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Versione italiana

N.36 - Aprile 2001


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SOMMARIO









Editoriale

Il trentaseiesimo numero di Africanews in lingua italiana si apre con il problema più scottante e più importante fra quelli che tormentano il Terzo mondo. Si tratta del debito estero ma non solo, si parla della politica economica che il Fondo monetario internazionale e la Banca mondiale, entrambi sotto controllo degli Stati Uniti, impongono ai paesi debitori. Questa storia del debito estero è vergognosa, tutti lo sanno, pochi intervengono e tra questi la Chiesa con il Giubileo e, occorre dirlo, anche lo Stato italiano che ha programmato la cancellazione di parte dei crediti che vanta nei confronti di paesi poveri.

Bastano poche cifre riportate dal Dossier della Caritas per il 2000. Fra il 1980 e il 1996 l'Africa subsahariana composta da 48 paesi ha pagato 2 volte il suo debito estero effettivo ma dopo questi 16 anni si è ritrovata 3 volte più indebitata: aveva 84 miliardi di dollari nel 1980, ne ha pagati 170 e nel 1997 si è ritrovata, anche per gli interessi esosi, a quota 235. Da notare che molti paesi, con governi democratici devono saldare debiti contratti da precedenti dittature e che il fatto di essere ancorati al dollaro questi debiti si gonfiano dato che nel '78 il dollaro valeva 800 lire mentre ora è abbondantemente sopra le 2000.

Ecco allora intervenire Banca mondiale e Fondo monetario internazionale che dettano le condizioni per "risanare" i conti statali con i soliti tagli a sanità, istruzione e impiego pubblico. I risultati li dicono queste cifre. Negli ultimi 25 anni i consumi sono aumentati di circa il 2,3% annuo nei paesi ricchi, in Africa la media dei consumi delle famiglie risulta inferiore del 20% rispetto al 1975.

Il discorso potrebbe proseguire per pagine e pagine. Nessuna sorpresa quindi se, nel nostro articolo il premio Nobel per la letteratura, il nigeriano Wole Soyinka, critichi drasticamente le decisioni della Banca mondiale e del Fondo monetario internazionle, ricordando che le realtà economiche americana o tedesca sono differenti da quella africana e quindi certe condizioni risultano irrealistiche e impraticabili. Quindici anni fa un capo di stato, Thomas Sankara del Burkina Faso aveva invitato i colleghi africani a non pagare più il debito. "Quelli che ci hanno prestato il denaro sono gli stessi che ci hanno colonizzati, sono quelli che hanno gestito a lungo i nostri stati e le nostre economie, loro hanno indebitato l'Africa". Un anno dopo Sankara veniva ucciso in un colpo di stato.

Il secondo articolo è strettamente collegato al primo. Si parla del Lesotho dove delle multinazionali, quella in questione è di Taiwan, sono approdate richiamate dai salari bassi e dall'assenza di regole sindacali. La situazione è balzata alla ribalta grazie a delle ricercatrici olandesi che visitando le fabbriche hanno rilevato condizioni disumane negli orari di lavoro, nelle paghe e soprattutto nel rispetto dei diritti civili e sindacali. Nell'articolo si dice apertamente che la Sun Textiles di Taiwan meriterebbe un boicottaggio nei paesi occidentali come quelli che hanno colpito duramente la Nike e Nestlé. L'articolo mette inoltre in evidenza come queste multinazionali, molto mobili, si spostino rapidamente verso aree che offrono mano d'opera a bassissimo costo lasciando alle spalle una mano d'opera poco specializzata e spesso fisicamente logorata.

Il terzo articolo parla della crisi scoppiata in Tanzania fra lo stato centrale, l'ex Tanganika e le isole di Zanzibar e Pemba. Sono lontani i tempi in cui la Tanganika e Zanzibar avevano creato la Tanzania e sotto la guida di Julius Nyerere ("mwalimu", il maestro) era diventata una nazione leader del continente. Ora le isole, a maggioranza musulmana, vogliono l'indipendenza. I primi morti e i primi profughi sono un brutto segnale per tutti.

Africanews staff


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