MalawiDisputa per la marijuanaDi Brian Licomega
Mentre in tutto il mondo ci si batte contro gli stupefacenti, l'alcoolismo ed il traffico di droga, i seguaci della filosofia Rasta, in Malawi, lottano ferocemente per ottenere la legalizzazione della marijuana. La loro richiesta viene portata avanti a dispetto del fatto che la Golden Cob, un tipo di marijuana apprezzatissima dai conoscitori di tutto il mondo, proprio in questo paese stia avendo effetti devastanti sui consumatori. I Rasta chiedono una mano all'Ombudsman perché li aiuti a legalizzare la droga che affermano venir usata come parte, "elemento" della loro religione, ma questa istituzione civile non sembra essere troppo d'accordo a venire loro incontro per via degli effetti dell'erba sulla psiche. Le statistiche dello Zomba, l'unico ospedale psichiatrico del Malawi, indicano che il 60% dei malati di mente ricoverati deve la sua patologia al fumo di marijuana. Immaculate Chamangwana, caposala dell'ospedale, riferisce che l'ospedale riceve 2.000 nuovi casi all'anno e fa notare che la situazione peggiore riguarda i giovani che per via del fumo si lasciano andare a violenze sessuali e furti, causando indicibili sofferenze a chi gli sta attorno. Enock Chibwana, che ci lavora, dice che questo ospedale psichiatrico è affollato di gente che è andata via di testa a causa della cannabis ed aggiunge che la Costituzione del Malawi garantisce la libertà religiosa, ma che questo non significa si possa appoggiare un gruppo di persone che vorrebbe aumentare il numero dei malati di mente del paese. Il reverendo presbiteriano Sande Makuleya, residente a Blantyre, ha addirittura ricordato con preoccupazione che la legalizzazione della cannabis provocherebbe la collera divina, aggiungendo che la richiesta dei Rasta è semplicemente assurda e diabolica. Ma, i Rasta potrebbero trovare un alleato nell'ex Vice Ministro dell'Agricoltura, Joe Manduwa, che l'anno scorso ha richiesto al Parlamento di legalizzare la coltivazione della cannabis per cercare di recuperare le perdite subite dal tabacco sull'onda della campagna antifumo sponsorizzata dall'Organizzazione Mondiale della Sanità. Quella del tabacco è, infatti, la voce di esportazione più ricca del Malawi, per cui, il Ministro sosteneva che era giunto il momento di cercare di recuperare finanze rivolgendosi alla coltivazione della cannabis per far crescere le entrate di valuta nel paese. Spingendosi perfino ad affermare che l'erba coltivata non avrebbe avuto gli stessi effetti intossicanti di quella illegale spacciata come droga! Il Ministro dell'Agricoltura, Leonard Mangulama, è entrato nel dibattito dicendo la sua, affermando che la ricerca scientifica ha scoperto che in Malawi non si può coltivare la cosiddetta erba "non narcotica" a causa del clima troppo caldo del paese. Mangulama infatti afferma che il governo avrebbe voluto dare il via libera alla coltivazione dell'erba per l'esportazione, ma ha verificato, dopo parecchie ricerche, che la cannabis cresce bene ed è innocua solo in zone dal clima fresco e temperato, mentre, viceversa, in climi caldi si "carica" di effetto e potere narcotico. Il Ministro è arrivato, quindi, alla conclusione che alla luce di questo fenomeno l'erba deve rimane una coltivazione illegale. Il portavoce della polizia nazionale, Oliver Soko, ha detto a sua volta che a nessuno può essere permesso di nascondere la violazione della legge con il pretesto della religione. Il codice penale del Malawi considera un crimine la coltivazione, il possesso, il traffico e l'uso di quest'erba ed è stato applicato per incarcerare per otto mesi il Rasta Natty Tafari, scatenando le richieste di legalizzazione della droga dei suoi compagni. A dimostrazione della crescente rilevanza del fenomeno, statistiche raccolte volontariamente dalla sezione droghe pericolose della polizia indicano che la polizia stessa ha effettuato più arresti e sequestri nell'anno fiscale 2000-2001 che nell'anno precedente. Il sovrintendente capo, Cristopher Chiwanga, responsabile della sezione droghe pericolose della polizia, ha spiegato che le forze dell'ordine hanno effettuato in solo diciotto mesi 1600 arresti e sequestrato 379 tonnellate di cannabis, nel corso di operazioni che hanno visto coinvolti ben trenta stranieri. Si stima che l'anno scorso la cannabis venisse coltivata su 175 ettari sparsi per il paese e la polizia ha confiscato 42,3 tonnellate di prodotto nel corso dei primi cinque mesi dell'anno. Ottimista riguardo la possibilità di arrestare più criminali ed effettuare più sequestri, la polizia ha affermato che la campagna contro il traffico di droga sta andando bene, ma avrebbe più successo ed impatto se non ci fossero certi problemi relativi alla continuità di finanziamento. Il sovrintendente ha informato che l'anno scorso con il supporto finanziario di 250.000 $ donati da UNDP ( Programma per lo Sviluppo delle Nazioni Unite ) la sua sezione ha messo in atto diverse operazioni nei distretti di Nkhotakota e Mzimba del Malawi settentrionale e centrale dove prevalentemente ci si dedica alla coltivazione della droga. La polizia ha fatto sapere infine di non essere stata in grado di operare a tutto campo nel distretto di Nkhotakota, nella maniera in cui avrebbe dovuto e potuto, per mancanza di mezzi come macchine, elicotteri ed investigatori costantemente operativi per mesi sul campo, in grado di raggiungere le zone remote dove viene coltivata la cannabis. E non solo, Chiwanga ha fatto notare che, mentre la sua sezione intensificava la lotta contro la coltivazione, il fumo e lo smercio di droga, le autorità hanno consentito a trafficanti internazionali libertà di circolazione nel paese, con i loro carichi di merce illegale. Infatti, buona parte degli spacciatori che affluisce da fuori, approfitta di buon grado del fatto che i vecchi detectors degli aeroporti del paese non sono in grado di individuare gran parte della merce illegale di passaggio.
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