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N.16 - Giugno 1999

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Africa meridionale

Profughi e rifugiati dramma senza fine

di Caiphas Chimbete

Con la guerra dilagante in Angola e nella Repubblica Democratica del Congo il numero di rifugiati e profughi aumenta, mettendo alla prova le istituzioni per l'asilo e per i rifugiati nei paesi dell'Africa meridionale.

La recrudescenza dei combattimenti in Angola e nella Repubblica Democratica del Congo ha portato a un sostanziale aumento del numero di rifugiati e profughi nell'Africa meridionale con ulteriori e nuove sfide per l'istituzione della garanzia di asilo e di rifugio. L'attuale afflusso di rifugiati nella Comunità per lo Sviluppo dell'Africa del Sud (Southern African Development Community - SADC) ha anche drenato le scarse risorse disponibili e ha causato un consistente degrado ambientale nei paesi ospitanti, la maggior parte dei quali ha attualmente delle difficoltà a sfamare i rifugiati.

Il Commissario per l'Intervento, il Recupero e la Ricostruzione nelle Calamità del Malawi, Lucius Chikuni, dice che l'istituzione della garanzia di asilo e di rifugio affronta più che mai una sfida spaventosa, poiché gli Stati, pur credendo negli aspetti umanitari della garanzia di rifugio, devono affrontare "una miriade di problemi." "Nella gran parte si tratta di problemi economici: la sovrappopolazione, che rende qualsiasi tasso di crescita del prodotto interno lordo - anche fino al 6% annuale - insignificante, poiché tale crescita viene semplicemente ingoiata dalle richieste di servizi sociali a cui sono sottoposti i governi", ha detto Chikuni nel corso di un simposio dell'ACNUR (Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati) che si è svolto di recente in Sudafrica.

Il simposio, intitolato 'Sfide all'Istituzione della Garanzia di Asilo e Rifugio nell'Africa Meridionale: Riconciliare l'Interesse dello Stato con l'Obbligo Internazionale di Asilo', indagava la crisi acuta che sta alla base della politica e della pratica internazionale per quanto riguarda i rifugiati sul finire del ventesimo secolo. Con oltre sei milioni di persone, il continente africano ha il più grande numero di rifugiati nel mondo. La maggior parte sono profughi dalla Regione dei Grandi Laghi dove l'instabilità politica è stata un elemento ricorrente per decenni. Purtroppo le ripercussioni si riversano sulla regione relativamente stabile dell'Africa meridionale, gravando i paesi ospitanti che già barcollano sotto il peso della depressione economica.

Il coordinatore umanitario e rappresentante del Programma Alimentare Mondiale (PAM) in Angola, Francesco Strippoli, ha detto ultimamente di essere 'estremamente pessimista' per la situazione dell'enorme numero di persone dislocate a causa dell'acuirsi dei combattimenti. Da aprile dell'anno passato più di seicentomila persone in Angola si sono spostate e il numero è destinato a crescere con il dilagare della guerra. "Sono pessimista perché il paese continua a essere preda di combattimenti", ha detto Strippoli. "D'altra parte, non siamo soltanto preoccupati per le persone che sono state dislocate ma anche per la situazione della popolazione che vive nelle città assediate."

Le stime PAM per l'Angola indicano che ci sono settantamila rifugiati a Malanje, ottantamila a Huambo e cinquantacinquemila a Kuito. Un indagine recente condotta a Malanje segnalava che il dieci per cento della popolazione è malnutrita. La maggior parte dei rifugiati è scappata con pochi averi e la situazione sta degenerando rapidamente. Mentre alcuni sono fuggiti in città dove la situazione è migliore, altri hanno cercato rifugio in paesi quali la Namibia, il Malawi e la Zambia. La Zambia ha registrato centosessantamila rifugiati nei campi del nordest. Ci sono anche rifugiati da Burundi, Repubblica Democratica del Congo e Ruanda.

I rapporti tra Angola e Zambia, ambedue membri del blocco SADC, inoltre non sono dei migliori. L'Angola ha accusato la Zambia di appoggiare il movimento dei ribelli Unita, che sta combattendo per estromettere il governo del Presidente Jose Eduardo dos Santos. La Zambia ha negato le accuse. Ma le animosità potrebbero ancora compromettere la sicurezza e il benessere dei rifugiati.

Alcune fonti riferiscono che il numero di rifugiati congolesi in Tanzania continua a aumentare, mentre i combattimenti dilagano nel vasto paese dell'Africa centrale. L'ACNUR dice che ci sono circa cinquantatremila rifugiati nella Tanzania occidentale e i rifugiati continuano ad affluire. La Tanzania, stremata dalle difficoltà economiche e da un debito estero che la strozza potrebbe avere delle difficoltà a sfamare i rifugiati senza un aiuto esterno.

Il Malawi, uno dei paesi più poveri della regione, ospita circa mille rifugiati e persone in cerca di asilo nel campo Dzaleka, vicino a Lilongwe. Comprende gente della Somalia, del Ruanda, del Burundi e della Repubblica Democratica del Congo. Alcuni usano il campo come punto di transito verso altri paesi dell'Africa meridionale, e questo mostra la complessità che caratterizza il flusso di rifugiati. Il Malawi ha ospitato un milione e centomila rifugiati durante la guerra civile in Mozambico.

Più di duemila cinquecento namibiani hanno attraversato il confine con il vicino Botswana, la maggior parte proveniente dalla Striscia di Caprivi, in seguito a una rivolta separatista nella zona paludosa. I due paesi sono stati ai ferri corti per via delle isole Sedudu/Kasikile. La questione è stata sottoposta alla Corte Internazionale di Giustizia per un verdetto.

Il Mozambico, la Namibia, il Sudafrica e lo Zimbabwe ospitano anche loro un certo numero di rifugiati, in maggioranza dall'Angola, dalla Repubblica Democratica del Congo e dalla regione dei Grandi Laghi. La situazione nella regione dei Grandi Laghi è esemplificativa delle conseguenze drammatiche dell'incapacità, della riluttanza o della mancanza di volontà della comunità internazionale nell'affrontare una crisi dei profughi, immensa e complessa, che si è riversata su altri paesi dell'Africa meridionale.

"Per esempio - dice Nicholas Bwakira, direttore delle operazioni ACNUR nella regione dell'Africa meridionale - l'Acnur non aveva il mandato per garantire la natura umanitaria dello status di rifugiato e di imporre un carattere civile agli spazi dei rifugiati." "La presenza di elementi armati nella comunità dei rifugiati, che perseguono il proprio programma politico con il sostegno diretto e indiretto del governo ospitante, è stata invece una difficoltà insormontabile". Bwakira ha poi aggiunto che hanno avuto luogo la frammentazione dei campi e altre violazione delle leggi sui rifugiati e che le fondamenta stesse del regime di garanzia internazionale sono state messe in discussione, con uccisioni di massa e espulsioni alle frontiere.

I commentatori politici dicono che era più facile per i governi e i cittadini dei paesi ospitanti accettare la responsabilità di dare asilo ai rifugiati durante la lotta per l'indipendenza e contro l'apartheid che in tempi di conflitto internazionale. Sostengono che durante le lotte per l'indipendenza, le nazioni provavano una forte solidarietà le une verso le altre e concedere asilo veniva percepito come un obiettivo nella lotta contro il nemico comune. Durante il periodo dell'apartheid, per esempio, chi cercava asilo dal Sudafrica veniva prontamente accettato nella maggior parte dei paesi della regione mentre agli zimbabwesi si dava rifugio in paesi quali il Mozambico, la Tanzania e la Zambia durante la lotta di liberazione. Ma lo scenario è cambiato da allora, con il raggiungimento dell'indipendenza in tutti i paesi dell'Africa meridionale, rendendo necessaria una ridefinizione e una nuova valutazione delle garanzie ai rifugiati. Phyllis Johnson, direttore esecutivo del Centro di Ricerca e Documentazione dell'Africa Meridionale (Southern African Research and Documentation Center) ha detto che le domande relative alla garanzia di asilo e rifugio non hanno più risposte semplici e che sono emerse nuove realtà che richiedono una nuova valutazione e meccanismi per affrontarle, sia per quanto riguarda chi cerca asilo che per lo Stato che accoglie. "La definizione di 'garanzia di rifugio' e di 'obblighi di asilo' devono essere rivisti in questo contesto. Ed è diventato imperativo che una seria azione politica che elimini o riduca le cause di partenza venga intrapresa dalle comunità regionali e internazionali," ha detto Johnson al simposio ACNUR in Sudafrica.

Oltre alle politiche restrittive messe in atto dai governi, i rifugiati e le persone in cerca di asilo devono affrontare crescenti tendenze xenofobe tra le popolazioni ospitanti. Il problema si fa particolarmente acuto dove le questioni dei rifugiati non sono chiaramente distinte da quelle relative agli immigrati clandestini. Nella maggior parte dei paesi, gli immigrati clandestini sono accusati di aggravare molti problemi sociali, che vanno dalla criminalità alla crescente disoccupazione e alla diffusione delle malattie. Il Sudafrica ospita migliaia di immigrati clandestini da Botswana, Malawi, Mozambico, Zambia e Zimbabwe. Il risultato è che i rifugiati in Sudafrica subiscono gli stessi pregiudizi e maltrattamenti degli immigrati clandestini, e ne è stato assassinato un certo numero. "Mi dispiace dire che nel solo Sudafrica più di dieci rifugiati sono stati uccisi nel 1998", ha detto Bwakira.

In tutte le situazioni di guerra le donne e i bambini sono le prime vittime per via della loro vulnerabilità. Riconoscendo questo fatto l'ACNUR ha iniziato a lavorare a un progetto speciale per ridurre la violenza sessuale contro le donne e le bambine nei campi profughi. Il progetto è rivolto ai campi profughi in Tanzania, Guinea, Liberia e Sierra Leone, e ha come obiettivo di rafforzare le strutture legali oltre a quello di fornire consulenza per le vittime.

Gli analisti dicono che al di là dei limiti socio-economici e delle scelte nazionali, gli Stati dovrebbero rispettare i diritti umani e attenersi agli strumenti vincolanti che già esistono, e cioè la Convenzione ONU sui Rifugiati, la convenzione OUA (Organizzazione per l'Unità Africana) sui Rifugiati, la legislazione internazionale umanitaria, la Carta Africana sui diritti dell'uomo e dei popoli, oltre che alle convenzioni ONU sulle mine. "La comunità internazionale deve essere all'altezza delle aspettative di coloro che hanno scritto le leggi internazionali sui rifugiati, provvedere ai bisogni fondamentali e accordargli i diritti come esseri umani,' Ha detto il vescovo Kleopas Dumeni della Namibia.

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