KenyaCome burlarsi della povertà!Di Cathy Majtenyi
Quando tempo fa Peter Kimeu Ngui del Catholic Relief Services (CRS) ha visitato il Kenya del nord con un collega ha incontrato una madre che macinava corteccia e ghiande di un albero locale fino a polverizzarli per poi mescolarli con l'acqua per farne cibo per se stessa ed il suo bambino che sedeva accanto a lei assente, come inebetito, guardando fisso davanti a se, preda della fame più disperata. Senza dire una parola Ngui e il suo collega avevano comprato del latte e del pane per il bambino, che aveva cominciato a piangere a più non posso dopo esser stato alimentato dalla madre. Il compagno di Ngui era rimasto molto colpito dal fatto che il bambino si fosse messo a piangere dopo esser stato nutrito e gliene aveva parlato. La mamma del bambino aveva ascoltato i commenti e fatto notare che il bambino non aveva cominciato a pingere in quel momento, ma che piuttosto aveva pianto per tutto il tempo, troppo debole, però, per essere sentito. Ngui riferisce questa storia parlando del flagello della povertà che secondo i dati del governo colpisce poco più della metà della popolazione del Kenya. Il livello di reddito che definisce lo stato di povertà per coloro che vivono nelle aree rurali si colloca a Ksh 1.239 (US$ 16, circa 35.000 lire) per persona al mese, mentre nelle aree urbane a Ksh 2.648 (US$ 34). Ma ciò che rende Ngui ancora più angustiato e depresso è comunque il fatto che il governo del Kenya preveda di spendere 140 milioni di scellini, pari a 1,8 milioni di dollari (quasi 4 miliardi di lire), entro il prossimo aprile per finanziare indagini a tutto campo su tutto il paese finalizzate a capire come lottare contro la povertà! Ngui, che è responsabile della formazione di CRS afferma che il governo conosce già la situazione e non sarà certo in grado di modificarla ottenendo maggiori informazioni. Ci si domanda inoltre che cosa verrà mai fatto con questi 140 milioni di scellini, se non convogliarne una buona parte nelle tasche di maneggioni, per mega-incontri e prebende per alti funzionari, senza che neanche un dollaro arrivi alla povera gente. Viceversa questi soldi dovrebbero servire per organizzare semplici incontri aperti a tutti, poco costosi e alla buona, per discutere le ragioni che rendono i kenioti sempre più poveri. Fratel Henri Simaro, segretario nazionale della Conferenza Episcopale keniota e appartenente al dipartimento delle comunicazioni sociali del Segretariato Cattolico dichiara ad esempio, che loro possono fornire queste informazioni gratuitamente dal momento che sono presenti in ogni angolo del Kenya e attraverso l'impegno di anni conoscono tutto ciò che è accaduto, nel bene e nel male. Il 6 novembre a Nairobi il Ministro delle Finanze Chrysanthus Okemo ha presentato ufficialmente la ricerca di cui stiamo parlando, affermando che ci si attende produca per il mese di aprile 2001 un rapporto finale riguardante la "strategia per la riduzione della povertà". Okema ha detto anche che il denaro necessario per finanziare questa iniziativa proviene da "partners per sviluppo" e "donatori". Il processo preparatorio consultivo di questa indagine è cominciato nel marzo 2000 con una riunione del forum consultivo degli addetti ai lavori nazionali, un insieme di trecento rappresentanti governativi, non governativi e privati. Quell'incontro ha prodotto in giugno un documento interinale chiamato "strategia per la riduzione della povertà 2000-2003". Okemo ha affermato che le raccomandazioni di questo rapporto saranno tradotte in pratica tramite il piano di spesa a medio termine del governo per gli anni 2000-2001 e 2002-2003. Ma non basta. Una complessa struttura organizzativa guidata dal governo, che comprende un comitato direttivo nazionale formato da funzionari governativi ed appartenenti alle ONG, sovrintenderà il processo consultivo che si estenderà fino a livello di villaggio. Il Ministro, alla manifestazione di presentazione, ha affermato che nessun programma di ripresa economica potrà avere successo se tutti i kenioti non saranno coinvolti nel processo. La partecipazione dei kenioti stessi, partendo dal livello più basso, fornirà più indicazioni per consentire la messa a punto di politiche economiche il più possibile adattate ai bisogni e alle priorità del paese. Ma il governo si è dimenticato di includere la chiesa cattolica nel Comitato Direttivo Nazionale dell'iniziativa e in altre sue strutture decisionali. La chiesa che è un importante finanziatore e costruttore di scuole, ospedali e progetti di sviluppo in tutto il Kenya, insinuando negli esponenti ecclesiastici il dubbio riguardo la buona fede e l'efficacia dell'indagine governativa. Fratel Simaro afferma che la chiesa cattolica possiede informazioni provenienti dalla base dal momento che gestisce una media di 35 progetti di eradicazione della povertà in ciascuno dei 69 distretti amministrativi appartenenti alle 24 diocesi del paese. E che spendere tutto quel denaro, nonostante si disponga di tante informazioni, è come reinventare la ruota in una maniera molto costosa. Mentre il denaro potrebbe essere usato molto meglio per rinforzare i programmi esistenti e finanziarne altri nell'ambito dell'istruzione, educazione civica e democrazia. Il Segretario Nazionale del dipartimento dei servizi sociali e dello sviluppo del Segretariato Cattolico, Everestus Okumu, stima che la chiesa cattolica investe dai 4 ai 5 milioni di scellini all'anno (dai 52.000 ai 65.000 dollari - dai 100 ai 150 milioni di lire) in iniziative in tutte le parrocchie del paese riguardanti l'agricoltura , l'allevamento, il microcredito e altri progetti di sviluppo di base. Il Segretario aggiunge che il governo ha invitato il Segretariato a partecipare all'iniziativa solo il 27 ottobre e che il ruolo della chiesa sarà quello di entrare a contatto con la gente sul terreno, organizzare incontri e, quando necessario, facilitarli. In ogni caso non è prevista alcuna partecipazione ne' della chiesa cattolica, ne' di CRS al Comitato Direttivo Nazionale. Sempre il segretario Okumu afferma che ciò che è veramente necessario per alleviare la povertà in Kenya è un diverso atteggiamento da parte degli esponenti governativi e dei funzionari in quanto la povertà aumenta in Kenya principalmente a causa di una cattiva guida politica e di una inefficiente gestione dei servizi e mancanza di trasparenza nella compagine governativa. Se il governo rimane quello che è, e i politici rimangono quelli che sono, ci si continuerà a interrogare sull'utilità di questa iniziativa riguardante lo studio della povertà. In Kenya i livelli di corruzione hanno raggiunto un livello allarmante, secondo Peter Ngui, che ha fornito esempi fra cui quello di una donna che lui conosce a cui sono stati negati i servizi di base perché si era rifiutata di pagare una bustarella, oppure di strade che non sono state finite perché dei politici hanno sottratto denaro dal budget per la costruzione o, infine, il recente licenziamento di 48.829 dipendenti statali, allo stesso tempo, mentre i parlamentari si triplicavano le proprie gratifiche. A metà settembre, Transparency International ha collocato il Kenya al nono posto per il livello di corruzione in una classifica di 90 paesi mondiali. Ma il governo keniota, secondo il suo Ministro delle Finanze, farebbe sul serio nell'affrontare la corruzione.Okemo ha enumerato diverse misure anti-corruzione recentemente messe in atto dal governo. Fra queste una legge che impone la dichiarazione di attività e passività dei funzionari pubblici, un'altra che prevede un maggior supporto all'autorità anti-corruzione e alla Corte dei Conti. Infine regolamentazioni aggiornate relative agli appalti delle istituzioni pubbliche. Qualunque sia l'opinione su come affrontare la questione della povertà in Kenya tutti sono d'accordo che la situazione è estremamente seria. Secondo il documento interinale della strategia per la riduzione della povertà. Ecco alcuni dati:
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