Il tesoro nascosto del Sudanrecensito da Padre Kizito
Il Sudan è diventato sinonimo di guerra e ciò non sorprende dal momento che è stato inghiottito nella più lunga guerra civile africana, mondiale, molto probabilmente. Sull'onda della guerra sono diventate endemiche altre calamità per cui la semplice menzione del nome Sudan evoca di questi giorni immagini di tribalismo, povertà, arretratezza, come pure di fanatismo religioso, schiavitù e carestia. Seguire le vicende della guerra sudanese ed interpretarle è diventato un compito da specialisti, la gente della strada non può capire ormai più che cosa sta succedendo. La gente si chiede:" Ho sentito alla radio che Riek Machar ha conquistato una città, ma da quale parte sta adesso?", oppure, "Tutto questo parlare che si fa della schiavitù è propaganda cristiana contro i musulmani oppure esiste davvero?" La gente ascolta attentamente, ma la volta dopo è di nuovo confusa e non sa più bene chi è chi o fa che cosa.... e, mentre aspetta un'altra risposta, assume un'espressione rattristita, aspettandosi solo cattive notizie. C'è un nuovo libro in libreria a Nairobi che contraddice questa immagine negativa del Sudan. È affascinante da leggere ed aiuta a capire i problemi del Paese in una prospettiva storica; riguarda la storia della chiesa in Sudan, ma tocca tutti gli aspetti della vita sudanese e dopo averlo letto si ha la sensazione che quella attuale sia soltanto una fase negativa della vita della nazione e della sua Chiesa, che sono dotati di una straordinaria forza interna. Andrew Wheeler, uno dei tre coautori, dice che l'idea di scrivere questo libro gli è venuta circa cinque anni fa ad un seminario a Limuru dove studiosi e pastori interessati al Sudan erano stati invitati da lui e da William Anderson per scambiarsi delle opinioni. All'incontro parteciparono trentacinque persone, molte delle quali pagarono di tasca propria per venire da diverse parti del mondo. Ebbero luogo diverse presentazioni interessanti, mentre Wheeler a Anderson si resero conto che era disponibile una miniera di materiale, idee e ricerca storica. Con la collaborazione di diversa gente, ricevettero infatti grande supporto dai missionari comboniani e dai Padri di Mill Hill, si misero al lavoro a qualcosa che fin dall'inizio si caratterizzava come un'opera ecumenica. Una delle tragiche conseguenze della guerra è che la gente sudanese non ha più tempo per tramandarsi la tradizione orale, presa com'è dalla sopravvivenza, giorno per giorno. Le comunità sono state sgretolate, sono scomparsi villaggi e città, perfino le Chiese, generalmente in grado di preservare la memoria storica, vivono in una sorta di amnesia permanente. Sono vive e funzionanti, ma spesso hanno un'idea imprecisa delle proprie radici, da dove vengono e come si sono formate. Gli autori di "Giorno della distruzione, giorno della gioia" sono stati in grado di tracciarne la storia e di dimostrarne la continuità. Il libro è un resoconto completo che spazia dall'antica Nubia o dall'ottavo capitolo degli Atti e la conversione del Sudanese fino ai giorni nostri. È una rassegna e non uno studio in profondità, ma pur sempre una rassegna lunga 2000 anni. In Sudan, dove ai cristiani viene costantemente detto che sono frutto d'importazione dall'occidente, che sono nuovi arrivati, mentre l'Islam è la vera religione del Paese, affermare che la cristianità ha una storia che copre circa duemila anni, è davvero una fortissima dichiarazione politica. La prima parte del libro che riguarda la conversione dei nubiani è particolarmente interessante: riporta alla luce ciò che quei primi cristiani sudanesi credevano, vivevano e sentivano. Per coloro che conoscono l'arida zona, prevalentemente musulmana, dell'attuale Dongola è emozionante leggere che in quell'area un nubiano di nome Abramo "il prete più umile", trasformando un tempio pagano in una Chiesa nel 559, concludeva l'iscrizione con le seguenti parole:" Chiunque legga questo scritto possa essere tanto caritatevole da dedicarmi una preghiera". Il libro è ecumenico e racconta la storia di tutta la gente di Dio del Sudan. Per gli autori è una questione di principio e di teologia che la storia della cristianità debba essere raccontata nella sua totalità. L'Arcivescovo Zubeir Wako di Khartoum, nella sua premessa, sottolinea questo aspetto dicendo che il libro offre un panorama di tutti coloro e di tutto ciò che ha contribuito a diffondere la cristianità nel Sudan. Finora sono stati utilizzati i cattolici per studiare la storia della chiesa cattolica in Sudan, i protestanti e gli evangelisti per studiare la loro. Ora ogni Chiesa può sinceramente e tranquillamente affermare di essere studiata ed essere presente in quest'opera insieme alle altre. Gli autori, infatti, offrono un nuovo approccio allo studio della storia della Chiesa. Essi non indugiano troppo sullo sviluppo delle istituzioni, delle strutture e dei leader, ma preferiscono piuttosto indagare la sua vita comunitaria, la sorte della gente e la sua esperienza di tutti i giorni e come la Chiesa vive e cresce a livello di base. Da questo punto di vista il libro apre nuovi orizzonti. Pochi vescovi e leader sono menzionati, mentre lo sono laici, catechisti ed evangelisti, gente i cui nomi non sono registrati da nessuna parte, se non qui. Siamo insomma di fronte a un moderno sforzo di comprensione della Chiesa. Per essere più precisi questo lavoro a livello di base è ciò che Wheeler ha trovato più gratificante e così ne parla:" Andare in profondità ad esplorare i cristiani di base della Chiesa cristiana rurale nel sud del Sudan è stata un'esperienza che mi ha rigenerato e rianimato. Ho passato molto tempo con la Chiesa Dinka, Nuer, cattolica e presbiteriana ed altre ancora e ho incominciato ad ascoltare la gente comprendendo le emozioni e i sentimenti che il Vangelo di Cristo comunica loro e come lo esprimono e come lottano per essere cristiani nel contesto della guerra." In questo viaggio alle radici della cristianità sudanese Wheeler aggiunge di aver scoperto che l'esperienza della Chiesa sudanese è importante per tutta la Chiesa, perché non si tratta di un'esperienza del Vangelo che è stata adattata o imposta dal mondo occidentale. La Chiesa sudanese, viceversa, prende forma in grande misura da un contesto tradizionale africano e rappresenta perciò un'autentica risposta africana ai Vangeli, in una maniera che è forse più difficile da trovare in altre parti dell'Africa. Ci si domanda se molti sudanesi del sud diventano cristiani solo come forma di opposizione alla dominazione del nord musulmano. L'opinione di Wheeler è che non sia così. Piuttosto egli spiega che certamente operano diverse dinamiche in diverse parti del Paese. La situazione dei cristiani che vivono nei campi di rifugiati a Khartoum è differente da quella dei cristiani che vivono nelle montagne Nuba, come è diversa da quella di coloro che vivono nelle cosiddette aree liberate del sud. Per esempio nel sud la fede cristiana ha più a che fare con il modo di affrontare le tremende sofferenze e perdite materiali ed umane, su come trovare un senso alla sopravvivenza personale e comunitaria nell'aberrante situazione bellica. Il problema principale non è la questione politica riguardante il rapporto con l'Islam, ma come ci si relaziona con le forze spirituali del passato, come le si comprende, quale realtà o verità o divinità vi si attribuisce, che cosa si pensa stia facendo Dio attraverso la guerra e la sofferenza, qual'è lo scopo di Dio qui ed ora nel mezzo della guerra. Il Sudan non è solo devastazione, ma è anche gioia e crescita spirituale. Pensando a ciò, è veramente straordinario che esista un libro come questo riguardante un paese devastato dalla guerra, quando non esiste niente di tanto profondo e stimolante sulla storia della chiesa keniota, nonostante in Kenya esistano molte istituzioni cristiane a livello universitario.
I contenuti possono essere riprodotti liberamente citandone sempre la fonte. Spedire inoltre una copia dell'articolo alla redazione di Africanews.
AFRICANEWS versione italiana viene pubblicata da Amani, via Gonin 8, 20147 Milano
|