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Versione italiana

N.18 - Settembre 1999

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Africa

Bambini: vittime e criminali

di Opondo Koten'go

Nel 1995 in Angola il sette per cento dei bambini aveva sparato a qualcuno, mentre in Liberia i bambini rappresentano un quarto dei combattenti della guerra civile.

Mentre il novantotto per cento delle bambine in Somalia sono state circoncise, in tutto il mondo ogni anno più di due milioni di bambine tra i quattro e i dodici anni vengono sottoposte alla mutilazione dei genitali. La Convenzione ONU sui Diritti del Bambino ha compiuto dieci anni il mese scorso, ma ha veramente cambiato qualcosa?

Ogni mattina nella distesa di baracche di fango di Korogocho a Nairobi, in Kenia, Njeru, tredici anni, si dà da fare per raccogliere rifiuti di politene per l'ammontare di un dollaro al giorno. Ogni sera si arrampica verso l'alloggio di fortuna fatto di stracci e vari altri materiali di scarto per andare a trovare i suoi fratelli e le sue sorelle e, naturalmente, sua madre, per darle quello che ha guadagnato. Fatto questo va a casa. Njeru abitava con Dodo, che non era male, poiché Dodo rimediava una manciata di avanzi, che divideva con Njeru. Ma Dodo era un cane.

Njeru potrebbe essere uno dei bambini trascurati, vittime di conflitti, fame e migrazioni, che si riversano nelle città, invadono stazioni ferroviarie e mercati e case fatiscenti, terrorizzano gli altri bambini, mandano gli adulti su tutte le furie e li lasciano costernati. Si sa che i Njeru di tutto il mondo mettono i governi in grave imbarazzo sopravvivendo tra cataste di legno, fienili, riserve di carbone, tubi di scolo e discariche.

Njeru potrebbe anche appartenere a uno di quei gruppi, di solito piccoli, di coabitanti, soggetti alla forza, la volontà e lo scherno di un capo adolescente che svolge il ruolo di amministratore finanziario, consulente abitativo, giudice e agente attivo delle punizioni. Questo naturalmente implica regolari dileggi, umiliazioni e violenze sessuali, o anche spaccio di droga e prostituzione.

Ma le centinaia di migliaia di ragazzini che oggi vagano per le città africane, che ti vedi sfrecciare accanto con urla gioiose all'entrata delle stazioni degli autobus - che chiedono l'elemosina, rubacchiano e sniffano colla - con buona probabilità hanno semplicemente preferito il dubbio fascino della strada agli abusi, le violenze e l'alcolismo della propria casa di origine. La Convenzione ONU sui Diritti dei Bambini si vanta di essere il primo trattato sui diritti umani della storia dell'umanità a essere stato quasi universalmente ratificato. Ma quasi ogni cosa cui prometteva di porre rimedio è peggiorata, dal lavoro minorile alla prostituzione nel mondo in via di sviluppo, al mondo vuoto e indifferente abitato dai bambini vittime del crollo dl comunismo.

I bambini rappresentano "l'umanità essenziale" e, esattamente come i figli nelle famiglie vere e proprie, sono il futuro. Portano il peso di tutte le nostre aspirazioni individuali e collettive, e di tutti i nostri timori riguardo ciò che non si può prevedere. I bambini sono quello che sono in virtù del loro rapporto con gli altri. Un bambini non nasce del tutto buono o del tutto cattivo. Il bambino è fondamentalmente il risultato dell'assistenza sociale: se è buono è la conseguenza del giusto ambiente sociale. Se è deviante, è l'effetto di una difficoltà di adattamento e ha bisogno di rieducazione e recupero sociale.

Questi giovanissimi poi, il bambino vittima e il bambino criminale, sono stati al centro di quello che spesso, esagerando, è stato chiamato il 'panico morale' - a proposito del fallimento della famiglia moderna di adempiere al suo ruolo. Ma il panico sembra essere molto più profondo. Riguarda la puntellatura dell'intera struttura sociale o, come direbbero i sociologi, il crollo e il fallimento del progetto modernista. I bambini sono vittime non solo dello Stato e della collettività, e persino del potere dei genitori, ma anche gli uni degli altri.

La Convenzione ONU sui Diritti del Bambino si era prefissa di rimediare ai soprusi sui bambini, ma le cose non hanno fatto che peggiorare. Tra le centinaia di storie che la squadra di Graca Machel ha sentito nel 1996, mentre preparavano il rapporto delle Nazioni Unite sull'Impatto del Conflitto Armato sui Bambini, ce n'è una che non dimenticheranno mai. Una bamina liberiana di nove anni ha raccontato di avere assistito all'uccisione a sangue freddo di venti compaesani. Ha visto un proiettile che ha fatto saltare il cervello a suo zio. Ha visto suo padre costretto a mutilare il corpo di suo zio. E, peggio ancora, ha assistito allo stupro di sua cugina di nove anni.

Un'altra storia straziante è giunta da un rifugiato della Repubblica Democratica del Congo: "Ho ucciso tre persone, tre uomini. Li conoscevo; erano i miei vicini. Non avevo alternative. Quando mi sono rifiutato di uccidere, i soldati governativi hanno colpito mia figlia sulla testa con un fucile, uccidendola. Aveva sei settimane."

Più del destino dei bambini di strada e i maltrattamenti fisici, negli anni novanta i diritti umani hanno riguardato principalmente la violenza nei confronti dei bambini, l'educazione alla violenza dei bambini, e gli effetti provocati dal fatto di essere continuamente testimoni di violenze. In Ruanda quasi tutti i bambini hanno perso i familiari, e il sedici per cento sono sopravvissuti nascondendosi sotto i corpi dei morti. Oggi in Ruanda più di centomila ragazzi, per la maggior parte di età tra i due e gli otto anni, sono stati separati dai loro genitori.

Uganda, Burundi, Repubblica Democratica del Congo (RDC), Somalia, Angola, Mozambico, Liberia, Sudan e Sierra Leone hanno tutti attraversato o stanno attraversando una condizione permanente di guerra civile, in cui bambini di solo sette anni sono stati arruolati, rapiti o costretti a combattere. Nel 1995 i bambini 'vagabondi' del Sudan, la maggior parte provenienti dal Sudan meridionale, sono stati raccolti in campi speciali dove venivano costretti a strisciare per terra ogni volta che provavano a scappare. Peggio ancora, vicino agli accampamenti militari al margine delle montagne Nuba si è sparato a molti di loro che cercavano di scappare dalla prigionia.

Le statistiche non hanno mai smesso di impressionare, e continuano a farlo. Nel corso dell'ultimo decennio, circa due milioni di bambini sono stati uccisi in guerra, sei milioni feriti o mutilati, e quasi trenta milioni sono diventati rifugiati. In Angola il sessantasette per cento dei bambini ha assistito alla tortura, il pestaggio e il ferimento di altre persone, spesso membri della propria famiglia.

Nel 1996 un gruppo di miliziani, probabilmente Hutu, ha attaccato una scuola rurale ruandese e ha detto ai bambini di dividersi secondo l'etnia. Quando i giovani si sono rifiutati di farlo, gli uomini armati hanno ucciso a sangue freddo diciassette bambini e la loro maestra, una suora belga. In Sudan, come in Liberia, pochi bambini sanno cosa significhi la pace.

Queste guerre producono ragazzi che non hanno mai imparato a leggere o a scrivere, che passano la giornata a esercitarsi con le armi, e che ogni giorno diventano più grandi, più forti e più abbrutiti. I giovani sono diventati un bersaglio esplicito negli attuali conflitti umanitari, "nella convinzione che uccidere un bambino oggi significhi uccidere il nemico di domani", dice il rapporto steso da Graca Machel.

La Convenzione ONU sui Diritti del Bambino è unica poiché è il primo strumento internazionale legalmente vincolante che difende i diritti dei giovanissimi, ma in realtà ha cambiato qualcosa? Di tutte le convenzioni sui diritti umani che siano mai state stese, la Convenzione sui Diritti del Bambino è stata quella che ci ha messo meno a essere firmata e ratificata. I firmatari promettevano non soltanto un mondo migliore, ma un mondo buono per i bambini.

La convenzione però viene sistematicamente sprezzata e violata, e non ci sono paesi che la violino più intensamente di quelli che sono stati i primi a firmare. Quasi ognuno degli obiettivi che si prefiggeva è andato peggiorando da quando è stata stesa. Allo stesso tempo non sono mai esistite al mondo tante organizzazioni per i diritti umani dedite agli interessi dei bambini, e mai le agenzie internazionali si sono mostrate più preoccupate del benessere dei giovani, quotidianamente si diffondono rapporti sulla circoncisione femminile, le mine di terra e la prostituzione. Di solito hanno un tono triste e sconfitto.

Secondo il direttore esecutivo dell'UNICEF, Carol Bellamy, il problema se questa sia un'operazione di facciata non si pone, così come non si pone la questione se abbia cambiato qualcosa, per lei ha cambiato le cose in maniera significativa. Il direttore dell'UNICEF dice che i bambini, che all'inizio del secolo non avevano praticamente diritti, alla sua conclusione hanno lo strumento legale più potente, che oltre a riconoscerne i diritti umani li protegge. Ma la fine dei maltrattamenti sui bambini non riguarda l'ONU o lo Stato, dice Carol Bellamy, riguarda noi e voi, "Pensate ai bambini. Che cosa abbiamo fatto ai nostri bambini?"

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