KenyaDonne imprenditrici ma che fatica!Di Mary Mukandia
Josephine Karimi, in affari da tredici anni, può rilassarsi e sorridere deliziosamente mentre racconta con vivacità le difficoltà della vita che è stata in grado di superare. Josephine racconta di essersi ripromessa solennemente di buttarsi anima e corpo ad affrontare il futuro riponendo tutta la fiducia nella propria miglior conoscenza e capacità di fare affari, sfidando tutti i pregiudizi culturali africani che pretendono che la donna rimanga in cucina. Josephine è una dei milioni di donne africane che a causa di problemi economici famigliari non vanno oltre le elementari. "Avevo buoni voti in settima classe ed ero stata ammessa alle medie, ma il destino ha voluto - ricorda Josephine con tono contrito - che da quel momento non mettessi più piede in una classe." La maggioranza, e di questa fa parte il padre di Josephine, sostiene che non sia il caso di portare avanti negli studi neanche le ragazzine più promettenti in quanto le ragazze prima o poi si sposano, mettono su famiglia e non è il caso che perdano tempo con la scuola per poi finire a restare a casa a fare le mamme. Josephine si prese a cuore la vita matrimoniale, mantenendo la mente lucida però, come spiega, dicendo: "Non avevo nessuna intenzione di finire come tutte quelle che abbandonano la scuola, indifesa, schiacciata da una miseranda condizione economica; mio marito faceva il facchino al mercato centrale di Nairobi, non guadagnando neanche abbastanza per garantirci i due pasti quotidiani, ma nonostante tutto sono riuscita a mettere da parte un gruzzoletto con l'intenzione di avviare un piccolo commercio". In un anno Josephine aveva raggiunto il suo obiettivo di mettere da parte mille scellini, ovverosia quattordici dollari americani, con i quali cominciare a fare la venditrice ambulante di pomodori sui marciapiedi della città. Il piccolo commercio mano a mano si ingrandiva, allargandosi alle granaglie, dai fagioli al riso, mentre il marito, Frederick Kathurima, decideva di lasciare il suo precario lavoro di facchino per dare una mano alla moglie a mandare avanti quella che ormai era divenuta una piccola impresa famigliare." Il più delle volte io sono quella che si occupa della vera e propria vendita al minuto mentre "il capo" va in giro alla caccia della merce da acquistare", dice Josephine, che passa in media undici ore al giorno al suo posto al mercato, aggiungendo che non si tratta certamente di una vita facile dal momento che, contemporaneamente, deve prendersi cura di una giovane famiglia con quattro figlie femmine ed un maschio. "I bambini hanno le loro naturali esigenze di attenzione e assistenza da parte della madre, ma ho trovato in qualche modo una soluzione."Dice Josephine aggiungendo che, nonostante abbia conquistato l'indipendenza economica, di questi tempi resta ben poco da portare a casa alla fine di una dura giornata di lavoro, in confronto agli anni passati. "I bisogni sono gli stessi" dice "ma il potere d'acquisto è ridotto ai minimi termini. La nostra prima figlia che ha tredici anni come la nostra piccola impresa famigliare, frequenta la seconda media, mentre l'ultimo, il maschio, ha cinque anni e fa l'asilo vicino al lavoro, dove badano a lui fino alle tre del pomeriggio quando chiudono e lo vado a prendere." Kathurima è riconoscente alla moglie per aver introdotto in famiglia, lei di soli diciassettenne anni, l'idea del commercio, dicendo "Non avrei mai pensato di lasciare il mio lavoro di facchino se non fosse stato per mia industriosa moglie, Josephine. "Le cose andavano meglio una decina d'anni fa quando acquistai questo stand di una cinquantina di metri quadri per tremila scellini, nel 1989", dice Josephine. Lei è comunque dell'idea che le donne debbano essere adeguatamente sostenute nei loro sforzi diretti ad avviare piccole iniziative generatrici di reddito, considerando l'attuale generale pesantezza economica in Africa. I Kathurima sono fieri proprietari dello stand dove vendono le loro merci al minuto. Il valore del loro magazzino si aggira sui cento cinquantamila scellini, (circa quattro milioni e mezzo di lire italiane), ma coloro che si avventurano oggi in questo mondo del piccolo commercio non sono altrettanto fortunati come lo fu Josephine a suo tempo in quanto lo stesso stand costa oggi sui settantamila scellini, (circa due milioni di lire). Sebbene vada detto che ciò non significa che Josephine abbia ricevuto allora il suo stand su di un piatto d'argento, in quanto, un migliaio di scellini a quei tempi era una cifra assolutamente di tutto rispetto. L'unico grosso problema che Josephine ha incontrato nello sviluppo del suo lavoro commerciale per guadagnarsi onestamente da vivere è stato la mancanza di un magazzino adeguato per le sue merci. Spiega che l'assunzione di un guardiano, detto maasai, da parte degli associati del mercato di Gikomba non è bastata ad evitare il furto delle merci e che a volte, arrivando al mattino, si trova il deposito completamente ripulito, mentre i più fortunati trovano ancora qualcosa lasciato dai ladri che di notte hanno portato via quasi tutto! I sacchi sono pesanti ed ingombranti da portar via ogni sera, spiega Josephine, e per coloro che non dispongono di altre soluzioni d'immagazzinaggio non resta che lasciar lì tutto, coprendo le merci con una tenda, a proprio rischio e pericolo. Lo stesso problema affligge anche Faith Nyambura, una collega di Josephine, le cui merci, nonostante non siano tanto ingombranti quanto quelle della vicina, sono di natura molto delicata; essa tratta, infatti, vestiario e stoffa per indumenti di donne e bambini. Il deposito notturno costa 40 scellini, mezzo dollaro, e la Nyambura impiega stabilmente un facchino per gli spostamenti quotidiani della merce, al mattino e alla sera. Oltre ad aver conseguito nel 1995 la licenza superiore, la Nyambura era stata così fortunata da trovare un posto nel college dell'università locale, ma, racconta che, dopo non aver combinato niente per due anni, le era venuta una gran voglia di buttarsi negli affari, pur non disponendo del pur minimo capitale per cominciare. Dopo molte insistenze, ottenne dal padre di essere messa alla prova per due mesi avendo a disposizione un capitale di novantamila scellini, (circa due milioni e mezzo di lire), perfettamente consapevole che se le fosse andata male non avrebbe più potuto godere d'alcun aiuto ulteriore dai genitori. A venticinque anni la Nyambura se la cava molto meglio della maggior parte delle sue ex compagne di scuola. È già riuscita a restituire 48.000 scellini al titolare "ombra" dell'attività col quale si era accordata sulla base di 68.000 scellini complessivi pagabili a rate. La chiave del suo successo commerciale è stata l'adesione ad una sorta di "confraternita di commercianti" presente nell'incontrollato mercato di Gikomba. Questo circolo comprende ventiquattro membri sostenitori. La Nyambura, però si lamenta pesantemente delle pratiche commerciali scorrette di alcuni colleghi della stessa confraternita ma di essere soddisfatta del profitto che ricava in quanto la mette in condizione di pagare tutte le spese necessarie limitandosi ad attingere al fondo per altre piccole spese. Si lamenta però delle limitate possibilità d'accesso al credito, dovute alla pletora di regole e adempimenti che impediscono del tutto ai piccoli imprenditori di avere accesso ai servizi delle banche erogatrici di prestiti. La massima aspirazione della Nyambura è quella di diventare una grossista mentre per quanto riguarda il matrimonio ha le idee chiare sul tipo di uomo che vorrebbe per se. Costui dovrebbe amare e rispettare il lavoro che lei fa nella vita ed avere la volontà di associarvisi per sempre. La Nyambura pranza sul luogo di lavoro in quanto è da sola e non può abbandonarlo. Infine afferma che se non fosse per il costo eccessivo che comporta, si prenderebbe un'aiutante, perché il lavoro la affatica talmente che a volte si domanda dove l'indomani troverà l'energia per continuare. Le donne sono assolutamente in grado di cambiare la condizione di una famiglia e addirittura dell'intera società, sempre che vengano garantite loro le condizioni per farlo. Questo è il punto che chiaramente emerge dai risultati delle indagini socioeconomiche.
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