Nel numero di Marzo dell'edizione italiana di Africanews sono raggruppati alcuni dei grandi temi, dei problemi che affliggono non soltanto l'Africa e il terzo mondo in genere ma anche, seppur in forme diverse, i nostri ricchi paesi.
La povertà che cresce e dilaga ovunque, i tentativi dell'uomo per arginare i conflitti e promuovere la pace, gli scontri etnici, atroci, spietati e sovente manovrati ad arte, infine il fenomeno delle emigrazioni ormai inarrestabili, un fenomeno che non appartiene certo soltanto alla nostra epoca ma che sta provocando profondi malesseri e lacerazioni sociali.
L'articolo del padre comboniano Kizito si potrebbe definire un utilissimo "manuale" riguardante la solidarietà, parola di cui molti si riempiono la bocca senza magari conoscerne il profondo significato. Nell'articolo riappaiono le cifre che dovrebbero essere bene impresse nella mente e nel cuore della gente, soprattutto perché stampa e Tv le citano abbastanza spesso, soprattutto per suscitare sensazioni di ogni genere nella massa dei lettori e dei telespettatori.
Sono cifre molto semplici e riguardano quel miliardo abbondante di persone che quotidianamente non riescono a procurarsi cibo a sufficienza: un abitante della Terra su quattro dunque non mangia a sufficienza, è cioè al limite della sopravvivenza. Ma questi dati così precisi, così inequivocabili alla fine infastidiscono molti buonpensanti che si autoassolvono e scaricano la loro coscienza con un bel pensierino: "Ci penseranno le organizzazioni umanitarie a sfamare questa gente".
Il nucleo dell'articolo è dunque centrato sulla solidarietà che Kizito definisce: "rispetto per la dignità dell'altro". Dovrebbe essere un atteggiamento naturale ma non è così: molta gente poi non ha rispetto per se stessa, figurarsi se ce l'ha per il prossimo. Nella conclusione Kizito ha ricordato un altro dato, quello riferito alle 250 (duecentocinquanta) persone che da sole detengono il 4% della ricchezza mondiale. È un'altra cifra che fa riflettere, che sconcerta ma nella nostra epoca contano solo le immagini: evidentemente le cifre sono diventate un'opinione.
La solidarietà, quando attecchisce, produce buoni frutti. È quanto si apprende nel secondo articolo che descrive questi gruppi africani sorti per diffondere messaggi di pace. Sono soprattutto giovani che assumono come "arma di lotta" la non violenza attiva, sono africani che sentono il fardello pesantissimo del genocidio, della immane tragedia cominciata in Rwanda nel 1994 e che ancora adesso semina nella zona dei Grandi Laghi i suoi germi mortali.
I temi riguardanti l'attività dei giovani impegnati nella diffusione di messaggi di pace sono strettamente legati al terzo articolo che riguarda gli scontri etnici. Questi sanguinosi conflitti interni, in Kenya, scoppiano regolarmente prima e soprattutto dopo le elezioni che nel '92 e a fine '97 sono state vinte dal padre padrone Daniel Arap Moi.
Gli incidenti provocano decine di morti e migliaia di persone devono abbandonare le loro case, i loro campi per sfuggire a questa furia cieca che viene presentata come odio razziale, come rivalità fra etnie e invece è spesso una macchinazione architettata dal governo.
Niente di nuovo sotto il sole, dirà qualcuno, e in effetti è così. Però nel frattempo, la vita nella ex "perla" turistica dell'Africa si deteriora al punto che il turismo ha perso oltre il 50% degli introiti ma più di ogni altra cosa, il popolo vede crescere i prezzi, disoccupazione e le speranze di una vita migliore diminuiscono sempre più.
Africanews staff