Sudan CentraleIl Giubileo nelle montagne Nubadi Cathy Majtenyi
All'inizio del 2001 il mondo ha chiuso le celebrazioni giubilari e a Piazza San Pietro gli inservienti si sono messi a spazzare le gradinate della Basilica nella consapevolezza che le grandi messe giubilari e tutti gli altri eventi sono ormai conclusi. Coloro che si occupano di giustizia sociale sono ora alla ricerca di un nuovo grande tema intorno al quale rilanciare il loro lavoro. Perché ormai... il "grande momento" è passato! Ma, c'è un luogo dove il tempo si è fermato ed è sostanzialmente un concetto irrilevante, un luogo dove Dio ed i rapporti degli uomini fra di loro e con la natura costituiscono il nocciolo vero dell'esistenza. Sono tutti "anni giubilari" quelli che si susseguono nelle montagne Nuba del Sudan centrale. Questo è il pensiero che mi si è impresso forte nella mente mentre visitavo le montagne Nuba dal 27 dicembre al 1° gennaio insieme ad un gruppo di italiani, tedeschi e kenioti. Ci siamo andati dietro invito di padre Renato Kizito Sesana, un missionario comboniano con tanti anni d'esperienza di questa parte remota del mondo. Dice Padre Kizito: " L'idea di questo viaggio mi è venuta tempo fa a Roma, quando un giornalista mi ha chiesto: ' Padre, come celebrerà il Giubileo?' " Ed io gli riposi:" Il Papa, nella sua lettera sul Giubileo, ha scritto che un modo eccellente di celebrare l'anno giubilare consiste nell'andare verso i poveri e i sofferenti che rappresentano, in modo particolarmente emblematico, nostro Signore Gesù Cristo. Così, penso che andrò a celebrare il mio Giubileo con i Nuba, che sono vittima di ogni genere di oppressione.... si, perché il Sudan è un luogo dove la sofferenza ed il Cristo crocifisso sono presenti in una maniera veramente speciale. Il mio Giubileo offrirà una testimonianza di pace, un segno che è possibile un Sudan differente, fondato sulla giustizia e sul rispetto dei diritti umani." Quel milione di persone che vive nelle montagne Nuba, un territorio che consiste di 30.000 chilometri quadrati ricchi di risorse agricole e minerarie nella regione del Kordofan meridionale, nel Sudan centrale, é certamente gente particolarmente perseguitata ed oppressa. Sono sottoposti a bombardamenti aerei ed incursioni terrestri da parte del governo sudanese che pretende di trasformarli in buoni arabi musulmani. Sono completamente tagliati fuori da ogni contatto con il resto del mondo e noi stessi non avremmo potuto, a rigore, neanche trovarci lì, in quei luoghi, fra di loro. Abbiamo dovuto camminare per ore attraverso le montagne e la savana per raggiungere i villaggi che volevamo visitare. Materialmente, la gente che abbiamo incontrato non possiede quasi niente. Le loro case ed i loro beni sono fatti quasi completamente di materiali che hanno saputo abilmente ricavare dalla natura che li circonda. Non c'è un filo di immondizia intorno, nei villaggi, e mi è sembrato quasi di trovarmi in un angolo del giardino dell'Eden, l'incontaminata ed originale culla dell'umanità, dalla quale è partita procedendo a corrompere fisicamente e spiritualmente il resto del mondo. Ma, nonostante i pericoli della guerra e la mancanza di beni materiali, la gente delle montagne Nuba gode di una pace interiore ed esprime un senso dell'ospitalità che è assai difficile trovare altrove. Dovunque siamo andati la gente ci ha salutati con occhi sprizzanti amore e gentilezza, sorrisi trasudanti calore umano e calma interiore veramente toccanti. Pur trovandosi a contatto con la più violenta repressione, questa gente canta le canzoni più melodiche e, indossando maschere, collane di perline e colorati copricapi, danza i suoi balli tradizionali, mentre l'aria è pervasa dal suono di corni, flauti, campanelle e fischietti. Non è stato però sempre così. Yacoub Kaluka, un funzionario addetto alla formazione dell'Organizzazione per il Soccorso, il Sostegno e lo Sviluppo dei Nuba (NRRDO), mi ha spiegato che un tempo arrivarono i colonizzatori arabi decisi a fare piazza pulita della cultura e civiltà nuba, minacciando di farli tutti fuori se non avessero acconsentito ad adottare la loro cultura e religione islamica. Per molto tempo dopo i nuba continuarono a vergognarsi della propria identità e cercarono di "farsi" arabi. Mentre ascoltavo questa descrizione degli eventi non potevo fare a meno di pensare, con un certo disagio, che la chiesa cattolica ha usato metodi simili nel passato in situazioni ed eventi che fanno parte della sua storia. Comunque, col passare del tempo, si riaffermò finalmente fra i nuba una genuina coscienza culturale. A dimostrazione di ciò, sempre Kaluka, mi ha riferito il modo in cui un suo zio musulmano ha risposto a della gente che lo tormentava prendendolo in giro perché pregava in Tira, la sua lingua madre. Dicendo:" se credete che Dio non mi ascolti perché parlo in Tira vuol dire che questo non è il nostro Dio. Allora aspettiamo il nostro Signore, perché questo dev'essere quello degli arabi e dei bianchi ed il nostro deve ancora arrivare. Ma, se credete che ci sia un solo Dio per tutti quanti, beh, allora conosce tutte le lingue!" Sono stata profondamente colpita dalla solidissima fede di questa gente nella bontà, nella misericordia e nell'amore di Dio. Ciò mi ha portato a credere che il Dio cui si riferiva Kaluka "è arrivato ed è ben presente" in questa parte del mondo. Il missionario cattolico, il catechista e la gente comune che ho intervistato mi hanno raccontato storie di come, nonostante i bombardamenti e le incursioni, la gente se la senta di rischiare la propria incolumità pur di raccogliersi per pregare e leggere insieme le Scritture. Nonostante la mancanza di sacerdoti, la gente del villaggio di Kerker, per esempio, vede celebrarsi mediamente una messa al mese, mentre catechisti e laici non si fermano mai nella loro azione di divulgazione della religione e rafforzamento della fede. Il missionario di Maryknoll, Tom Tiscornia, può così affermare che: " il cattolicesimo gode di ottima salute, ad un livello elementare, ma sta benissimo." Anche l'identità nuba si rivitalizza e gode d'ottima salute perché la gente si rende conto trattarsi di un elemento chiave per la propria sopravvivenza. Si assiste infatti ad uno sforzo concertato fra l'NRRDO, il Movimento per la Liberazione del Popolo Sudanese (SPLA) ed altre entità presenti per ripristinare elementi culturali e pratiche tradizionali che erano quasi andate disperse. Le parole di Kaluka mi hanno fatto capire in modo estremamente chiaro che l'impronta e l'espressione culturale sono un dono di Dio, che i Tira, tutte le popolazioni delle montagne e del mondo che si trova lì attorno, rappresentano la ricchezza e la diversità del capolavoro del Creatore. Il Giubileo, al di là dall'aver contribuito alla cancellazione del debito dei paesi più poveri, è anche e soprattutto uno strumento per la liberazione dal peso del materialismo e della dominazione religiosa e culturale. Per la realizzazione di un'umanità quale è stata creata e voluta da Dio, assolutamente libera e viva, in rapporto con Lui ed interagente al suo interno. Da questo punto di vista la gente delle montagne Nuba gode di una libertà che non ho mai visto da nessun'altra parte.
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