AfricaCosì si insegna la pacedi Philomena Nyagilo
L'immagine della regione africana dei Grandi Laghi diffusa dai media è quella di una zona lacerata da violenti conflitti, fame e disperazione generale. Raramente veniamo informati sugli sforzi dei gruppi impegnati nella costruzione della pace che lottano per migliorare l'Africa. Alcuni gruppi africani svolgono ricerche, formazione e patrocinio legale nell'ambito del processo di pace - Chemi Chemi Ya Ukweli ("Sorgente di Verità" in Kiswahili) e il Teatro Popolare di Amani (Amani People's Theater) entrambi con sede a Nairobi, in Kenya. Le sfide che questi gruppi devono affrontare sono numerose. Nel corso di una recente conferenza sulla costruzione della pace organizzato dal CISDE, un'associazione internazionale di agenzie cattoliche per lo sviluppo, molti attivisti hanno sottoposto a un attento esame alcune delle sfide da affrontare, come dichiarato nel "The Challenge of Partnership - Towards an Alliance" (La sfida dell'associazione: verso l'unione). Janis Lindsteadt, dei Catholic Relief Services (servizi di assistenza cattolici) nel Programma Kenya-Tanzania, considera le situazioni di conflitto caratteristiche di tensioni e divisioni intergruppo che provocano, tra l'altro, lotte tribali e conflitti regionali. L'Africa vive il conflitto in forme e modi diversi. Il coordinatore della Commissione Cattolica per la Pace e la Giustizia (CJPC), Michael Tanya, in una dichiarazione ad AFRICA NEWS, offre un quadro dei vari tipi di conflitto. Esistono conflitti familiari che richiedono comprensione, perdono e riconciliazione e conflitti armati che coinvolgono i ribelli, che implicano il versamento di sangue innocente. Sottolinea l'esperienza devastante che il genocidio del Ruanda rappresenta per tutto il continente. I conflitti etnici e politici fanno anche parte dei diversi tipi di conflitto che la CPJC deve affrontare nel corso del processo di pace e riconciliazione in tutto il paese. Tanya ritiene che il conflitto insorga a causa dello squilibrio dei poteri nella società, e quando questo diventa visibile nella vita quotidiana, gli oppressi capiscono che esiste qualcosa che appartiene loro di diritto e cominciano a reclamarlo. E' così che il conflitto nasce e viene perpetuato. Il professor Hizkias Assefa, dell'African Peacebuilding and Reconciliation Network (Network per la costruzione della pace e la riconciliazione in Africa), ritiene che nel continente esistano diversi casi dove la diversità etnica non è diventata occasione di conflitto, come in Tanzania, dove convivono molti gruppi etnici diversi. E' sua opinione che la storia dell'Africa non sia costituita solo dai conflitti etnici ma da altrettanta coesistenza etnica, matrimoni interetnici, e dal commercio. Secondo il professor Hizkias Assefa il conflitto, che ha cause interne ed esterne, generalmente è costituito da due parti, "non è solo quello che uno fa all'altro a causare il conflitto, ma anche come l'altro reagisce". Wachira George della Nairobi Peace Initiative (Iniziativa per la pace) rintraccia le origini dei violenti conflitti africani nella storia dei singoli paesi, ed evidenzia le questioni di leadership, economia, infrastrutture e povertà quali cause principali di conflitto interno. Fred Wachiaya, formatore del Chemi Chemi Ya Ukweli (CYA) un movimento per la non violenza attiva con sede in Kenya, dichiara "E' inconcepibile che una società possa esistere senza conflitti. Non è possibile, il conflitto fa parte della vita umana, quindi le persone dovrebbero cercare di gestire, risolvere e trasformare i conflitti e quindi essere in grado di conviverci". Queste sfide, che la CYU e il Teatro Popolare di Amani (APT), con altre organizzazioni stanno affrontando, sono un enorme fardello per chi è coinvolto nella costruzione della pace, soprattutto a livello rurale. La CYU è un movimento interconfessionale fondato nel 1997 da un piccolo gruppo di leader religiosi preoccupati per l'aumento della violenza in Kenya e che desiderano realizzare la giustizia e la pace attraverso la non violenza attiva. Il programma di non violenza attiva (ANV) del CYU si fonda sul principio del rispetto per la vita in generale, compresa la vita di un nemico o di uno straniero. Suo obiettivo è superare l'ingiustizia, la violenza e il male per instaurare buoni rapporti, il perdono e la riconciliazione mediante un'azione non violenta, pacifica ma decisa. Per il suo obiettivo di pace, giustizia e unità, il CYU organizza laboratori di formazione ANV per diversi gruppi di partecipanti con l'obiettivo di dar loro pieni poteri e le professionalità necessarie per affrontare i loro timori e sfidare chi è al potere, ispirandosi alla vita e all'opera di Martin Luther King Jr., del Mahatma Gandhi e Gesù Cristo di Nazareth e alle parole ispirate del Corano, la Surah 4:135. I leader profetici hanno attuato e fortemente raccomandato i principi della Non Violenza Attiva, che parlano di pace, giustizia e riconciliazione.
Sin dal suo inizio CYU ha coordinato diversi workshop sulla non violenza coinvolgendo diversi gruppi di partecipanti, tra cui studenti della scuola secondaria e college, distretti divisi etnicamente che hanno sperimentato la violenza politica, economica, culturale (furto di bestiame) e di confine. Nella maggior parte dei workshop i partecipanti hanno ammesso di essere figli di una società violenta che non conosce altri modi, neanche la chiesa insegnava la non violenza di Gesù. Ma generalmente dopo il workshop giuravano di votarsi alla pace nella loro ricerca futura di giustizia nelle loro comunità. Mediante tecniche di recitazione e teatro partecipativo, l'Amani People Theater (APT) organizza workshop sull'analisi del conflitto, la costruzione della pace e la leadership. Amani in Swahili significa Pace. APT è un'iniziativa di giovani artisti e costruttori della pace africani. Fondato alla fine del 1994, il lavoro della APT s'ispira alla partecipazione caratteristica del teatro africano e all'esperienza degli educatori brasiliani, Paulo Freire e Augusto Boal. Attraverso performance aperte, workshop di formazione e ricerca sull'azione, il gruppo usa il proprio talento artistico per la trasformazione del conflitto. Secondo Daniel Masha, un istruttore della APT, la loro metodologia inizia il processo di trasformazione attiva delle persone da spettatori passivi (come negli spettacoli teatrali convenzionali) a spett-attori e finalmente attori sociali attivi. Compito del gruppo non è quello di prescrivere alla gente come vivere in pace ma piuttosto incoraggiare il dialogo, la creatività e la proprietà comune delle conoscenze per la pace. Quindi "Questo rappresenta un passo in avanti verso i processi di prevenzione e trasformazione dei conflitti. L'APT, nei suoi sforzi per realizzare questo obiettivo, integra il teatro come mezzo per coinvolgere le persone in modo creativo nella risoluzione dei conflitti; non è solo un processo cognitivo ma coinvolge tutta la persona. Il teatro tradizionale africano non era solo di intrattenimento ma anche educativo, partecipatorio, terapeutico e aveva anche una funzione mediatrice nei conflitti dichiarati. In molte società tradizionali l'artista era un costruttore di pace. L'APT si sforza di riscoprire in molti modi questo importante ruolo dell'artista" conclude Daniel Masha. A quanto pare, un numero crescente di giovani africani è coinvolto nella diffusione del messaggio di pace. E questa è una buona notizia per l'Africa.
I contenuti possono essere riprodotti liberamente citandone sempre la fonte. Spedire inoltre una copia dell'articolo alla redazione di Africanews.
AFRICANEWS versione italiana viene pubblicata da Amani, via Gonin 8, 20147 Milano
|