KenyaUn premio Nobel accusa la Banca mondialeDi Clement Njoroge
Le scelte politiche della Banca Mondiale e del Fondo monetario internazionale continuano ad essere prese di mira dopo che uno degli studiosi africani più stimati, lo scrittore nigeriano Wole Soyinka (primo africano nero a vincere il Nobel per la letteratura nel 1986), ha accusato le due istituzioni di fare di tutto per depredare gli africani e renderli schiavi delle super potenze economiche. Infatti, in uno degli attacchi più forti mai portati alle due istituzioni gemelle di Bretton Woods, Soyinka ha dichiarato categoricamente che queste istituzioni non fanno assolutamente nulla per aiutare gli africani, ma, al contrario, si prepongono di salvaguardare gli interessi economici delle super potenze e che, di conseguenza, non è assolutamente il caso di dare seguito alle loro politiche (di aggiustamento strutturale). "La realtà africana e quella americana o tedesca sono completamente differenti per cui il FMI e la Banca Mondiale non dovrebbero inventarsi condizioni che applicate su di noi africani risultano irrealistiche e impraticabili" ha affermato Soyinka, accusando le istituzioni di Bretton Woods di cospirare per schiacciare l'Africa nella sua miserabile condizione di dipendenza. Aggiungendo che: "quando il FMI, per esempio, viene in Nigeria e pretende che si tolgano di mezzo i sussidi sui carburanti, non prende nella dovuta considerazione elementi come l'assenza di infrastrutture, i bassi redditi, etc. questioni che viceversa non devono essere ignorate". Soyinka non avrebbe potuto scegliere un luogo migliore per le sue critiche. Le ha esternate infatti in Kenya dove il famoso romanziere è stato invitato alla conferenza del Programma Ambientale delle Nazioni Unite (UNEP) che ha luogo ogni due anni per affrontare i temi del dialogo e della civilizzazione. Le critiche di Soyinka sono oltretutto arrivate in un momento in cui il paese ospite della conferenza, il Kenya, si trova ai ferri corti con il FMI riguardo dure pre-condizioni di buon governo e di riforma economica poste alla concessione di nuovi aiuti. La controversia, per quanto concerne il secondo punto, riguarda la privatizzazione di alcune imprese statali strategiche come la Telkom Kenya, l'istituzione di una entità statale anti-corruzione e la decretazione di una legge contro i crimini economici. Si tratta di argomenti che il governo è tanto riluttante ad affrontare da essere disposto a mettersi in rotta di collisione con il FMI. Il Presidente keniano Moi si è spinto tempo fa ad affermare che non é corretto che FMI e World Bank sostengano di non ritenersi corresponsabili dei problemi economici che affliggono il Kenya. Aggiungendo, addirittura, che i membri delle istituzioni di Bretton Woods si erano coalizzati con le agenzie dei donatori per compromettere l'ordine socio-economico e politico del paese! Lo stesso Presidente, quando ha preso la parola alla conferenza UNEP, ha affermato, su tutte le furie, che quando i paesi sottosviluppati chiedono qualcosa ai donatori, non vengono neanche ascoltati, mentre, viceversa, vengono imposti loro dei diktat puri e semplici di ogni natura e genere. Pochi giorni più tardi l'ambasciatore cinese in Kenya, Du Qiwen, ha criticato le onnipotenti istituzioni mondiali, affermando che l'aiuto offerto ai paesi del terzo mondo non dovrebbe essere condizionato a determinati mutamenti d'ordine politico. Du ha detto che i sistemi politici dei vari paesi dovrebbero essere rispettati dal momento che non sono altro che un'emanazione diretta dei popoli di quegli stessi paesi. Ripeteva più o meno gli stessi concetti che aveva espresso l'ambasciatore giapponese in Kenya un mese prima quando aveva accusato FMI e Banca MondiaIe di imporre condizioni alla ripresa degli aiuti che minavano la sovranità nazionale. Il Giappone, si noti, è il quarto maggior finanziatore del FMI e della Banca Mondiale e contribuisce notevolmente alla realizzazione di progetti scientifico/tecnologici in Kenya. Il rappresentante locale della Banca Mondiale, Harold Wackman, aveva puntualmente respinto queste accuse e si dice abbia perfino affermato che la sua istituzione non ha mai imposto al Kenya alcuna seria e pesante pre-condizione. Chiedendosi perché mai la sua Banca dovesse essere accusata di aver creato problemi, derivanti, viceversa, dalla mancanza di impegno da parte del governo nel realizzare programmi su cui si erano reciprocamente accordati. Mentre Wackman potrebbe aver ragione quando dice che il governo ha l'obbligo di onorare gli accordi firmati, è la sostanza oggettiva della situazione che irrita molti osservatori. Infatti, è sotto gli occhi di tutti che le condizioni imposte con i prestiti hanno finito per produrre degli effetti ben diversi da quelli che ci si aspettava ed è proprio questa la constatazione che ha fortemente irritato molti leaders sindacali, politici, accademici e religiosi. Ora, molti di questi sono sul piede di guerra e, lo scorso dicembre, per esempio, i lavoratori nigeriani, sotto l'egida del potente sindacato NLC ( Nigeria Labour Congress ), hanno promesso di resistere ad ogni tentativo del governo di privatizzare le malconce raffinerie del paese, aumentando nel contempo il prezzo dei prodotti petroliferi. La giustificazione di questa forte presa di posizione è stata che un'iniziativa del genere sarebbe andata a incidere direttamente deteriorando ulteriormente il tessuto socio-economico del paese. "I piani di privatizzazione delle raffinerie non sono altro che il prosieguo del saccheggio economico perpetrato ai danni dei nigeriani da parte di una cricca al potere, la cui prerogativa, negli ultimi quarant'anni dall'indipendenza, è stata quella di agire in collusione e cospirare con gli interessi stranieri, dissanguando il paese tramite il massiccio e vergognoso saccheggio della sua ricchezza collettiva " ha affermato il sindacato. Il risultato è stato che il governo ha bloccato tutto, ma la rabbia non è sbollita soprattutto quando si è saputo che il FMI aveva imposto questa pre-condizione ad un prestito al governo di un miliardo di dollari. All'inizio di quest'anno undici Senatori italiani hanno presentato una mozione tesa a porre in luce i pericoli della instabilità finanziaria globale ed i suoi effetti rovinosi sulle condizioni ed il tenore di vita. Hanno chiesto al governo italiano: " di prendere un'iniziativa affinché si convochi una nuova conferenza internazionale a livello di capi di stato e di governo, sul tipo di quella che ha avuto luogo a Bretton Woods nel 1944, allo scopo di architettare un nuovo sistema monetario internazionale, di prendere le misure necessarie per eliminare i meccanismi che hanno creato bolle speculative e mettere mano a programmi di salvataggio dell'economia reale." Contemporaneamente, deputati dell'Assemblea Nazionale Francese, si sono rivoltati contro il FMI e la Banca Mondiale, affermando che le loro politiche hanno giocato un ruolo importante, ma disgraziatamente in negativo, nella soluzione dei problemi legati allo sviluppo. Durante una recente conferenza della Banca Mondiale, tenutasi a Londra alla fine di gennaio, la Banca è stata oggetto di pesantissime critiche per le sue scelte politiche in merito ad un certo numero di questioni dibattute in quell'occasione. In due giorni di conferenza 90 parlamentari di 35 paesi diversi hanno sfidato la Banca sulla discutibilità delle sue pre-condizioni, specie quando si rifanno a questioni del calibro della globalizzazione, corruzione, cancellazione del debito e protezionismo. Queste non sono che le ultime di una serie di iniziative di alto profilo aventi come bersaglio le politiche inaccettabili del FMI e della Banca Mondiale e soprattutto le loro pre-condizioni all'erogazione dei prestiti. E' stato ricordato che il sistema originale di Bretton Woods, che vide la luce nel luglio del 1944 a Bretton Woods nel New Hampshire, prevedeva la creazione di istituzioni che affrontassero i problemi economici dei paesi europei devastati dalla seconda guerra mondiale. Il sistema ha lavorato bene fino agli anni settanta, quando se ne sono impossessati i poderosi centri d'interesse occidentali, iniziando a produrre le vistose ineguaglianze e, in definitiva, la povertà che regna sovrana nel mondo in via di sviluppo. Il Programma per lo Sviluppo delle Nazioni Unite (UNDP ) ha confermato che vent'anni di queste politiche hanno prodotto un crollo dei ritmi di crescita ed una caduta degli standard di vita specie nei paesi in cui il pagamento degli interessi del debito raggiunge livelli del 25 - 30% sul totale della spesa pubblica.
I contenuti possono essere riprodotti liberamente citandone sempre la fonte. Spedire inoltre una copia dell'articolo alla redazione di Africanews.
AFRICANEWS versione italiana viene pubblicata da Amani, via Gonin 8, 20147 Milano
|