Il ventinovesimo numero di Africanews in lingua italiana si apre con un articolo sulle contraddizioni, le lacerazioni, le divergenze che tormentano il Sud Africa. Questa nazione è diventata il simbolo del Continente sia grazie alla figura carismatica di Nelson Mandela, sia per la civilissima composizione del conflitto fra bianchi e neri nel dopo-apartheid. Bisogna inoltre tenere presente che il Sud Africa è, con la Nigeria, il più forte colosso economico africano. Ed è qui che cominciano i guai. Nella produzione industriale, tecnologicamente avanzatissima, figurano armi, di ogni tipo, adatte per ogni nazione e per ogni tasca. Quindi, a parte l'intollerabile funzione di riempire il mondo di armi, c'è il fatto che questi aggeggi di morte finiscono a paesi come Cina o Arabia Saudita dove i diritti civili sono spesso calpestati.
Un'altra situazione intricata e spinosa è costituita dai rapporti fra la Chiesa africana e quelle straniere. Attualmente sono queste ultime, attraverso i missionari, a detenere il potere e ciò genera uno squilibrio, un dialogo fra ineguali. Tutto dipende naturalmente dal denaro, dalle risorse economiche di cui i missionari dispongono. Così i rapporti fra le due parti di un solo corpo, la Chiesa, sovente si riducono sulla soluzione pratica dei problemi piuttosto che sulla promozione di rapporti o sull'elaborazione di una profonda integrazione. Accade quindi che il clero africano diventi la controparte debole, con le lacune che ciò comporta, mentre i missionari stranieri interpretano tali debolezze come un dato ineliminabile, come un fossato che separa persone in realtà affratellate dalla stessa fede.
Un interessante articolo proviene dalla Zambia e riguarda il problema delle dighe. Quando leggiamo che una nuova diga viene costruita in terre aride, ci si apre il cuore pensando al sollievo che questa riserva d'acqua porterà alle popolazioni. Invece non è tutt'oro quello che luccica, come diceva un vecchio proverbio. Sono state così costituite delle commissioni formate da tecnici internazionali per valutare il rapporto costi-benefici a lungo termine, per approntare eventuali rimedi ai danni provocati sia alle popolazioni allontanate dai luoghi dove è sorto il bacino della diga sia all'ambiente con le migrazioni forzate degli animali. Si è scelto così la diga di Kariba nata nel 1959 con il contributo tecnico italiano. Questo sbarramento raccoglie le acque dello Zambesi, il fiume che unisce l'Oceano Atlantico a quello Indiano lungo 2650 chilometri e nel suo bacino comprende otto nazioni. L'acqua, è già stato detto molte volte, diventerà un bene preziosissimo entro pochi anni: sarà il "petrolio" del 2000, quindi è utile e necessario studiare come viene amministrata. Nel mondo esistono ben 200 fiumi i cui bacini abbracciano diverse nazioni.
Non puoi affidare funzioni importanti a un estraneo senza correre il rischio che diventi padrone in casa tua. Se ne sono accorti in Ghana dove liberalizzazione e privatizzazioni hanno permesso a molti stranieri, soprattutto orientali, di guidare l'economia del paese. Sono bastati però un paio di episodi di razzismo, di stupida violenza, per risvegliare un orgoglio nazionale che si era assopito nei bilanci aziendali elaborati dallo straniero. Gli insulti di un dirigente malese al proprio autista ghanese diventano così un'offesa a tutta la nazione con ciò che ne consegue. E così tra acquiescienze forzate e rivolte velleitarie prosegue il penoso cammino dell'Africa, la culla dell'umanità, a cui abbiamo tolto uomini, ricchezze ma soprattuto la capacità di credere in se stessa.
Africanews staff