Il ventisettesimo numero di Africanews in lingua italiana affronta alcuni temi economici africani. Non si tratta naturalmente della sconcertante "new economy" e neppure della economia informale o popolare, quella dei mercatini, che nell'Africa subsahariana fa sopravvivere almeno il 90 per cento dei suoi abitanti. Gli articoli descrivono situazioni economiche che nascono, come l'industria petrolifera in Guinea equatoriale o che tramontano come quella mineraria in Sud Africa, ma in entrambi i casi la popolazione subisce i danni dove ci sono e non partecipa ai vantaggi quando questi esistono.
La Guinea equatoriale, ex colonia spagnola grande come la Lombardia, ma con poco più di mezzo milione di abitanti, s'è scoperta ricca di petrolio: una produzione che ha toccato sinora i 100.000 barili al giorno. Ciò significa anche un introito di 1000 miliardi di lire. Purtroppo i proventi dell'oro nero vanno a riempire i forzieri privati e lo Stato, secondo il ministro delle risorse minerarie, ne riceve modesti benefici. In ogni caso nessuna popolazione africana ha visto migliorare il proprio tenore di vita grazie al petrolio, o diamanti o cobalto, estratti dalla sua terra. Anzi ,sovente la gente deve abbandonare certe zone per fare spazio alle infrastrutture necessarie allo sfruttamento minerario.
Se la Guinea equatoriale si vede baciata dal dono di nuove scoperte minerali, il Sud Africa guarda con nostalgia al passato. Il colosso economico del continente che sino ad una decina di anni fa, ricavava dall'estrazione dell'oro il 50% delle entrate valutarie, ora vede il mercato penalizzare il prezzo del prezioso metallo e le prospettive di estrazioni ridursi drasticamente. Da oltre un secolo questa terra ha dato oro e ricchezza alle imprese possedute dai bianchi, adesso che la vena si è impoverita i capitali partono per acquistare fuori dal Sud Africa giacimenti minerali più fruttuosi. La conseguenza logica e spietata è una riduzione impressionante dei lavoratori del settore. E la flessibilità in Africa è una parola quasi sconosciuta: se perdi il lavoro o hai un pezzetto di terra da coltivare o devi sperare che qualcun altro porti a casa uno stipendio. La fame è sempre in agguato.
Dalla Zambia niente di nuovo, si potrebbe dire. E cioè i commercianti locali sono insorti contro l'invasione di colleghi stranieri, soprattutto orientali con i cinesi in testa. E' una sorta di globalizzazione tra i poveri che però scardina il tessuto sociale più importante in Africa: il piccolo commercio. In moltissimi paesi del continente gli asiatici hanno praticamente in mano ogni forma di compravendita e non sono ben visti dalla popolazione locale. In Zambia si può quindi capire come questo afflusso venga considerato peggio di una invasione di cavallette.
Il problema del lago Tanganika è di natura ecologica, ma direttamente collegato con l'economia. Questa massa d'acqua, grande quasi dieci volte il lago di Garda, serve ben cinque stati nazionali e il suo sfruttamento è davvero enorme. Per fortuna certi problemi vengono ora affrontati con sufficiente tempestività e così sono stati elaborati programmi che tendono alla educazione ambientale di certi strati della popolazione.
Nell'articolo conclusivo si parla del carisma di Nelson Mandela, che nessuno metteva in dubbio, ma che ancora una volta sta dimostrando la sua validità in Burundi dove gli hutu (85% della popolazione) cercano un posto al sole e una pace duratura con la minoranza tutsi che da secoli li domina. Forse ora Mandela riuscirà a riequlibrare una situazione assurda sotto ogni profilo.
Africanews staff