Sud AfricaIl Vangelo traditodi Padre Renato Kizito Sesana
"Ritengo che il rapporto della Commissione per la Verità e la Riconciliazione in Sud Africa dimostri perfettamente che sono sempre le chiese a conformarsi al mondo, qualunque direzione questi stia seguendo. Il modo di intendere la società proprio della Chiesa, è determinato più dalla società stessa che dal Vangelo. Persino la teologia elaborata in un momento storico particolare è influenzata dal contesto sociale." Questo è un estratto del commento di Albert Nolan sul rapporto della Commissione per la Verità e la Riconciliazione in Sud Africa. Nolan è un sudafricano bianco, teologo di fama internazionale e autore di libri che vengono studiati in tutto il mondo. Nolan, sacerdote cattolico dell'ordine dei Domenicani, vanta anche un passato sorprendente di opposizione al regime dell'apartheid. "L'errore di molte chiese", continua, "e di molti cristiani durante l'apartheid è stato quello di non essere consapevoli di quanto si venga influenzati dal momento storico, dai media, da quello che dice la gente e dal contesto sociale. Individualmente e collettivamente dovremmo sempre chiederci: "Sto dicendo queste parole perché seguo il Vangelo o perché seguo l'ideologia politica più in voga?" "Ad esempio, non dovremmo unirci alle proteste contro il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale solo quando è popolare farlo, dobbiamo invece chiederci quali interventi fare molto prima che diventi popolare, e sempre basandoci sul Vangelo." Il nostro mondo moderno, il mondo su cui ci sintonizziamo quando apriamo un giornale o accendiamo la radio, è dominato, a volte controllato, da una cultura che ci spinge a pensare di vivere nel migliore dei mondi possibili. Un mondo dove una persona degna di questo nome possiede una macchina di lusso, ha una piscina in giardino e puo' vivere senza lavorare. Nell'improbabile evento che non si sia soddisfatti di questo mondo meraviglioso, l'idea che comunque non esistono alternative ci viene sottilmente instillato "Il nostro presidente è il migliore, o l'unico indispensabile o almeno inevitabile", è il messaggio che i cittadini USA, e non solo loro, trasmettono al mondo. "La povertà che conosciamo è il risultato di forze impersonali, non controllabili, sovrumane", è il messaggio nascosto nei discorsi dei politici incompetenti. "Le alluvioni sono un atto di Dio", ha dichiarato un ministro kenyota, "l'Aids è la maledizione di Dio contro i peccatori", dichiarano certi uomini del clero che non hanno mai capito il Vangelo. E così via. Il contesto sociale ci costringe a conformarci e le chiese diventano vittime di questa tendenza. E' molto più facile conformarsi che alzarsi in piedi e ribadire il vangelo della compassione, della resurrezione, della libertà, della responsabilità e fratellanza. La conformità alla cultura dominante controllata dai mass media, ha determinato il silenzio delle chiese sudafricane, nella loro maggioranza e pressoché costantemente, nei confronti dell'apartheid. A un livello più realistico, tutti noi quando ci troviamo davanti a un poliziotto, un pubblico impiegato o sacerdote corrotti, siamo tentati di pensare "Visto che lo fanno tutti, non dev'essere poi così negativo. E reagire sarebbe di un tale cattivo gusto! Sembrerei un pazzo e un ipocrita". Quando cominciamo a pensare così, conformandoci all'atteggiamento dominante, rischiamo di non essere più fedeli al Vangelo. Noi cristiani del Kenya, in quanto membri della Chiesa, non possiamo evitare una riflessione su queste problematiche. Anche noi, come le chiese sudafricane durante il regime dell'apartheid, corriamo il rischio di rimanere in silenzio difronte ai gravi abusi dei diritti umani e all'annullamento delle libertà civili solo perché è la posizione in voga o perché è il comporamento più conveniente. Le future generazioni potrebbero condannarci. Eppure, noi siamo in questo mondo ma non vi apparteniamo (Jn 17:16)
Una fiaba africanaIl vecchio Adaka passava la maggior parte della giornata a fumare la pipa seduto nella veranda della sua capanna di fango. Il villaggio di Msipazi era ricco, aveva terre fertili e la gente lavorava duramente. La capanna di Adaka era la prima che si incontrava arrivando da Chipata, il capoluogo della provincia; l'anziano uomo era famoso e molti viaggiatori scambiavano qualche parola con lui quando passavano di lì.
Un giorno, mentre Adaka osservava tranquillo la folla di stranieri che arrivavano a Msipazi per la festa annuale del raccolto, un ragazzo sulla ventina, dal sorriso pronto e dal passo elastico, si avvicinò ad Adaka e gli chiese: "Scusami, vecchio, ho lasciato il mio villaggio dove si muore di fame e sto cercando un posto dove possa coltivare la terra e sistemarmi. Vorrei che mi consigliassi, sapere se la gente di questo villaggio è buona e disposta ad accogliere uno straniero." Adaka sorrise e disse, "Non preoccuparti, ragazzo, la gente di questo villaggio è buona come quella che hai lasciato". Il giovane continuò con passo ancor più determinato e dopo pochi minuti scomparve tra la folla del mercato. Dopo un po' arrivò un altro giovane. Si guardò intorno diffidente, valutò Adaka con una lunga occhiata e si avvicinò. "Vorrei sistemarmi in questo villaggio, ma com'è la gente?". Adaka riempì la sua pipa con molta calma e poi chiese, "Com'era la gente del villaggio che hai lasciato?" Il giovane rispose con un sogghigno. "È gente cattiva. È gelosa e invidiosa. Non hanno mai riconosciuto il mio talento. Sono così contento di essermene andato". Adaka aveva un'espressione preoccupata e disse lentamente, "Allora è meglio che neanche entri in questo villaggio. Qui la gente è esattamente come quella che ti sei lasciato alle spalle. Qui non troverai amici". Il giovane se ne andò disgustato. Mphande, nipote di Adaka, che era rimasta sempre lì accanto a macinare il mais, si era interrotta per ascoltare la conversazione di suo nonno con i viaggiatori; aspettò che il secondo giovane se ne andasse e poi chiese perplessa, "Ma nonno, hai ingannato almeno uno dei due ragazzi! Hai dato risposte completamente diverse alla stessa domanda". "Vedi", spiegò lui, "Le persone sono con noi come noi vogliamo che siano. Se le trattiamo con gentilezza e considerazione diventeranno nostre amiche, se le disprezziamo ci disprezzeranno a loro volta. Il primo giovane troverà amici ovunque andrà, il secondo si farà dei nemici dovunque, dato che è quello che si aspetta. La differenza non è nelle mie parole, ma nei loro cuori".
I contenuti possono essere riprodotti liberamente citandone sempre la fonte. Spedire inoltre una copia dell'articolo alla redazione di Africanews.
AFRICANEWS versione italiana viene pubblicata da Amani, via Gonin 8, 20147 Milano
|