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Versione italiana

N.26 - Maggio 2000

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Africa

Ex-seminaristi allo sbando

di David Kuria

Poche persone conoscono i particolari della formazione dei preti nella chiesa cattolica. Anche quelli che ne hanno un'idea non sanno quali siano le materie studiate dai seminaristi, né come siano suddivise nel corso di studi. Il nostro corrispondente David Kuria, un ex seminarista, ci porta all'interno della vita appartata del seminario, e sulle traversie che attraversa chi abbandona o viene scartato.

La formazione dei preti nella chiesa cattolica è un processo molto lungo, che può durare dai sette ai dieci anni, molti seminari richiedono che i giovani si formino per un periodo che varia dagli otto ai dieci anni prima di ammetterli nell'ordine del sacerdozio. In ogni caso la maggioranza delle persone, compresi alcuni devoti cattolici, non capiscono cosa succeda nei seminari, né sanno quali studi vi vengano intrapresi. Un buon numero di genitori i cui figli sono in seminario sanno a malapena a quale livello di studio siano, e addirittura non sanno quanto ci vorrà prima che vengano ordinati preti. John Murugi è uno di essi. Interrogato riguardo suo figlio, attualmente nel seminario Langata S. Tommaso d'Aquino di Nairobi, tutto ciò che ha saputo dire è che "se è stato Dio a chiamare mio figlio alla sua vocazione, Dio lo aiuterà a finire, al di là di quanto ci metterà per farlo."

Non vuole pronunciarsi su nessuna scadenza. Questo perché è consapevole, proprio come suo figlio, che non ci sono termini prestabiliti. Suo figlio potrebbe anche non essere mai ordinato al sacerdozio. Anche se Mirugi, come molti altri genitori di seminaristi, prega che ciò non avvenga, la realtà è che nella maggior parte dei seminari locali c'è un tasso di abbandono molto alto. Nessuno ne parla, anche la chiesa tace del tutto sulle traversie che questi giovani affrontano dopo l'abbandono, decisamente un trauma economico, psicologico, e soprattutto sociale.

La formazione in seminario comprende generalmente studi di flosofia e di teologia. Gli studi di filosofia possono durare due o tre anni, mentre gli studi di teologia durano quattro, o, nel caso di alcuni seminari, cinque anni. Tra i corsi di filosofia e di teologia, alcuni seminari possono aggiungere uno o due anni di noviziato. Nel corso del noviziato i giovani vengono istruiti sulla storia, il carattere e il carisma del loro particolare ordine religioso. Quindi per diventare prete in alcuni ordini religiosi e in alcune diocesi ci si può mettere un periodo variabile, da un minimo di cinque fino ai dieci anni. In alcuni casi particolari si può impiegare anche più tempo.

Se qualcuno abbandona il seminario dopo due anni è probabile che sia alla metà del corso di filosofia. Uscirà dopo avere preso parte a un corso di studi difficile, ma senza alcun certificato. Una persona del genere è Julius Wanyama. Ha abbandonato gli studi a ventidue anni. Per lui i due anni in seminario sono stati una perdita di tempo. Wanyama è comunque una persona molto fortunata. Se, per esempio, avesse abbandonato il seminario dopo cinque anni, si può presumere che a quel punto avrebbe appena finito il noviziato. L'unico certificato cui fare riferimento sarebbe stato probabilmente il suo diploma, o la sua laurea in filosofia. Alla ricerca di un lavoro, cinque anni dopo avere finito la scuola secondaria, difficilmente lo avrebbe trovato. Per avere un lavoro avrebbe dovuto seguire un corso di formazione professionale per il quale avrebbe impiegato due anni o più. Naturalmente avrebbe prima dovuto trovare i soldi per pagarlo. Purtroppo la maggior parte dei seminaristi provengono da ambienti poveri, quindi difficilmente si possono permettere un simile corso di formazione. Quindi la maggior parte di coloro che abbandonano il seminario non possono fare altro che continuare a essere proprio questo: gente che non ha concluso il seminario e i seminari locali hanno un tasso di abbandono elevato. Presso i missionari degli Apostoli di Gesù della classe finale del 1999 su ventotto persone nove hanno lasciato.

Non c'è da sorprendersi che alcuni di coloro che abbandonano si suicidino: a volte il trauma è di dimensioni schiaccianti. John Wasuke (uno pseudonimo) ha passato un intero decennio studiando e lavorando per quello che era arrivato a considerare il suo 'progetto di vita' - diventare prete. Ha passato tre anni a studiare filosofia, due anni nel noviziato e altri quattro studiando teologia. Dopo questi studi i suoi superiori lo hanno mandato un anno presso una parrocchia per intraprendere attività pastorali. E' stato dopo questo anno che i suoi superiori si sono resi conto che Wasuke non era adatto al sacerdozio. Wasuke è stato quindi mandato via. Non ha potuto sopportarlo. Aveva investito tali energie per diventare prete che non riusciva ad adattarsi a nessun nuovo 'progetto di vita'. Ha pensato che una corda era quello che ci voleva. E' stato così che si è impiccato. Questi casi sono più frequenti di quanto molte persone potrebbero credere. Infatti vengono fatti molti sforzi per tenerli nascosti.

Altri ex seminaristi si abbandonano alla disperazione e alla depressione, e finiscono per perdere il contatto con la realtà. Non è raro vedere degli ex seminaristi impegnati in attività anti sociali. Ci sono casi limite in cui alcuni impazziscono sul serio. Un caso simile è quello di Kamiru Joseph cui è stata diagnosticata una condizione maniaco depressiva. I dottori temono che possa diventare cronica. Sarebbe chiaramente un'esagerazione dire che tutti gli ex seminaristi si suicidano, o che rimangono vittime di disordini psichici. Per quanto possa essere alto il numero di casi del genere, la maggioranza di loro riescono a inserirsi nella società e ad adattarsi alla diversa situazione, sfruttando al meglio le proprie abilità.

Joshua Mwangi ad esempio, ha abbandonato il seminario nel corso del secondo anno di teologia, e questo è successo dopo averci passato sette anni. Inizialmente pensava che avrebbe trovato un lavoro e che si sarebbe facilmente integrato nella società. Aveva una laurea in filosofia, cosa che riteneva molto positiva. Dopo qualche mese alla ricerca di un lavoro, si è reso conto che aveva bisogno di una formazione professionale. Si è prontamente iscritto a un'università privata, dove ha passato tre anni finendo per conseguire un diploma in amministrazione imprenditoriale. Fortunatamente aveva dei fratelli più grandi che hanno potuto pagargli le tasse universitarie. Da allora ha un lavoro presso un'agenzia pubblicitaria di Nairobi. Anche se il suo salario è scarso, ne è comunque grato perché sa che le cose potrebbero andargli peggio.

I vescovi e i superiori religiosi sono consapevoli delle traversie che attraversano gli ex seminaristi. E infatti il Superiore Generale della prima congregazione missionaria africana, gli Apostoli di Gesù, ammette che c'è un giustificato timore di fallire nella vita quando si lascia il seminario. Ammette inoltre che l'allontanamento dai seminari locali non è sempre equo, e aggiunge che può essere causato in buona parte da incomprensioni tra il seminarista e il superiore. Ma frate Sylvester, come molti altri superiori, è convinto che il peso della reintegrazione nella società ricade sul singolo ex seminarista, e non sulla chiesa. In molte occasioni, e in particolare nel corso delle ordinazioni, l'arcivescovo Ndingi Mwana a'Nzeki di Nairobi ha giustamente messo l'accento sul bisogno di allontanare i seminaristi che non sono all'altezza. Anche se questo può essere vero, molti hanno l'impressione che la chiesa dovrebbe rivedere i suoi metodi per selezionare le persone giuste per il sacerdozio. In primo luogo la chiesa potrebbe utilizzare la risorsa diffusa e radicata delle piccole comunità cristiane nelle parrocchie per selezionare sin dal principio gli aspiranti più adeguati, e, in caso di fallimento, aiutare gli ex seminaristi a reintegrarsi sia dal punto di vista sociale che psicologico, e forse anche assistendoli, non necessariamente in senso economico, per trovare un'altra maniera di essere utili alla società. Una tale mossa sarebbe consona agli insegnamenti della chiesa sulla giustizia sociale e la pace.

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