Costa d'Avorio e GhanaIl cioccolato più amaroDi Matthias Muindi
Le multinazionali del cioccolato, nonostante in maggio avessero fatto sapere di essere intenzionate ad opporsi allo sfruttamento del lavoro minorile nelle piantagioni di cacao, hanno lanciato una poderosa operazione lobbistica per silurare una legge promulgata in luglio dalla Camera dei Rappresentanti americana che esige sia scritto sulle etichette dei prodotti dolciari che non provengono da cacao coltivato con il concorso di schiavi bambini. Si tratta di un'operazione di interdizione da concludere prima che la legge, passata con una maggioranza di 291 contro 115, raggiunga il Senato A Washington si dice che le multinazionali abbiano fatto pressioni su politici americani e lobbisti nel tentativo perlomeno di annacquare la normativa che dovrebbe obbligarli a dichiarare in etichetta che il prodotto è, per così dire, "esente da schiavitù" indicando al contempo l'origine del cacao presente nel cioccolato. La proposta concernente questa nuova normativa fa parte di un emendamento a una legge di spesa dell'agricoltura che prevede di accantonare 250.000 dollari per la US Food & Drug Administration al fine di elaborare nuovi e migliori criteri di etichettatura. Naturalmente però prima che la FDA possa muoversi è necessario che la legge passi alla Commissione del Senato dove peraltro esistono ancora opinioni divergenti al riguardo. La legge è stata concepita dopo che i media avevano reso pubblico che una parte del cacao usato per produrre cioccolato e vari prodotti dolciari veniva prodotta facendo ricorso a lavoro minorile nei più importanti paesi produttori dell'Africa occidentale, la Costa d'Avorio e il Ghana. Un'indagine del Dipartimento di Stato aveva rivelato che fino a 15.000 bambini lavorano in queste aziende agricole che impiegano qualcosa come 200.000 persone, oggetto di traffico e scambio ogni anno da una parte all'altra dell'Africa centro occidentale. Nonostante l'industria ammetta che il lavoro minorile è un triste e consistente fenomeno nelle piantagioni di cacao, sostiene, nella sua presa di posizione, che la nuova legge va nella direzione sbagliata in quanto rischia di colpire molto più pesantemente i produttori che i consumatori di cacao. Larry Graham, presidente dell'Associazione dei Produttori Americani di Cioccolato ( CMA) esprime così la loro opinione: " Ammesso che una normativa del genere possa funzionare, temiamo possa essere assai discriminatoria nei confronti degli agricoltori della Costa d'Avorio. Noi, comunque, siamo aperti a qualsiasi soluzione e pensiamo che il legislatore ( Engel) sia armato di buoni propositi anche se non riteniamo che l'etichettatura possa risolvere la questione." Si tratta della stessa linea su cui si attesta anche l'industria inglese per mano della sua Alleanza dei Produttori di Biscotti, Dolciumi e Pasticceria (BCCCA) guidata dal Presidente John Newman che dice: " Condividiamo nel modo più assoluto le preoccupazioni dei consumatori che chiedono che il cacao venga prodotto senza ricorrere al lavoro forzato….ma siamo nel contempo preoccupati che misure drastiche di etichettatura dei prodotti possano danneggiare gli interessi di centinaia di migliaia di piccoli produttori di cacao che si comportano in maniera irreprensibile, etica e pienamente legittima." Questo signore ha a sua volta al proprio fianco Phil Sigley, direttore generale dell'ente commerciale denominato Associazione Londinese del Cacao (CAL) che ha accusato la stampa di aver ingigantito a dismisura la questione ed aver diffuso informazioni scarsamente fondate riguardo la piaga dei bambini schiavizzati nelle piantagioni. Di parere contrario i legislatori della nuova normativa di legge, come il rappresentante democratico di New York Elliot Engel, che ha respinto queste posizioni affermando trattarsi di una difesa di copertura dell'industria, preoccupata che i profitti possano venir letteralmente affondati dal boicottaggio dei loro prodotti da parte dei consumatori. Aggiungendo inoltre di aver sempre sentito fare proprie, tenere ed esprimere da parte dell'industria posizioni senza senso di quel genere, fin dai tempi in cui si discuteva dell'apartheid in Sud Africa….e promettendo di riuscire a trovare un senatore disposto a sostenere le sue misure in Senato e di non essere disposto a cedere finché non si porrà la parola fine alla schiavitù dei bambini. Engel, l'ideatore della legge, dice di aver preso posizione in assoluta buona fede, semplicemente per far sì che i consumatori americani possano essere sicuri di non mangiare cioccolato "lavorato da bimbi schiavizzati", perché è certo che non ne vogliono sapere di consumare consapevolmente cioccolato la cui materia prima, il cacao, è stato raccolto da bambini intrappolati in una condizione di schiavitù. Così, come non si può accettare il lavoro forzato nelle fabbriche asiatiche, non si può acconsentire che negli Stati Uniti vengano venduti prodotti che sono il frutto del lavoro di bambini trattati come schiavi. Con la spada sguainata, l'industria, specialmente quella americana, è andata all'attacco per proteggere un mercato del valore di 13 miliardi di dollari all'anno nei soli Stati Uniti. Per questa guerra la CMA ha messo insieme una lobby potente che vede all'opera nel tentativo di raggiungere la vittoria due grossi ex del Senato, il repubblicano Bob Dole ed il democratico George Mitchell. E' stata coinvolta anche la Grocery Manufacturers of America, un'associazione commerciale che rappresenta le aziende del settore dei generi di drogheria. Questa coalizione si è già data da fare per coinvolgere influenti parlamentari americani che hanno poteri in diversi importanti Comitati in entrambi i rami del Parlamento per cercare di far sì che la bozza di legge presentata al Senato venga affondata. Nella manovra vengono anche inseriti alcuni senatori provenienti dagli Stati dove hanno sede le grandi industrie manifatturiere di cioccolato, tirati dentro con la scusa che la nuova normativa proposta potrebbe nuocere ai loro elettori. La forza di questa lobby non sfugge ai sostenitori della legge che, come afferma il senatore repubblicano dell'Idaho Larry Craig, riconoscono che, senza dubbio, i senatori Dole e Mitchell possono intervenire con ragguardevoli pressioni sui loro colleghi, senza che però questo significhi che li possano influenzare e costringere a concentrare l'attenzione su ogni questione che viene loro posta. Di questo parere è anche Engel che si dichiara seccato e deluso per l'atteggiamento dell'industria che riteneva potesse avere e saper dimostrare per lo meno un minimo di coscienza sociale. Al contrario solo Dio sa quanti soldi ci stanno buttando nelle manovre finalizzate a preservare i propri profitti sulla pelle dei bambini, senza un minimo di vergogna. In ogni caso il senatore Tom Harkin dello Iowa, un oppositore di lunga data del lavoro minorile, ha minacciato che se l'industria va avanti con le sue manovre e la spunta, proporrà un'altra legge che potrebbe tagliare i sussidi agricoli all'industria del cacao ed impedire al governo l'acquisto di qualsiasi prodotto a base di cacao. I produttori, in un ulteriore tentativo di affossare la proposta di legge hanno chiesto la sospensione dell'iter legislativo fino a quando in dicembre non verrà pubblicato uno studio da essi stessi commissionato. Lo studio, cui mettono mano la CMA e l'Agenzia Americana per lo Sviluppo Internazionale ( USAID ), dovrà investigare in 2000 aziende agricole della Costa D'Avorio e in 1000 del Ghana. Si prevede che esamini anche aziende in Guinea, Camerun e Nigeria, dove pure si produce parecchio cacao. L'indagine sarà svolta dall'Istituto Internazionale per l'Agricoltura Tropicale ( IITA ) e sarà coordinata dall'Organizzazione Internazionale del Cacao, un ente che rappresenta i consumatori ed i produttori di tutto il mondo. Inizialmente la ricerca era destinata a studiare forme e modi per far conoscere ai coltivatori di cacao metodi produttivi economici ed eco sostenibili, ma l'obiettivo è stato modificato per l'intervento dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO) che ha affidato il nuovo mandato di investigare la questione del lavoro minorile. Alla luce di tutto ciò l'inglese Newman si sente di dire che la sua organizzazione ritiene che l'emendamento di Engel sia prematuro ed ogni iniziativa di quel genere debba attendere una verifica oggettiva e fattuale della situazione sul terreno. Ci sono timori che l'industria possa cercare di influenzare le indagini, in quanto, se le risultanze le saranno avverse, potrebbe vedere il governo americano includere il cioccolato e i derivati del cacao in una lista di generi preparata nel '99 dall'ex Presidente Bill Clinton posti al bando perché prodotti da bambini schiavizzati. Questa lista non comprendeva cioccolato e derivati dal cacao, ma oggi aumenta di giorno in giorno la pressione perché i prodotti contenenti cacao vi siano inclusi. Considerato il quadro generale della situazione non può sorprendere che i produttori abbiano iniziato a finanziare determinati gruppi che si occupano di diritti umani, come Anti Slavery International e Free the Slaves in modo da " assisterli nello sviluppare i loro programmi" nell'ovvio e abbastanza scoperto tentativo di condizionarli, spingerli al compromesso, mettendoli nella condizione di non poter colpire i propri benefattori. La guerra si è allargata ai paesi produttori di cacao come Ghana e Costa d'Avorio che insieme forniscono 2/3 del cacao mondiale, schierandoli dalla parte degli oppositori di questa legge. La Costa d'Avorio, che fornisce agli Stati Uniti il 43% del cacao che importa per un valore di 239 milioni di dollari si è imbarcata in una crociata che punta a non alterare lo status quo e ciò si spiega ancor meglio con il fatto che il paese è ancora immerso in una situazione di turbolenza politica ed economica, dopo una serie di ammutinamenti dell'esercito che da tempo non riceveva la paga. Il cacao rappresenta 1/3 delle esportazioni del paese, e, mentre Abidjan ha riconosciuto l'esistenza di un problema relativo a forme di schiavitù, lo ha però addebitato a lavoratori dei paesi vicini, accusati di portare con sé i bambini dai propri paesi. Va aggiunto che pare che il governo avoriano abbia cominciato ad arrestare e mettere in carcere centinaia di questi bambini, anche quando non è provato che lavorino nelle aziende agricole. E' presto per capire come andrà a finire e come sarà la legge definitiva, ma vale la pena di far notare che un'altra legge che è passata in giugno e che ha per oggetto la guerra del Sudan e che intende colpire le compagnie petrolifere che lavorano in quel paese, è stata svuotata dei suoi contenuti da potenti lobby d'affari, con la scusa che stabiliva pericolosi precedenti. Questo potrebbe essere il destino che attende la legge sul cacao, nonostante miri a colpire una piaga che ha visto recentemente gli Stati Uniti mettere in lista nera 23 paesi che non sono riusciti a controllare il traffico illecito di persone. Commercio di esseri umani che l'amministrazione repubblicana definisce " la forma di schiavitù dei nostri giorni." Fra i paesi africani colpiti ci sono il Sud Africa, il Gabon e la Repubblica Democratica del Congo per i quali l'azione punitiva degli Stati Uniti comprende, fra l'altro, il blocco di ogni aiuto che non sia strettamente umanitario.
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