UNA "PACE" DESOLATA - I diritti umani sui Monti Nuba Sudan 1997
African Rights - agosto 1997

IV. Deportazione nei campi militari e nei campi profughi



Dal momento in cui furono allestiti i nuovi campi militari, uno degli scopi pricipali dell'esercito fu quello di far sgombrare la popolazione delle zone circostanti e di rinchiuderla nei campi.

Raids di deportazione

Queste deportazioni avvengono con una frequenza così elevata da non potersi contare. Daremo solo alcuni esempi.

Nei momenti immediatamente successivi alle operazioni militari la gente era massimamente vulnerabile. Sila Segendi el Tom riferisce:

Dopo che l'esercito era entrato a Karkaraya, un ragazzo del luogo si unì ad esso. Egli riferì che vi era della gente che viveva nella boscaglia e non c'erano i soldati del SPLA. Così l'esercito venne, sferrò l'attacco e prese 33 abitanti di Karkaraya. Fra di loro vi erano mio padre e mia madre.

Erano frequenti attacchi di sorpresa nei villaggi e molte persone furono catturate.

  • Il 23 marzo alle ore 6.00 antimeridiane forze del PDF provenienti da Um Dorein attaccarono Nagorban e bruciarono tutte le case e la chiesa. Bruciarono anche, o saccheggiarono, tutto il cibo. Le truppe trovarono presente nel villaggio la maggior parte della popolazione e riuscirono a portar via 190 persone, in maggioranza donne, bambini e vecchi.
  • Il 30 marzo alle 6.00 antimeridiane i soldati mossero da Regifi al letto del fiume Tabari e portarono via 10 persone, in maggioranza donne e bambini.
  • Il 17 aprile alle 4.00 antimeridiane i soldati uscirono da Karkaraya e sorpresero della gente che abbeverava il bestiame al fiume vicino. Portarono via 35 persone ed anche il loro bestiame.
  • Il 25 maggio a mezzogiorno le truppe di stanza a Regifi si mossero verso il piccolo villaggio di Muro. Uccisero due uomini: Ibrahim Bidadi di trent'anni e Abdala Gure di cinquanta. Un abitante di Muro, Nasir Kumi, descrisse l'attacco: Ibrahim fu ucciso mentre scappava. Abdala fu ucciso in casa: si era coperto con una coperta e si era tirato sopra il letto. I soldati che ispezionavano la casa lo fucilarono. Sessantasei persone furono deportate da questo villaggio. In totale centotrenta persone furono deportate dai vari villaggi.

    In precedenza delle truppe avevano intercettato alcune ragazze e, dopo averle picchiate, avevano preteso che mostrassero loro dove si trovavano i villaggi. I soldati rubarono dei capi di bestiame, ma non distrussero il villaggio perché nei dintorni si trovavano truppe del SPLA.

Uccisioni

Alcuni tentativi di deportazione sono rivolti ad eminenti membri della comunità, come persone istruite, amministratori, Iman e capi della chiesa e capi. Coloro che oppongono resistenza o cercano di scappare vengono fucilati.

Il 27 marzo a Kululu vicino a Buram, forze armate da Hamra assassinarono Kuwa Abdel Bari, il capo dell'amministrazione civile della contea. I soldati si presentarono alla sua fattoria alle 7.45 del mattino e gli ordinarono di arrendersi. Kuwa cercò di scappare e gli spararono. Suo fratello Adam era nei pressi e riuscì a fuggire. Tornò più tardi e trovò suo fratello morto.

Il 18 maggio fu assassinato, in quello che sembra essere stato un atto criminale, ma che si sospetta abbia risvolti politici, Iman Adam Kunda, un importante membro del Consiglio Islamico ed insegnante alla scuola islamica di el Eded.

Altre uccisioni indicano il modo casuale ed indiscriminato in cui l'esercito del Sudan tratta i cittadini sudanesi. Due incidenti avvenuti nelle fattorie vicino a Tira Limon e raccontati da Sheikh Ali Jalboro sono indicativi.

Sabato (30 maggio) le truppe di Mendi attaccarono vicino a Karkar. Si impadronirono degli animali, uccisero un ragazzo diciottenne, Ali Lahma, e ne ferirono altri due. Portarono via 232 mucche e 118 tra pecore e capre. Domenica (1 giugno) due persone furono uccise. Ali al Birr stava andando alla sua fattoria. Fu attaccato per strada. Gli spararono, gli ruppero la gamba e poi lo uccisero con un colpo di baionetta nello stomaco, così che ne uscirono le interiora. Aveva circa 45 anni. Il secondo ucciso fu Jibreel Wolle. Prima gli spararono alle gambe e poi gli tagliarono il collo con la baionetta. Ciò avvenne alla sua fattoria, nella sua piccola capanna, nello stesso giorno. I soldati di Regifi ne furono i responsabili. Quello stesso giorno Osman al Tahir riuscì a scappare, ma dovette abbandonare ogni cosa. Vi erano delle persone che vivevano là (nella valle), ma dopo le uccisioni tutti si spostarono qui su (sulle montagne).

Violenze nelle città sedi di guarnigioni militari

Relativamente poche sono le persone che sono riuscite a fuggire dalle recentemente istituite città sedi di presidio e dai campi profughi. Ma i racconti fatti da coloro che sono stati là indicano che le violenze comuni fin dai primi anni continuano, compresi stupri, botte, coscrizioni forzate, islamizzazione forzata e privazioni. Inoltre gli internati nei campi sono usati per prestare aiuto nei saccheggi.

Koma Brema, una donna di 55 anni di Shwaya, fu catturata in aprile mentre si procurava l'acqua. Un gruppo di razziatori provenienti da Debi e che stava rubando animali si imbatté in Koma ed in un'altra persona: furono catturati entrambi. Koma raccontò cosa le successe a Debi:

Siamo stati messi sotto un albero che funga da casa. Quando i soldati fanno una missione ci dicono di uscire ed il nostro compito é di prelevare l'erba dai tetti delle case e di portarla a Debi. Per far ciò sono dovuta andare a Eri. Poi abbiamo dovuto aiutare a costruire case per i governativi. Talvolta ho visto dei soldati prendere delle giovani donne per trascorrere la notte.

Molestie sessuali e stupri sono all'ordine del giorno. Un uomo fuggito da Debi si lamentò che i soldati rinchiudevano gli uomini e si prendevano le donne e le ragazze, abbracciandole perfino in presenza dei loro uomini. Un'altra donna, Khadija (non è il suo vero nome) fu rapita in aprile.

Sono stata presa in casa mia di notte. Quando arrivarono c'erano delle truppe del SPLA dall'altra parte che combattevano contro i soldati governativi e ne uccisero due. A quel punto i soldati si diressero dalla mia parte e mi catturarono con altre nove donne. Quattro uomini riuscirono a scappare via correndo. I soldati stavano saccheggiando mucche, capre, ecc. Ci riunirono, quindi, in uno stesso luogo e ci ordinarono di andare a Debi. Fummo picchiate durante il tragitto ed anche violentate. Dieci uomini erano soliti abusare di una stessa donna di fronte a tutti. Non la portavano nemmeno un poco in disparte. Ciò accadde a tutte noi, dalle più giovani alle più vecchie. Anche due bambine di nove e dieci anni furono violentate da un soldato. Le donne più vecchie fra noi avevano superato i cinquanta. Furono tutte violentate. Noi stavamo ad un'ora di strada da Debi.

Quando arrivammo là ci diedero dei vestiti " vi abbiamo detto di venire e non siete venute; é meglio che restiate qui per essere più comode. Anche se non venite, noi possiamo inseguirvi e trovarvi."

Siamo state messe sotto un albero. Si rimane sotto l'albero finché una non si costruisce una casa. Io non mi sono costruita la casa perché progettavo di scappare. Due volte siamo state portate coi soldati, a Choromba ed a el Goz, a prendere erba per la costruzione. Se ti rifiutavi di andare ti picchiavano. Uomini e donne erano separati, anche se marito e moglie. I soldati erano soliti venire a parlare la sera e di notte potevano entrare in qualsiasi casa. Se una donna si rifiutava veniva picchiata.

Successe anche a me. Durante il giorno i nostri uomini possono venire a parlarci, ma sono sempre controllati. Dopo il tramonto é loro proibito. Talvolta i soldati riuniscono le giovani e dicono: "Andiamo a raccogliere manghi nei giardini. Così se ne vanno nei giardini, là si dividono le donne e ne approfittano".

La descrizione delle condizioni di vita nei presidi militari é stata resa tristemente nota fin dalle prime inchieste di African Rights. I commenti più frequenti da parte dei fuggitivi erano che la fame era aumentata ed era stata imposta una nuova pratica " di andare in missione e di sequestrare tutto ciò che si trova davanti a voi". Giovani catturati e portati a Debi riferirono di essere stati costretti a diventare membri del PDF.

I sospettati di essere membri del SPLA, vengono quotidianamente assoggettati a torture ed analoghe violenze. Iskial Mahjoub, un giovane di vent'anni di Adol, fu catturato nel dicembre 1995.

Mi portarono a Heiban. Fui picchiato, legato ed interrogato in prigione. Chiunque mi passava vicino mi gettava pietre o mattoni o prendeva dei bastoni per picchiarmi. Alcuni usavano perfino bastoni come fruste.

Mi ferirono in testa. Mi cavarono quasi i denti. Dopo l'interrogatorio mi dissero: " Stai nascondendo la verità, non vuoi dircela, ti spareremo". Così mi portarono all'aperto, mi legarono le mani dietro la schiena ed i piedi. Non mi bendarono, ma mi legarono ad un albero caduto. Incominciarono a sparare, ma non sparavano per colpirmi. Era presente un predicatore, che disse loro:" Quest'uomo non ha niente da dire perchè é stato arruolato a forza nel SPLA, anche se non era sua intenzione unirsi a loro; perciò non ha nulla da dire".

Ciò non era vero era un parente che diceva quelle cose per aiutarmi. Allora fui messo in prigione per tre mesi. Fui gettato sul pavimento della prigione ancora legato. Agli altri prigionieri fu ordinato di slegarmi. I soldati venivano a prendere le prigioniere per picchiarle. Per esempio, una certa Miriam (non è questo il suo vero nome) venne a Heiban e fu messa in prigione. Ella era nostra vicina di casa ad Abol. C'era un soldato, Ahmed, che tutte le notti la tirava fuori dalla prigione e ve la riportava al mattino presto. Egli era un caporale di servizio nella prigione che aveva l'abitudine di dare ordini severi alle altre guardie: di far lavorare sodo i prigionieri e di trattarli male. Dopo qualche tempo fummo portati ad Um Birembeita. In se guito Miriam fu liberata, ma per tutto il tempo che passò in prigione fu picchiata.

Se non lo faceva Ahmed, lo facevano altre guardie della prigione. Poichè avevano paura degli ufficiali e dei comandanti della guarnigione, l'andavano a rendere tardi alla sera e la riportavano presto al mattino così da non essere visti. Talvolta Miriam e le altre due donne dovevano far da mangiare per i prigionieri. Eravamo dodici in tutto. Le altre due donne, Awadiya ed Elizabeth (i loro veri nomi non sono questi) fecero anche loro la stessa esperienza.

Ahmed ci costringeva a lavorare tutto il giorno. Arrivava anche a ridurre la razione (di cibo). A volte, se capitava di ammalarsi, per esempio: un attacco di diarrea, egli ci rifiutava il permesso di andare al gabinetto. Il nostro lavoro consisteva nel trarrre l'acqua da una pompa (detta "cavallino") e nel fabbicare mattoni e muretti. Talvolta dovevamo lavorare dalle sei del mattino fino a mezzogiorno e poi dalle tre alle cinque del pomeriggio. Avevamo solo due ore di riposo in tutto il giorno. Ahmed si approfittava di una o della altra delle tre donne.

Non ho visto uccidere nessuno. Ma ho sentito di due militari dell'SPLA che dopo la cattura non furono portati in prigione, ma furono uccisi. Attraverso la porta della prigione si potevano vedere delle persone che rumoreggiavano come per far festa, e persino dei soldati che sparavano in aria. Alcune guardie uscivano dalla prigione e quando tornavano indietro dicevano: "abbiamo avuto a che fare con gente che abbiamo catturato". A Um Birembeita si disse che le tre donne avevano preso un camion per Khartoum dove sarebbero state liberate.

Schiavitù

La questione della schiavitù ha provocato dibattiti ed emozioni intense in Sudan. Mentre non ci sono dubbi che Sud Sudanesi, in particolare Dinka del Bahr el Ghazal settentrionale, sono stati catturati e ridotti in schiavitù da miliziani favorevoli al governo, rimangono deboli le conferme di riduzione in schiavitù sui Monti Nuba.

Nel 1995, agli osservatori di African Rights è stato chiesto specificamente di cercare casi di sospetta schiavitù. Nel luglio del 1995 è stato riportato un caso sospetto ma non confermato dalla provincia di Delami. Ci sono anche dei rapporti dalla zona di Lagowa: si dice che, durante i periodo di carestia (1984\85 e 1990\91) alcune famiglie particolarmente povere abbiano dato i propri figli ai pastori Baggara, scambiando il lavoro dei ragazzi con il loro mantenimento, ma dopo un anno, quando i ragazzi avrebbero dovuto ritornare, i pastori avrebbero preteso che non era possibile perchè i ragazzi erano fuggiti. Gli osservatori hanno anche registrato che alcuni ragazzi Dinka prigionieri erano passati da Lagowa, tenuti da miliziani Baggara.

Gli osservatori hanno identificato un ulteriore caso di sospetta schiavitù. Nell'aprile 1995, nella provincia di Delami, Fatima Abdel Rahman è scomparsa con i suoi tre figli. Si teme che sia stata rapita da pastori di cammelli.


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