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Versione italiana

N.2 - Aprile 1998

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Kenya

Perché la religione non diventi una farsa

di Renato Kizito Sesana

I continui "scontri tribali" hanno provocato forti reazioni in Kenya. Alcuni tendono a accettarli come parte integrante del modo di vita del Kenya. Altri pensano addirittura che gli esseri umani siano irrimediabilmente cattivi e che sia inutile parlare di fraternità, giustizia, pace. Il nostro collaboratore non vuole rinunciare.

In Kenya l'orrore degli "scontri tribali" - come stranamente vengono ancora chiamati, quando tutti sanno che si tratta di scontri politici - è tornato. Persone che vogliono soltanto lavorare, prendersi cura dei propri bambini e mandarli a scuola, vengono sottoposte a crudeltà e uccise perché sospettate di fare parte degli "altri". Negli ultimi giorni, il grido di allarme della popolazione, degli attivisti dei diritti umani, delle chiese e della comunità internazionale ha causato una sospensione in questa guerra non dichiarata. Per quanto?

Di fronte agli scontri, siamo stati testimoni di ogni genere di reazioni, dalle manifestazioni ai sermoni infiammati. C'è un pessimismo crescente. La gente sente di essere alla mercè di poteri che non controlla. Il saggio di Waithaka Waihenya (apparso sul Sunday Standard), coglieva bene questo stato d'animo. Dopo un lungo confronto tra la natura umana e quella animale, con argomentazioni a vantaggio della prima, l'autore conclude: "Gli uomini di chiesa parlano per ore della fraternità tra gli uomini. Ma atti di crudeltà come quelli di cui siamo testimoni rendono la religione una farsa. Ne ho abbastanza della fraternità tra gli uomni." Il pezzo ha per titolo questa stessa ultima frase drastica; "Ne ho abbastanza della fraternità tra gli uomini".

Innanzitutto sono stato turbato perché concordo con alcune delle sue considerazioni, che io avrei posto in termini anche più forti. L'autore è sconvolto dalla violenza e dalla sofferenza inflitta agli abitanti innocenti della Rift Valley, e a ragione. Eppure il nostro secolo è stato testimone di odio e di violenza su scala molto maggiore. Possiamo ricordare le atrocità belghe contro la popolazione del Congo; la rivoluzione comunista in Russia che, secondo stime approssimative, nei circa settanta anni del suo corso ha eliminato intorno a ottanta milioni di vite, poi il Nazismo e l'olocausto che ha visto l'uccisione nei campi di concentramento di sei milioni di Ebrei. Più tardi ci sono stati episodi "minori", come la Seconda Guerra Mondiale e il lancio delle bombe atomiche, la guerra del Vietnam, il conflitto civile in Sudan, il regime Mengistu in Etiopia, il terrorismo irlandese, i conflitti tribali in Rwanda e Burundi, l'orrore bosniaco, il genocidio Rwandese, tanto per nominare le prime cose che vengono in mente, dato che per una lista esauriente degli orrori di questo secolo non ci sarebbe abbastanza posto. Il male presente al mondo è molto maggiore degli scontri politicamente istigati della Rift Valley.

Inoltre non ho difficoltà a ammettere che - almeno in alcuni casi - parlare in maniera superficiale della fraternità tra gli uomini, come piace fare a molti uomini di chiesa, non risolve il problema. Al contrario, è proprio questo modo di parlare, e non gli stessi atti di violenza, che rendono la religione una farsa. Sulle labbra di alcuni uomini di chiesa che sono ben vestiti, ben nutriti, che hanno una voce melliflua e la faccia permanentemente modellata su un sorriso vacuo, le parole di fraternità e di consolazione per le vittime degli scontri hanno il suono della blasfema. Soprattutto se giungono sulla scena del disastro portati in una macchina che tutti sanno essere stata un "regalo" di qualche "grande uomo" locale.

In situazioni di autentica sofferenza, dovrebbero parlare soltanto coloro che hanno l'autorità morale per farlo. E questa autorità è radicata nella partecipazione, almeno parziale, alla sofferenza delle persone. Altrimenti, un dignitoso silenzio di preghiera è una scelta migliore e più saggia.

Siamo peggio degli animali

Eppure, penso che non possiamo accettare la sconfitta e dire che, visto che "loro" hanno reso la fraternità tra gli uomini una farsa, "io ne ho abbastanza". Questo è il motivo per cui vorrei esporre almeno qualche considerazione, se non la risposta articolata a tutti i problemi filosofici e teologici che implicano l'esistenza di incendiari, assassini e saccheggiatori nella Rift Valley.

Sì, siamo peggiori degli animali perché noi siamo liberi. Gli animali non fanno nulla che sia moralmente sbagliato, poiché agiscono di istinto. Ma noi abbiamo questo terribile dono della libertà e dell'intelligenza, e quando scegliamo di fare il male inevitabilmente superiamo gli animali.

Nella vita umana, c'è una presenza massiccia di male. Ma questa non è l'intera realtà. Ci sono anche bontà, dedizione e servizio, fino al punto del sacrificio per il bene degli altri. Anche negli abissi di una situazione infernale come quella dei campi di concentramento nazisti, c'era un Maximilian Kolbe che scelse di parlare di perdono e che offrì la sua vita in cambio di un'altra vita.

Nel 1994 in Rwanda, ci sono state persone che sono morte per aiutare quelli del gruppo etnico avversario. Sono sicuro che anche nella Rift Valley, se i giornalisti facessero il loro mestiere fino in fondo, scoprirebbero che in mezzo all'orrore c'erano persone che compivano azioni di compassione e di amore per il prossimo. Dopo avere raccolto i fatti, ci dovrebbero anche essere un'analisi e un'interpretazione, e scopriremmo che ci sono alcuni che sono vittime innocenti, altri che difendono i loro diritti, e altri ancora che hanno fatto ricorso a violenze immorali e contrarie alla legge con lo scopo di dominare la maggioranza. Non possiamo guardare a un quadro parziale e trarre conclusioni categoriche, perché le conclusioni sarebbero parziali.

La fratellanza è una conquista quotidiana

Gli esseri umani non sono assolutamente cattivi o assolutamente buoni. Sono una miscela. E la fratellanza non è una realtà data, è una conquista quotidiana. Meglio, possiamo dire che per comprenderla a fondo, come per molte altre realtà - per esempio la salvezza - dobbiamo introdurre l'idea di progresso, del "già ma non ancora". Possiamo dire che siamo già salvi, perché Gesù ha creato le condizioni della nostra salvezza, ma io non sono ancora salvo, perché devo personalmente entrare e crescere nel processo di salvezza. Allo stesso modo, sono già fratello di tutti gli uomini e le donne di questo mondo, perché Gesù ha distrutto radicalmente ogni tipo di divisione, ma devo personalmente fare la scelta di fare crescere in me lo spirito della fratellanza.

Così "fratello' è un termine ambiguo. Nella Bibbia leggiamo che proprio all'inizio dell'umanità, Caino uccise suo fratello Abele. Da allora c'è stata un'ombra di sospetto in ogni relazione. Sappiamo che il tradimento e l'odio sono scelte possibili, per me come pure per gli altri nei miei confronti. Come cristiano, la mia scelta deve essere quella di superare questo nucleo di male muovendomi coscientemente verso una nuova relazione con gli altri, una nuova relazione rivestita di fiducia, di confidenza e, alla fine, di amore.

Nella Bibbia, la visione del Banchetto Celeste, la Gerusalemme Celeste, dove tutte le lacrime saranno asciugate, dove non ci sarà la morte, non ci saranno il lutto, la tristezza o il dolore, dove Dio costruirà la sua casa tra la sua gente, rappresenta il sogno di Dio per noi, la visione che Lui vuole che rendiamo realtà. Non è, come verifichiamo ogni giorno, e come sottolineano gli scontri, un fatto già realizzato nelle nostre vite. Questo è il motivo per cui la vita cristiana non dovrebbe essere la riserva di dolci uomini di chiesa sorridenti, ma cosa di uomini e donne che non hanno paura di affrontare le difficoltà e i drammi della vita reale, e alzarsi di fronte al male. Come Gesù.

Bene, ho fatto la mia piccola predica, e, indubbiamente, qualcuno metterà in dubbio la mia autorità morale per farlo. L'autorità morale deriva dalla condotta di tutta la propria vita, e è una qualità rara. Ho preso parte a innumerevoli laboratori sulla pace e la riconciliazione, eppure ho sentito la presenza dell'autorità morale soltanto in casi eccezionali.

Ho cercato l'opinione di un missionario che io considero essere un'autorità morale. Ha servito per più di venti anni in Sudan. Le ha viste tutte: guerra civile, uccisioni tribali, odio religioso - purtroppo, esiste un odio che ha una connotazione"religiosa"! Ha cullato tra le mani e pianto sui cadaveri di bambini con la gola tagliata. Ha ascoltato la mia domanda, si è accarezzato la barba bianca, e guardandomi con occhi desti e chiari come quelli di un bambino, ha detto: "Coloro che credono nell'amore e nella fratellanza tengono il mondo in vita. Se non crediamo nell'amore, il mondo morirà."

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