AfricaPerché l'Aids si diffondedi Clement Njoroge Odhiambo
Quasi due decenni dopo la denuncia dei primi casi di Aids negli Stati Uniti e in Europa, l'epicentro della malattia ha deviato bruscamente dal nord ricco e industriale verso il povero continente africano. Questo è il risultato di un recente rapporto delle Nazioni Unite. Il tasso annuale del numero totale di infezioni supera quello dell'Asia, classificata al secondo posto, e delle regioni del Pacifico, che denunciano 700.000 casi all'anno. In Africa la percentuale delle infezioni arriva all'incredibile numero di 1,7 milioni circa di adulti infettati, che preannuncia quindi la morte incombente di altri due milioni di vittime entro la fine dell'anno, un valore quadruplo rispetto al resto del mondo. Questo tasso di infezione denuncia una catastrofe, considerando la caduta della spesa sanitaria, per non parlare del basso livello delle prestazioni specialistiche necessarie alle vittime di malattie come l'Aids. Secondo il rapporto, le percentuali statisticamemnte più alte sono state registrate nelle regioni dell'Afrinca meridionale dove l'epidemia è devastante. Nella regione, cinque paesi hanno un tasso di infezioni annuale adulta tra il 16 e il 32%, il più alto tasso del mondo: si tratta di Botswana, Namibia, Zambia, Swaziland e Zimbabwe. Dalle statistiche emerge anche un altro orientamento, con una fascia di infezione compresa tra l'8 e il 16 per cento, circoscritta soprattutto nelle regioni orientali: Kenya, Etiopia, Uganda e Tanzania, seguiti, a occidente, dalla Repubblica Centrafricana, dalla Costa d'Avorio e dal Togo. Nella regione dell'Africa centrale che comprende Repubblica Democratica del Congo, Angola, Malawi, Gabon, Congo-Brazzaville e Camerun è stato registrato un tasso di infezione del 2%-8%. Attraverso il Ciad l'infezione arriva in Africa occidentale dove continua in Nigeria, Ghana, Benin, Burkina-Faso, Guinea, Sierra Leone, Liberia, Senegal e Gambia. Il resto delle regioni sub-sahariane ha una percentuale di infezioni dello 0,5-2 per cento e ancora minore, fortunatamente, dello 0-0,5 per cento circa, è quella relativa ai paesi nordafricani, socialmente conservatori e a predominanza araba: Egitto, Libia, Algeria, Tunisia e Marocco. Sudan, Madagascar, Somalia e qualche paese del Sahel - Mauritania, Mali e Niger - rientrano nella stessa categoria.
Ma perché la pandemia Hiv/Aids è così enorme in Africa? Il dottor G. Wakuraya Wanjohi, professore dell'Università di Nairobi, ora in pensione, e redattore capo di Wajibu, pubblicazione di questioni sociali e religiose, dichiara che la causa principale della diffusione dell'Aids nella maggior parte delle comunità africane è la povertà. Neanche le credenze tradizionali seguite dalla maggior parte delle comunità africane possono essere risparmiate. La seria barriera nella comunicazione è dovuta anche a norme culturali e credenze popolari. In alcune comunità è un anatema discutere esplicitamente e apertamente di questioni relative al sesso e alle pratiche sessuali. Nel contesto tradizionale questi forum esistevano ma con la vita moderna e l'influenza occidentale sulle culture africane, questi non sono più disponibili e il sesso è ancora considerato un argomento tabù. Esistono pratiche culturali e credenze che espongono la popolaizone al contagio e alla diffusione dell'Aids. Questo fatto non può essere ignorato. Il 9 dicembre, Daniel Arap Moi, presidente del Kenya, all'apertura del Congresso della Leadership sull'Hiv/Aids e lo Sviluppo nella provincia di Nyanza, a 400 km a ovest di Nairobi, presso il Centro Pastorale per lo Sviluppo di Ukweli, ha dichiarato che queste credenze popolari conducono direttamente al pericolo della piaga dell'Aids, che devono essere riesaminate e se possibile rifiutate. Nyanza rappresenta un terzo delle morti collegate all'Aids in tutto il paese. Il presidente ha detto che in Kenya 1,2 milioni di adulti e 80.000 bambini hanno contratto il virus. Nello Zambia, ad esempio, la pratica della 'pulizia', per cui una donna che ha perso il marito deve dormire con il fratello del marito defunto (anche se il marito è morto di Aids o il fratello è portatore), è una credenza comune che perpetua l'epidemia. Questa tradizione può diffondere l'Aids all'interno della famiglia. Nel Kenya occidentale questa usanza è chiamata 'eredità della moglie'. Anche i media sono responsabili e devono svolgere il loro ruolo più approfonditamente ed essere obiettivi rispetto alle sfide poste dall'Aids. Il Kenron, la medicina keniana scoperta dal dottor David Koech nel 1990, è stata indebitamente pubblicizzata sui media in contraddizione con le campagne educative il cui argomento è: "Evitare l'Aids: nessuna cura". Anche Pearl Omega, scoperta dal professor Arthur Obel, ha suscitato controversie superflue sui media. Per quanto riguarda la ricerca sulle comunicazioni, Robert Norton sottolinea che i media dovrebbero adoperarsi per una maggiore comprensione della natura dell'Aids, promuovere lo sviluppo di medicine e vaccini nuovi ed efficaci; identificare le strategie per rafforzare la risposta dei paesi in via di sviluppo all'aumento dei casi; migliorare l'accesso globale a una sanità di qualità; elaborare nuove modalità per abbattere le barriere sociali, politiche ed economiche per sviluppare un'efficace strategia preventiva ed eliminare le discriminazioni nei confronti dei malati di Aids.
I contenuti possono essere riprodotti liberamente citandone sempre la fonte. Spedire inoltre una copia dell'articolo alla redazione di Africanews.
AFRICANEWS versione italiana viene pubblicata da Amani, via Gonin 8, 20147 Milano
|