AfricaSinodo africano addio!di Laurenti Magesa
Il Concilio Vaticano II (1962-1965) ha rivoluzionato la Chiesa in tutto il mondo in maniera significativa e, per quasi tutti i cattolici dell'epoca, in maniera inattesa. Il prete sociologo Andrew M. Greeley dice in Commonwealth (11 settembre 1998) che c'è chi considera il Concilio "un evento rilevante, addirittura uno degli eventi più drammatici e importanti della storia del cattolicesimo, un evento che ne ha scosso le strutture e che si potrebbe quasi chiamare una rivoluzione." Paragonati al Concilio, i sinodi generali, straordinari e regionali che lo hanno seguito e che dovevano inizialmente, secondo le intenzioni di Papa Paolo VI, continuare il lavoro del Concilio, sono ridotti all'insignificanza in termini di influenza. Questo probabilmente a causa del fatto che con l'andare del tempo, i sinodi post-conciliari sono diventati degli esercizi di contenimento, tentativi di 'restaurare', secondo l'espressione di Fratello Greeley, la situazione precedente al Concilio. In Africa alcuni l'hanno chiamata un'esercitazione nella 'gestione imprenditoriale dello Spirito.' Il Sinodo africano ne è un esempio. Annunciato il giorno della festa dell'Epifania del 1989, si è tenuto a Roma, in Vaticano, da aprile a maggio del 1994. Aveva in agenda la discussione di cinque temi cruciali per la Chiesa africana: cioè l'evangelizzazione, l'inculturalzione, la giustizia e la pace, l'ecumenismo e i mezzi di comunicazione di massa. Da allora in che modo hanno influenzato o modellato il volto e la natura della Chiesa africana le conclusioni del Sinodo? Alla domande se la seduta del Sinodo in Vaticano fosse parte di una strategia di gestione imprenditoriale dello Spirito, molti africani tendono a dare una risposta positiva. Ma la questione più importante riguarda la direzione della vita della Chiesa qui, e se abbia qualche relazione con le finalità e gli obiettivi dichiarati dal Sinodo. La Chiesa africana è in continua crescita numerica, ma forse questo avviene malgrado e non grazie al Sinodo. Non sono particolarmente evidenti nuove strade dell'evangelizzazione. La catechesi consiste ancora nella memorizzazione piuttosto che nella comprensione da parte dei catecumeni. In questa comunità è il catechismo, più che i Vangeli, a dominare la scena. La profondità dell'inculturazione - l'identificazione e la promozione dei valori evangelici nella religiosità africana - avrebbe potuto modellare la qualità del cattolicesimo in Africa. Ma l'incultrazione è a malapena iniziata. Da questo punto di vista da quando si è svolto il Sinodo risulta evidente l'atteggiamento pre-conciliare con cui si tenta di piegare la religiosità africana alla visione del cristianesimo occidentale, cosa che nel corso della storia del cristianesimo in Africa non ha mai funzionato gran che bene. I problemi sociali, politici e economici dell'Africa sono spaventosi. Il continente continua a essere un campo dove si svolgono immense tragedie, dove la violazione dei diritti umani e un macroscopico disinteresse per la vita e l'ambiente sembrano essere sempre più all'ordine del giorno. In questa situazione, il Sinodo avrebbe voluto che la Chiesa africana fosse un agente di cambiamento radicale, a partire, naturalmente, da sè stessa. Eppure, al di là dell'occasionale lettera pastorale del Vescovo o dell'affermazione che condanna una particolare atrocità o un evento negativo, è difficile affermare che la Chiesa africana abbia deciso di mettere la giustizia e la pace sistematicamente e senza ambiguità tra le sue principali priorità pastorali. L'ecumenismo è decisamente in coda agli impegni della Chiesa africana. Di recente in una diocesi in Tanzania, il parroco della parrocchia della cattedrale è stato eletto per agire di concerto con confessioni non cattoliche della diocesi in preparazione di un evento unitario nel corso dell'anno santo. Davanti al vescovo si è detto d'accordo, ma in privato ha giurato che non si sarebbe lasciato coinvolgere in 'roba del genere'. Infine, la povertà della Chiesa africana in termini economici e la mancanza di personale con una formazione nel campo dei mass media rende un obiettivo a lungo termine il compiuto utilizzo dei mezzi di comunicazione di massa per la predicazione del Vangelo. Nell'insieme la Chiesa africana continua a essere vitale. E' la natura della gente, sorretta sempre dalla fiducia e dalla speranza che le cose andranno meglio. In ogni modo, con il rischio sgradito di apparire tra le fila degli afropessimisti, potrebbe essere il caso, al momento, di parlare di 'fallimento del sinodo africano.'
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