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N.33 - Gennaio 2001

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Uganda

L'Ebola potrebbe dilagare

Di Linda de Hoyos

Gli esperti temono che la gente che vive in questi campi di sfollati dell'Uganda del Nord sia particolarmente esposta a contrarre il virus dell'Ebola, dal momento che i campi soffrono di carenza di cibo, acqua potabile, servizi igienici ed altre condizioni necessarie perché la popolazione si costruisca un sistema immmunosanitario efficace.

La febbre dell'Ebola che dal 14 novembre ha già fatto 109 vittime nel nord dell'Uganda potrebbe estendersi all'interno dei villaggi protetti creati dal governo ugandese diversi anni fa, aumentando drammaticamente il numero dei morti per questa malattia. Il capo del Consiglio Distrettuale di Gulu, Walter Ochora, ha detto che se l'ebola entra nei campi si potrebbe diffondere come un incendio incontrollabile dal momento che questi sono sovraffollati e sprovvisti di condizioni sanitarie accettabili. A causa della malnutrizione la gente non potrebbe opporre resistenza alla malattia aumentando perciò la gravità dell'infezione ed il numero dei morti.

Si stima che nei distretti fra Gulu e Kitgum vivano oltre mezzo milione di persone all'interno di 40 villaggi protetti disseminati nella regione nord dell'Uganda. Il Presidente del paese, Yoweri Museveni, ha collocato con la forza questa gente nel 1996, apparentemente per proteggerla dagli attacchi dell'Esercito di Resistenza del Signore (LRA). Gli sfollati (IDP) che vivono in questi campi, praticamente tutta la popolazione rurale dei due distretti, sono obbligati a sopravvivere senza cibo sufficiente, scarsi servizi igienici ed acqua potabile, quasi mille i servizi medici e l'istruzione per i loro figli. La diarrea, il morbillo e la malnutrizione sono flagelli comuni nei campi e colpiscono soprattutto i bambini. Nel distretto di Gulu i ribelli hanno fra l'altro raso al suolo, bruciandole, la maggior parte delle abitazioni.

All'inizio del 2000 Talib Tabuley e Anywar Godfrey, due reporters, hanno visitato il villaggio protetto di Awer nella Contea di Kilak, 18 chilometri a ovest della città di Gulu ed il loro rapporto è stato pubblicato in agosto dall'organizzazione Kacoke Madit. I reporters hanno riscontrato che sul campo ristagnava un fetido odore, a significare una grave mancanza di disponibilità d'acqua. Hanno avvicinato una donna incuriosita dalla loro presenza per capire meglio la situazione. Questa si è offerta di condurli ad uno dei due pozzi che costituivano l unica risorsa d'approvvigionamento idrico del campo. In pochi minuti si sono trovati di fronte ad un filo d'acqua marrone sgocciolante che si raccoglieva in una pozza d'acqua bassa. La loro guida, Christine Akumu, li ha informati che si trattava di uno dei più importanti punti d'acqua del campo, mentre nel mezzo del campo stesso hanno trovato un pozzo apparentemente fuori servizio, circondato dalla boscaglia spinosa che se lo stava inghiottendo.

In Uganda la frase "l'acqua è vita" è molto comune. La situazione dell'approvvigionamento idrico nel campo di Awer fa quindi pensare che si tratti di un campo di morte! La prima morte da Ebola si è avuta il 21 settembre in un villaggio vicino a Gulu quando una donna di trentott'anni è morta della malattia, seguita in rapida successione da altri sette membri della famiglia. Il primo caso ospedaliero di morte a causa della febbre emorragica virale si è verificato il 14 ottobre. Più o meno contemporaneamente l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), il Centro per il Controllo dell'Epidemia di Atlanta negli Stati Uniti e Medici senza Frontiere (MSF) si erano mossi per cercare di contenere l'epidemia.

Quando le vittime dell'Ebola cominciarono a giungere agli ospedali locali dai villaggi dei dintorni i medici si mossero immediatamente per identificare il virus e prendere le misure necessarie per contenere l'epidemia. Dal 20 ottobre, mentre aumentava il numero dei casi, i sanitari erano infatti riusciti a far diminuire l'indice di mortalità dal 90 al 35%. I sanitari si sono dati da fare per scovare e tenere sotto controllo nuovi casi di malattia nel distretto di Gulu, anche se, comunque, fonti del nord del paese riferiscono via Acholinet che si continuano a presentare agli ospedali nuovi casi di malattia a più di un mese ormai dallo scoppio denunciato dell'epidemia.

Ed ora l'epidemia si è diffusa anche al di fuori del distretto di Gulu. L'Associated Press ha riportato il 14 novembre il caso di una donna e di suoi due famigliari morti di Ebola due settimane prima a Masindi, 160 chilometri a sud di Gulu, e quello di altre quattro persone morte a Mbarara, 282 chilometri a sud ovest della capitale ugandese Kampala. Il Centro per il Controllo dell'Epidemia di Atlanta ha nel frattempo stabilito che i malati che soccombono alla malattia, contrariamente a coloro che le sopravvivono, generalmente non hanno sviluppato una significativa risposta immunitaria al virus al momento della morte, in quanto il loro sistema immunitario non era in grado di reagire all'attacco.

Considerato l'indebolimento fisico causato da malnutrizione, carenza d'acqua potabile, mancanza di servizi igienici e assistenza sanitaria che affligge le popolazioni del nord dell'Uganda, febbri emorragiche come l'Ebola possono diffondersi incontrando scarsa resistenza e raggiungendo, se non tenute adeguatamente sotto controllo, devastanti indici di mortalità.

L'Ebola è stato scoperto in Congo nel 1976, grosso modo contemporaneamente all'apparizione del virus HIV nella stessa regione. Il mondo non può permettersi di rimanere indifferente al diffondersi di questa epidemia, come dimostra il fatto, per esempio, che il Centro per il Controllo delle Epidemie ha riportato a fine settembre che casi di febbre della Rift Valley, una febbre emorragica trasmessa ai bovini dalle zanzare, sono stati riscontrati per la prima volta fuori dall'Africa in Arabia Saudita e Yemen. Questi paesi hanno ora messo al bando qualsiasi importazione di carne dall'Africa Orientale.

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