Sud AfricaIl razzismo vive ancoradi Sarah Kearney
La Conference on an African Renaissance (Conferenza su un Rinascimento Africano) si è tenuta presso l'International Conference Centre di Durban, in Sud Africa, un grande evento con rappresentanti da tutto il Continente africano. Una causa senz'altro degna, ma qual è la realtà sul terreno? Con buona pace per l'ideale di un Rinascimento africano in Sud Africa e nel continente in generale, del vicepresidente sudafricano Thabo Mbeki, oggi il Sud Africa non è il paradiso dell'idealismo pan-africano. Il razzismo continua a perseguitare la società sudafricana, mentre un nuovo fenomeno, la xenofobia emerge a contrastare il principio di un'umanità comune. I giornali sudafricani danno notizia quotidianamente di cittadini stranieri (o perché sembrano stranieri) che vengono molestati e intimiditi. La polizia malmena regolarmente stranieri provenienti da altri paesi africani che considerano immigrati clandestini, o trafficanti della droga o persone che vengono in Sud Africa per sfruttare la situazione. Attualmente chi scrive l'articolo, studia all'università del Natal, in Sud Africa, dove opera una grande varietà di nazionalità africane, soprattutto a livello post-laurea - kenioti e tanzaniani, ruandesi, sudanesi e ugandesi, etiopici e zairesi e altri provenienti dal Camerun e dal Burundi. Purtroppo, sebbene molti di noi lavorino in armonia nei laboratori universitari, quanto mi raccontano gli studenti dimostra che fuori dal campus universitario impera la xenofobia. Joseph Mbogo, uno studente di Scienze Ambientali e dello Sviluppo, e Jackson Kariuki, studente di teologia, kenioti, mi dicono che gli Zulu non hanno accolto bene il loro arrivo nella provincia dello Kwa-Zulu Natal. Apparentemente si irritano perché gli stranieri non parlano zulu e percepiscono gli altri africani come una minaccia per il loro benessere economico. "Abbiamo appena conquistato la nostra indipendenza e ora arrivate voi a portarci via il lavoro" è l'accusa comune. Ai cittadini di nazionalità diversa viene sempre chiesto perché hanno dovuto lasciare la madrepatria e vengono rimproverati perché i loro paesi non hanno avuto successo nell'era post-indipendenza. I sudafricani non si stanno dimostrando molto accomodanti o accoglienti, con buona pace per l'ideale pan-africano, particolarmente forte durante le lotte anti-apartheid, quando i sudafricani cercavano rifugio e sostegno morale nei paesi a nord del Sud Africa. Come si ricorderà, molti sudafricani vennero costretti all'esilio, soprattutto in Angola, Tanzania e Kenya. I miei colleghi mi hanno assicurato che a causa della cattiva accoglienza che hanno ricevuto arrivando qui se i sudafricani decidessero di tornare a Nord, in caso il paese dovesse di nuovo vivere problemi economici e politici, non verrebbero accolti a braccia aperte. È percezione comune tra le diverse nazionalità africane il fatto che i livelli di corruzione attuali facciano presagire segni di pericolo per il successo del consolidamento della democrazia in Sud Africa. "Il Sud Africa ha imboccato il cammino del Kenya, della Tanzania, dell'Etiopia, dello Zaire e dell'Uganda", è un'opinione generale. Nello stesso tempo però, è apprezzato il fatto che attualmente le infrastrutture e servizi educativi in Sud Africa superano di gran lunga quelli del loro paese natale. Un keniota ha dichiarato di apprezzare molto l'aria e le strade pulite, i buoni sistemi di trasporto, i telefoni che funzionano, e la corruzione minima, e io stessa che conosco bene il Kenya capisco questa posizione. Eppure noi ci struggiamo per il Kenya, perché è lì che la nostra anima e spirito risiedono nonostante tutti i problemi, e nutriamo la speranza e la fede che i kenioti lentamente ma inevitabilmente saranno in grado di riscattare il loro paese dal pantano in cui è affondato. So che altri cittadini di altri paesi africani condividono questi sentimenti e criticano la corruzione e l'inettitudine dimostrata da molti loro leader ma hanno anche nostalgia delle loro case, delle loro famiglie, della comunità e network sociali che danno calore e significato alla loro vita. È il sudafricano nero medio ad essere maggiormente minacciato dalle altre nazionalità africane per ragioni economiche dato che esiste un'alta competizione sul mercato del lavoro e i valori della disoccupazione sono alti. Spesso gli stranieri sono altamente specializzati, meglio istruiti e con proprietà di linguaggio, il che rappresenta una minaccia persino maggiore. E' un dilemma ma i sudafricani dovrebbero essere felici del fatto che il loro paese sia ora in grado di servire da nucleo propulsore per gran parte dell'Africa. Se i sudafricani mettessero da parte la loro paura e lavorassero insieme ai loro fratelli e sorelle africani, potrebbero sortirne benefici reciproci come specializzazioni, know-how ed esperienze nuove. Il nuovo Sud Africa affronta oggi anche un nuovo senso di contrapposizione tra bianchi e neri. E' triste che perfino il campus di un'università liberale, in passato centro di lotta contro l'apartheid dove neri e bianchi (sebbene in minoranza) in passato dimostravano insieme contro la polizia, contro la detenzione senza processo e i trasferimenti coatti, nell'era post-apartheid non sia un modello di antirazzismo. Tra i piccoli gruppi dell'università, soprattutto tra gli studenti stranieri e i sudafricani, bianchi e neri, non esistono forme di razzismo o violenza ma un buon senso di cosmopolitismo che non esiste invece fra i sudafricani bianchi e neri che sono sospettosi e diffidenti tra loro. I neri hanno la tendenza a considerare i bianchi ragazzi ricchi e presduntuosi che non capiscono nulla della storia del loro paese e che non hanno nessun desiderio di conoscerla. (E in base alla mia particolare esperienza questo è vero). La maggioranza degli studenti bianchi considera i neri arrivisti "che si aspettano bustarelle", non altrettanto intelligenti e che sfruttano la scusa che il colore della loro pelle li rende automaticamente svantaggiati. Non è tanto l'odio tra le due razze ad essere evidente ma piuttosto si avvertono un risentimento e un'irritazione brucianti. I problemi riscontrati nel campus non sono così seri come quelli emersi negli istituti non accademici come, ad esempio, le poste. Una recente indagine pubblicata dal Natal Witness (un giornale di Pietermaritzburg), ha denunciato l'estrema animosità razziale tra i vari gruppi etnici. Ironicamente sia i bianchi che i neri si accusano a vicenda di "puzzare". Nelle riunioni sociali raramente le due razze si mescolano. I bianchi si riuniscono coi bianchi mentre anche i neri costituiscono i loro gruppi. Gli studenti che ho intervistato hanno motivato il fenomeno con il fatto che credono che l'altro gruppo "non può avere interessi comuni." Si sentono diversi e questo è evidente nei locali pubblici Gli studenti neri s'incontrano nelle favelas del centro, quelli bianchi in nightclub più elitari. Esistono persino locali separati per la comunità indiana. Anche gli indiani vivono una vita segregata, chiusa su se stessa. Si muovono in gruppi, a quanto sembra perché hanno paura di muoversi al di fuori del loro gruppo. Un'altra dimensione del problema razziale è la presenza costante sul campus dello staff accademico totalmente bianco. Sebbene sia pericoloso rivendicare una posizione totalmente africanista in base alla quale "dovrebbero buttarli fuori tutti", è del tutto chiaro che i bianchi gestiscono il sistema universitario. E' una contraddizione stridente della realtà del Sud Africa, a livello universitario o meno. Questi accademici possono essere pieni di risorse e molto professionali, ma secondo me è chiaro che conducono una vita privilegiata e segregata, tipica dei bianchi della classe media. Molti di loro hanno pochissima esperienza della realtà da Terzo Mondo della vita in Sud Africa (che è quella affrontata dalla maggior parte dei sudafricani). Naturalmente esistono eccezioni, come il professor Gardener del Dipartimento di Anglistica, che ha lavorato infaticabilmente per l'African National Congress, portando avanti contemporaneamente la carriera accademica e ci sono altre persone, soprattutto nell'ambito della sociologia, teologia e scienze politiche che hanno svolto un ruolo attivo e vitale nella comunità. Esistono oggi nuove scuole, come il centro per gli studi politici e governativi e il centro per gli studi ambientali e lo sviluppo che svolgono un ruolo vitale per la comunità sudafricana collaborando, ad esempio, alla realizzazione di programmi di sviluppo rurale. Quindi non si tratta semplicemente di un bastione dei bianchi ripiegato su se stesso. Fioriscono idee non previste prima delle elezioni del 1994, un arricchimento degli studi accademici attraverso contatti di base con chi vive fuori della torre d'avorio. Il mio primo desiderio è che in Sud Africa, nei nostri campus universitari si realizzi un rafforzamento delle relazioni antirazziste, che possano rappresentare un faro per il resto della società, diffondendo valori positivi in tutto il paese. Naturalmente questo è più facile a dirsi che farsi, soprattutto perché gli studenti universitari rappresentano una classe privilegiata ed elitaria, che alcuni considerano lontana da una vita reale. Tuttavia le università possono diventare i motori del pensiero etico nella società, nonostante i problemi di classe. Gli africani di nazionalità diversa devono essere i benvenuti. Dobbiamo trovare gruppi per la soluzione dei conflitti tra sudafricani e cittadini stranieri per stimolare uno scambio di opinioni. Il governo deve elaborare strategie per la creazione di posti di lavoro senza dover ricorrere a misure xenofobe e i sudafricani bianchi e neri devono cominciare a conoscersi a un livello autentico e non superficiale. Devono nascere nuove amicizie e l'abitudine alla condivisione di valori ed esperienze culturali. Se questo non avverrà, il divario si approfondirà e il Sud Africa non fiorirà come nazione unita ma continuerà ad essere lacerata dalle stesse divisioni razziali tanto dure sotto l'apartheid.
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