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N.20 - Novembre 1999

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Africa

I negoziati sul debito non danno frutti

di Clement Njoroge

Una conferenza tenuta di recente a Nairobi sul debito dell'Africa si è conclusa in maniera deludente, con il rifiuto da parte dei donatori di annullare il debito. Inoltre, a parte il vigoroso intervento dell'arcivescovo Desmond Tutu, c'è stata una palese assenza della Chiesa al Forum.

Mama Maria, di settantacinque anni, vive in un monolocale con Salome, sua nipote di sette anni, nel ghetto in espansione della Mathare Valley, il più grande del Kenia. Si sveglia ogni mattina alle sei per andare a Margiti, il più grande mercato alimentare di Nairobi, dove compra della verdura che rivende più tardi nel suo quartiere. Anche se si assicura così un guadagno di almeno un dollaro, quella di nonna e nipote è una vita di sopravvivenza.

Maria era impegnata, come al solito, nella vendita ambulante dei suoi beni alla fine del mese passato, e non avrà certamente sentito parlare della riunione che si è tenuta a Nairobi nell'agosto scorso. In programma c'era la discussione sul modo in cui alleviare le sue sofferenze, con la concessione dell'estinzione del debito dell'Africa. Ma che Maria fosse o meno a conoscenza della riunione, le risoluzioni sono state molto al di sotto delle aspettative di buona parte dei delegati provenienti da diciassette paesi africani. In parte a causa dell'assenza di figure chiave nella crociata per l'estinzione del debito, in parte per l'inopportuna presenza degli uomini politici, l'incontro, convocato dal Fondo Monetario Internazionale e dal governo giapponese, si è concluso con la riaffermazione della linea dura da parte dei principali donatori multilaterali, secondo i quali l'estinzione del debito non è una soluzione, né è, al momento, una priorità.

Anche peggiore è stata l'ammissione di Gondwell Gondwe, il direttore del FMI per l'Africa, secondo cui i provvedimenti di estinzione dei debiti presi negli ultimi quindici anni non hanno portato a alcun risultato positivo. Ha osservato che la continua rinegoziazione del debito ha soltanto assorbito le scarse risorse pubbliche e contribuito a un clima di insicurezza generale. Questi fattori, ha detto Gondwe, limitano l'investimento pubblico, scoraggiano l'investimento privato e limitano l'accesso ai mercati finanziari internazionali come fonte di finanziamento degli investimenti. Il presidente Festus Mogae del Botswana, che presiedeva alla riunione, ha però attribuito il fallimento al fatto che i donatori e le istituzioni multilaterali non hanno affrontato i problemi economici fondamentali che minacciano di soffoccare il continente.

La dichiarazione di Mogae era in linea con la posizione di base della riunione, cioè la richiesta di un totale annullamento del debito. "Io credo che il modo migliore per servire i nostri interessi sia di garantirci una sostanziale e immediata estinzione del debito il prima possibile, senza dovere aspettare i tempi lunghi necessari per conformarsi alle precondizioni," ha detto. "La montagna del debito non ha raggiunto le vette attuali perché ci siamo rifiutati di pagare; non è stato neanche per l'impossibilità di pagare la somma originale. Tutto ciò che paghiamo al momento sono interessi," ha aggiunto Mogae.

Ma l'arcivescovo Desmond Tutu del Sudafrica è stato più realista. Anche se, ha osservato, il debito è come "un albatross che sta appeso al collo del continente e che dovrebbe essere annullato," dovrebbe essere cancellato soltanto a condizione che il continente diventi più democratico, si smilitarizzi e diventi più trasparente nelle questioni di governo. Questa affermazione dell'arcivescovo si è guadagnata le ire del presidente del paese ospitante, Daniel Arap Moi. Senza mezzi termini Moi ha detto a Tutu di chiudere il becco e che se ha delle lamentele che le facesse nel suo Sudafrica. Durante il suo discorso Tutu aveva condannato l'assenza di principi democratici nel continente, e aveva fatto l' 'errore' di citare come esempio il Kenia.

In ogni caso simili battibbecchi politici sono stati messi in ombra dalle proposte di ordine finanziario per le quali Mogae premeva. Queste chiedono che, al fine di alleviare il peso del debito, tutti i paesi africani possano usufruire di un annullamento, il cui ammontare dovrebbe essere determinato da fattori legati alla possibilità di pagare, quali il Prodotto Interno Lordo pro capite, o il rapporto di servizio del debito. Il debito dovrebbe essere cancellato, ha proseguito, in una misura che va dal venti all'ottanta per cento, a seconda della necessità. Allo stesso tempo, il debito su cui un paese sta pagando gli interessi dovrebbe essere distinto dai debiti non pagati e ritenuti impagabili. Ha anche chiesto che si ampli l'iniziativa di estinzione dei debiti ai Paesi Poveri Pesantemente Indebitati (Heavily Indebted Poor Countries - HIPC) così da includere tutti quei paesi africani le cui economie sono state distorte dagli interessi maturati sui prestiti. Al momento soltanto otto paesi africani soddisfano le condizioni per far parte dell'iniziativa anche se sono la maggioranza dei quarantuno paesei che la Banca Mondiale ha identificato come pesantemente indebitati.

Tutte queste considerazioni fatte durante la riunione verranno prsentate alla prossima riunione dei Ministri delle Finanze dei creditori del continente e nel corso delle riunioni annuali del FMI e della Banca Mondiale.

Diversi fattori potrebbero avere contribuito al fallimento della riunione di Nairobi. Sembra che i creditori non considerino che la crisi africana abbia raggiunto livelli tali da minacciare il sistema finanziario globale. Questo nonostante le cupe statistiche secondo le quali il debito, superiore ai 285 miliardi di dollari (circa 550.000 miliardi di lire), rappresenta più del 200 per cento delle esportazioni del continente. I pagamenti del debito ammontano a 31,5 miliardi di dollari annui (circa 60.000 miliardi di lire), il venticinque per cento delle esportazioni del continente.

Inoltre c'è stata la questione dei partecipanti. Nonostante la chiesa sia stata in prima linea nell'affrontare la questione del debito, non è stata adeguatamente rappresentata, tranne per alcuni membri eccellenti quali Tutu. Potrebbe ora rimpiangere di essere stata assente, poiché riunioni simili non si tengono ogni giorno. In conseguenza di questa assenza, alcuni dei partecipanti, e in particolare i politici e i tecnocrati, la maggior parte dei quali sono responsabili del garbuglio del debito, hanno usato il forum per declinare le responsabilità del ruolo che ricoprono. Un'indicazione in questo senso può essere considerata la posizione del presidente Moi.

Moi non ha dato modo di dubitare del fatto che molti presidenti africani sono più che pronti a autoassolversi da ogni accusa sulla vicenda del debito. Ha accusato i donatori di avere 'spostato il traguardo' rendendo più difficile al mondo in via di sviluppo far fronte ai propri impegni. Accusa anche i donatori di riversare armamenti in Africa, senza per altro nominare chi è che compra questi armamenti. "Chi può aspettarsi che l'Africa paghi i suoi debiti mentre è in guerra?" si è chiesto Moi. "Dobbiamo fermare la vendita indiscriminata di armamenti se dobbiamo smettere di accumulare debiti." Una tale logica distorta sembra avere avuto la meglio e non c'è da sorprendersi se non si è concluso molto.

A questo palleggiarsi delle responsabilità devono fare fronte gli organizzatori della campagna Jubilee 2000, se vogliono strappare qualche concessione agli istituti di credito internazionali. Fino ad ora le uniche indicazioni per un condono del debito, a parte quelle dell'iniziativa HIPC, sono quelle della cosiddetta Iniziativa di Colonia. L'idea di fondo di questa iniziativa, su cui ci si è accordati nel giugno scorso a Colonia, è che i paesi creditori ridurranno il debito di cinquanta miliardi di dollari. Una cifra che è nettamente inferiore a quello che l'Africa sta chiedendo.

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