiriano e d�introspettivo che s�intravvede nel tono delle sue concioni. C�è un rancore verso se stesso, ci sembra, un astio da heautontimoroumenos, che nasconde - a lui stesso prima che agli altri - qualche cosa. Azzardiamo che questo qualche cosa possa essere la discrepanza - la crudele discrepanza, in una psicologia siffatta - fra la statura che egli si attribuisce di difensore dell�Occidente e castigatore del comunismo, e le circostanze concrete in cui questa statura ha solo potuto storicamente esercitarsi non di combattente a viso aperto ma di agente dello straniero, di organizzatore clandestino, di uomo d�ombra. Ad altri è toccato invece, con intollerabile ingiustizia secondo lui, il ruolo dello statista, del politico popolare, del divo; ed egli sa che per sanare quest�ingiustizia è troppo tardi, e che non gli rimarrà - ars longa, vita brevis - che subirla, e di venir consegnato alla storia con quella medesima maschera che per cinquant�anni ha indocilmente e "provvisoriamente" portato. Questo dolore e, diciamo pure, quest�invidia è quello che, in momenti come questi, lo fa parlare. Non è pericoloso, del resto. Il cuneo dell�offensiva contro di noi, nella strategia del potere mafioso, non è collocato di certo negli inaciditi risentimenti d�un vecchio. E� nella campagna �contro la microcrimionalità� (morte agli scippatori, libertà ai mafiosi), che oggi è possibile sviluppare con estrema lucidità ed efficienza grazie alla compattezza raggiunta dallo strumento che una volta si poteva ancora denominare sistema dell�informazione. * * * Non so su che mezzo stai leggendo, in questo momento, queste righe. Al momento in cui scrivo, non so se esse verranno pubblicate da un giornale, e da quale, o se le diffonderò tramite Internet, o se mi stai leggendo grazie a una stampante laser a 300 dpi - o su un volantino. Faccio il giornalista antimafia da vent�anni, e al ventunesimo anno non sono affatto sicuro di potermi far leggere da te con mezzi "regolari". Probabilmente, questo ha qualcosa a che fare con le faccende di cui sopra.
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