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N.35 - Marzo 2001

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Zambia

La tortura c'è ma Chiluba nega

di Gideon Thole

In Zambia, fonti anonime della polizia lo confermano, esistono davvero stanze segrete dette "C5" con corde che penzolano dal soffitto e luoghi "speciali" nella savana dove vengono perpetrate le forme più esecrabili di tortura.

Mentre il resto del mondo era impegnato a celebrare le festività natalizie, Dave Muyembe, un ex-ufficiale dell'esercito zambiano, lottava per la vita in una stanza segreta di tortura della polizia. Muyembe ha sofferto le pene dell'inferno per molte ore, si è sentito mancare le forze, ma ha tenuto coraggiosamente e pervicacemente duro finché la morte non ha avuto il sopravvento.

La vita di Muyembe è stata stroncata alla fine dell'anno scorso da poliziotti che lo hanno torturato alla centrale di Lusaka. Dopo aver concluso il loro sporco lavoro i suoi torturatori si sono uniti ai dieci milioni e più di zambiani che celebravano l'evento più commemorato al mondo, la nascita di Gesù Cristo. Il suo cadavere è stato inventariato dalla centrale di polizia di Lusaka come "consegnato morto (B.I.D)" e giace insieme a tanti altri di cui non viene richiesto il riconoscimento nella sezione B76 dell'obitorio.

Un certo Leonard Chimtanda, testimone oculare, ha svelato che Muyembe è andato incontro al suo tragico destino travolto dall'accusa di "mancata collaborazione" alla famosa sezione investigativa C5 della polizia. Muyembe è stato fustigato a morte da poliziotti che brandivano sbarre di ferro, bastoni, tubi e picconi. Il suo corpo è stato poi rinvenuto avvolto in una coperta. Quest'uomo è uno delle centinaia di zambiani che non riesce ad uscire vivo dalle camere di tortura C5 o da luoghi segreti fuori mano adibiti all'orrenda pratica della tortura.

Poliziotti, che hanno parlato nascondendosi nell'anonimato, hanno confermato che le camere di tortura dette C5 ed i luoghi di sevizie nella savana esistono per davvero, aggiungendo che le camere di tortura differiscono da stanze normali solo per il fatto di disporre di corde agganciate al soffitto. Un poliziotto ha svelato che si ricorre alle C5 quando si vogliono estorcere informazioni a persone sospette, oppure per punire dei colpevoli, sebbene la Costituzione non permetta pratiche del genere.

Sia poliziotti che civili che sono stati in qualche occasione detenuti dalla polizia hanno confermato che i funzionari del Dipartimento Investigativo Criminale (CID) seviziano le persone sospette nelle stanze riservate al CID nelle stazioni di polizia di tutto il paese. Un torturatore reo confesso ha dichiarato che ciò che succede nelle C5 ed in altre stanze del CID è tortura al massimo livello. Alla gente vengono estorte dichiarazioni non rispondenti al vero, ma funzionali alle indagini; la stragrande maggioranza delle persone sospette perde infatti completamente il ben dell'intelletto quando viene sottoposto a supplizi e dice ciò che gli viene chiesto di dire. Il poliziotto che ha chiesto l'anonimato ha affermato anche che una volta i suoi superiori gli hanno chiesto di torturare alcuni sospetti per ben sei giorni. Ha aggiunto che quali strumenti di tortura si usano fruste, manganelli e scosse elettriche.

A fronte di tutto ciò, il portavoce della polizia dello Zambia, Lemmy Kajoba, ha negato con veemenza che da parte della polizia si pratichi la tortura. Ha affermato che alla polizia è semplicemente consentito l'uso di un "minimo di pressione" quando sospetta che una persona possa aiutare le sue indagini riguardanti un certo caso particolare.

In un tentativo di far fronte e difendersi dalle pressanti richieste della società civile e della comunità di investigare sul conto dell'esistenza e delle dimensioni della pratica della tortura, che intacca l'immagine di buon governo del paese, il presidente Chiluba ha costituito la commissione di inchiesta sulla tortura nel 1998, guidata dal giudice della Corte Suprema Japhet Banda. Il rapporto, scaturito da questa indagine svolta su scala nazionale, che Chiluba ha ricevuto lo scorso giugno, con grande sorpresa dei cittadini e della comunità internazionale, si sta ricoprendo di polvere sugli scaffali del palazzo presidenziale, invece di essere reso pubblico.

Il direttore esecutivo della rete interafricana dei diritti umani e lo sviluppo (AFRONET) ha affermato che ci sono dei personaggi che si sono impadroniti della legge per farne proprio uso e consumo. Aggiungendo: " Se ci sono dei politici che si sentono sopra la legge, non sono soli, perché ci sono perfino poliziotti che si permettono di prevaricare le leggi. Come possono coloro che infrangono la legge esserne contemporaneamente i difensori?" Il signor Mwanajiti ha continuato affermando che è impossibile determinare il numero preciso di persone che è andato incontro ad episodi di tortura o che addirittura è morto nelle mani della polizia. Non ci sono statistiche al riguardo, perché non c'è accesso ai dati e i casi di molte vittime vengono gelosamente tenuti segreti.

La tortura ha continuato ad esistere nel paese nonostante l'articolo 15 della Costituzione dichiari che: " nessuno potrà essere soggetto a tortura, punizione inumana o degradante o altro genere di trattamenti simili." Coloro che si occupano e difendono i diritti umani dicono che la loro campagna contro l'uso della tortura viene puntualmente vanificata dalla mancanza di volontà politica del governo di porre veramente fine a questa pratica disumana e concludono affermando che il governo si comporta ipocritamente condannando strumentalmente la tortura per mendicare meglio i fondi dei donatori internazionali.

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