BurundiColloqui di pace: il fattore Mandeladi Mary Kimani
I buoni motivi per essere ottimisti ci sono e sono ovvi; per usare le parole dell'ex presidente Sylvestre Ntibantuganya si tratta della "magia Mandela". Comunque si veda il fatto che la soluzione di una problematica tanto complessa possa ruotare intorno alla personalità di un solo individuo, si deve riconoscere che l'ex presidente Nelson Mandela ha avuto un impatto rilevante sulle Delegazioni del Burundi, nazione dove hutu e tutsi divisi da rivalità sanguinose cercano un accordo. Ntibantuganya ha detto ad Africanews che Mandela non ha messo i burundesi con le spalle al muro, ma a faccia a faccia con la verità. E' interessante osservare come Mandela si è mosso con i Delegati; da una parte l'anziano e venerato Presidente li ha rimproverati per la mancanza d'impegno e gli interessi egoistici, dall'altra ha costantemente riaffermato di credere in loro. L'ex presidente burundese ha anche aggiunto che ci sono stati momenti in cui i Delegati sono stati fortemente colpiti dalle parole di fuoco di Mandela; infatti, aver affermato senza mezzi termini la cruda verità può aver scioccato, ferito, ma ha prodotto al contempo risultati positivi, convincendo anche i più restii nella Delegazione burundese che Mandela in fondo aveva ragione, che bisognava guardare alla sostanza di ciò che diceva, la cui finalità ultima e sincera era quella di forzare i Delegati ad assumersi le proprie responsabilità. Alle Delegazioni Mandela ha anche fatto presente di aver capito che essi non sono favorevoli alla leadership collettiva ed al principio di lavoro di squadra in quanto ogni leader vuole avere l'ultima parola; aggiungendo anche che nessuna questione nazionale può essere risolta se si ragiona in termini di leadership individuale, senza considerare la gente comune che in Burundi vive in condizioni estremamente difficili. Inoltre Mandela si è spinto a dire ai Delegati che c'erano degli elementi critici che si aspettavano il loro fallimento, che gli avevano chiesto su che cosa mai si basasse il suo ottimismo riguardo una soluzione positiva dal momento che i Delegati a loro avviso avrebbero affrontato l'esame della bozza di proposta di pace come se tutti gli aspetti che la compongono fossero stati sollevati per la prima volta! Aveva anche aggiunto che costoro lo avevano avvertito che la ragione per cui avrebbero respinto le proposte in ogni caso, buone o cattive che fossero, risiedeva nel fatto che comunque non si sposavano coi loro interessi personali. Nonostante tutto questo Mandela affermava di rimanere ottimista e carico di speranza, credendo fermamente di essere estremamente vicino ad un importante passo avanti. C'erano invero buoni motivi di ottimismo soprattutto perché dal momento in cui Mandela aveva preso in mano le redini della trattativa aveva affrontato con determinazione due argomenti chiave che sembravano essere preclusivi dell'accordo di pace. Dopo aver parlato ai leader dei due gruppi ribelli: Cossan Kabura a capo delle Forces for National Liberation (F.N.L) e Jean Bosco Ndayikengurukiye a capo delle Forces for the Defence of Democracy (F.D.D.), costoro hanno espresso la loro volontà di partecipare ai colloqui di pace. Ci si aspettava che ci sarebbe stata una forte opposizione al coinvolgimento dei ribelli specificatamente da parte del Palipehutu e del CNDD dai quali si erano staccati l'FNL e l'FDD. Il CNDD precedentemente aveva minacciato di abbandonare i colloqui se avesse partecipato l'FDD. Ancora una volta la personalità di Mandela sembra aver prevalso su queste rigide posizioni. Egli affermò infatti di aver invitato i leader ribelli a partecipare a queste discussioni, convinto che nessuno nelle Delegazioni, desideroso della pace, potesse obiettare alla loro presenza. Leonard Nyangoma, il leader del CNDD, aveva detto infatti che loro non avevano alcun problema con questa partecipazione e quando gli era stato chiesto un parere riguardo la loro precedente posizione, cioè che l'FDD dovesse partecipare come un'organizzazione separata, la sua risposta era stata semplice: "Abbiamo fiducia in Mandela, egli saprà come affrontare la questione". E' interessante notare che nel corso dell'ultima sessione plenaria dei colloqui, Mandela aveva lodato la leadership dei ribelli, ma anche contrastato il loro comportamento con i Delegati presenti alla Conferenza dicendo: "Essi sono venuti da me ponendo difficili condizioni per tutti salvo che per loro e gli ho detto che questo non era la maniera di comportarsi da parte di leader che vogliono l'unità e la pace e gli ho chiesto di ritirare le condizioni. Non mi hanno opposto la rigidità, la cocciutaggine e l'egoismo che vedo presentarsi qui". Il portavoce dell'FDD, Ndiho, ha aggiunto che ci sono due condizioni per il governo, la prima che vengano smantellati i campi di concentramento di stile nazista dove 200.000 persone vivono senza cibo, riparo e medicine, la seconda che riguarda la libertà per i prigionieri politici. Ndiho inoltre ha riferito che Mandela ha promesso che farà del suo meglio per assicurarsi che i campi di concentramento vengano chiusi e che i prigionieri vengano liberati. Queste sono le condizioni che intende far rispettare dal Maggiore Buyoya e dal suo governo militare. Comunque ci potrebbe essere un ostacolo all'intero processo consistente nel fatto che mentre gli altri gruppi hanno partecipato a riunioni nel corso del tempo adattandosi a dei compromessi, i ribelli arriveranno freschi e potrebbero avere posizioni rigide. Per esempio Ndiho ha affermato che l'FDD vorrebbe il ripristino della costituzione del 1992 che venne istituita tramite un referendum, in quanto questo è stato il solo governo legittimo eletto per decisione del popolo. "Speriamo di avere al più presto la bozza di compromesso per studiarla riga per riga e verificare se è conforme alla Costituzione del 1992. Se fosse diversa da ciò che il popolo aveva deciso fosse giusto, la respingeremo", ha affermato il portavoce. Ora tutto è nelle mani e nel carisma di Nelson Mandela.
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