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Versione italiana

N.29 - Settembre 2000

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Africa

Quando la chiesa è "estranea"

Di Cathy Majtenyi

La Chiesa Africana e quelle straniere devono dialogare su di una base di parità se vogliono che la loro missione sia efficace e ricca di contenuti.

Al momento, i missionari stranieri sono quelli che detengono il potere nelle relazioni con la Chiesa Africana, dice Musimbi Kanyoro, teologa keniota e segretaria generale del YWCA, l'Associazione Mondiale Cristiana della Gioventù Femminile. Questo stato di squilibrio produce un dialogo fra ineguali; in effetti tale condizione di mancanza di parità si può imputare a molti fattori, fra i quali per esempio il fatto che i missionari stranieri costituiscono una ricca fonte di risorse economiche e che il dialogo fra loro e la Chiesa Africana tende a focalizzarsi sulla soluzione spicciola dei problemi, piuttosto che sulla promozione di un rapporto, di una relazione o, meglio ancora, sull'elaborazione di un processo di integrazione. C'è anche un altro aspetto da prendere in considerazione ed è il fatto che i missionari stranieri non si considerano parte integrante della Chiesa Africana.

La Kanyoro aggiunge che la Chiesa straniera e quella Africana vivono nello stesso mondo gli stessi problemi e fanno parte entrambi della stessa missione. Gli Africani sono missionari come lo sono gli stranieri. Aggiunge poi che da bravi partners gli stranieri devono accettare alcune debolezze degli Africani: per esempio la difficoltà di comprensione che a volte c'è fra di loro, oppure le priorità ed i principi peculiari a cui si informano, senza arrivare alla conclusione che la Chiesa Africana sia l'unica vulnerabile per le sue debolezze.

Quello della Kanyoro è stato uno degli intervenuti alla conferenza World Mission Institute 2000, concentratosi sul tema: "Quale speranza per la gente?" Un'occasione per un punto sulla missione tenutasi a Chicago. Teologi missionari dall'Africa, Asia, e Nord e Sud America hanno criticato la teologia missionaria cristiana e la relativa pratica nel passato e nel presente, proponendo alternative per il futuro. La conferenza è stata organizzata dal Centro di Chicago per il Ministero Globale, costituito da gruppi missionari Cattolici, Luterani e Presbiteriani, nonchè dai Padri e Fratelli Maryknoll.

Ancora, la Kanyoro, che lavora a Ginevra, ha posto l'accento sul fatto che la Chiesa dovrebbe incoraggiare ed aiutare a crescere le forze, le speranze e la fede che già esistono localmente. Ella, infatti, oltre ad essere responsabile dell'YWCA, è membro fondatore e coordinatrice del circolo delle donne teologhe impegnate africane, un'organizzazione inter-chiese di 400 membri nell'ambito della quale piccoli gruppi di teologhe si incontrano in vari paesi africani, si sostengono, pubblicano interventi e svolgono altre attività.

Durante l'evento la coordinatrice del circolo ha riportato l'esempio della donna incinta che in Mozambico durante le recenti alluvioni si è arrampicata su un albero e vi è rimasta per cinque giorni dando alla luce un bambino sull'albero stesso, non avendo altra scelta. Commentando che non c'è un simbolo di speranza migliore per l'Africa di questa storia che dimostra che la vita continua, malgrado le difficoltà. Ed infine aggiungendo, significativamente, che non è solo la povertà che dovrebbe connotare e caratterizzare i popoli africani.

Sempre la Kanyoro afferma che la Chiesa deve saper combinare il suo impegno nell'affermazione della giustizia sociale con la promozione dei valori del Vangelo che trasformano la gente dall'interno e che andando oltre l'esteriorità penetrano nell'essenza dei sentimenti umani. Per rendere possibile questa trasformazione la missione più grande della Chiesa deve consistere nel creare al suo interno un luogo sicuro d'incontro per la gente, dove questa si possa parlare, scambiandosi opinioni sul modo di pensare e di comportarsi. Il dialogo e il messaggio di salvezza della Chiesa devono essere ben radicati nel consesso umano, per non correre il rischio di apparire falsi alla gente che li ascolta.

Josè de Mesa, un altro partecipante e teologo cattolico proveniente dalle Filippine, ha posto l'accento sul fatto che bisogna presentare il Vangelo in modo tale che la gente lo possa capire. Egli ha sottolineato che a parer suo il Cristianesimo è stato trasferito in Asia senza esservi trapiantato, insieme con una visione occidentale di Gesù Cristo, imposta con poco riguardo della cultura locale. Aggiungendo che quando la gente si appropria del significato e dell'attualità di Gesù e li esprime nel proprio modo, la figura di Gesù prende corpo reale e profondo fra la gente stessa. Il teologo libertario Josè Comblin ha affermato infine che molte volte il Vangelo si perde nei meandri delle complessità strutturali e politiche della Chiesa, alienandosi i poveri, come è avvenuto in America Latina, concludendo che la Chiesa dovrebbe ritornare alla sua origine, improntata alla cura e liberazione dei poveri e degli oppressi.

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