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Versione italiana

N.4 - Giugno 1998

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Africa

Liberiamo un miliardo di schiavi

di Renato Kizito Sesana

Tra i diversi problemi che l'Africa deve affrontare, oggi che il mondo si avvia verso il terzo millennio, la crisi dell'indebitamento ha una rilevanza centrale,. Spesso i prestiti sono stati utilizzati a fini militari o a vantaggio dei ricchi. Le Chiese sono preoccupate per questa crisi, soprattutto perché influisce negativamente sui poveri.

"Che cosa stanno facendo le Chiese del Kenya in rapporto alla campagna per il Giubileo del 2000?". Questa domanda viene posta sempre più spesso da visitatori che sono anche cristiani impegnati. Quando ci si rivolge in questi termini agli abituali frequentatori delle chiese keniote, questi spesso neanche colgono il significato della domanda.

In Europa e in Nord America è in corso una campagna condotta dalle chiese per la cancellazione del debito estero dei paesi poveri in occasione dell'avvento del 2000. I titoli della campagna variano dall'emotivo "Liberiamo un miliardo di schiavi" al neutrale "Giubileo 2000", ma l'intento rimane identico: la cancellazione totale del debito internazionale che sta schiacciando i paesi più poveri della terra, facendo riferimento al principio biblico del Giubileo in base al quale ogni sette anni e soprattutto ogni 50 anni, i poveri vengono liberati dal fardello e dalle ingiustizie che si sono accumulate nel tempo, come è prescritto nel Levitico 25:10.

Fatti e cifre, persino nella forma limitata consentita da un articolo di giornale, sono sempre uno strumento potente per comprendere una situazione particolare. Con il supporto di alcune statistiche affidabili fatte circolare nell'ambito del Consiglio Mondiale delle Chiese in un documento per il Giubileo del 2000, è possibile comprendere le implicazioni drammatiche dell'indebitamento internazionale. Secondo le valutazioni del Fondo Monetario Internazionale (FMI) alla fine del 1997, il debito estero globale dei paesi in via di sviluppo ammontava a circa 2.066 miliardi di dollari(circa 4 milioni di miliardi di lire). Lo stesso anno, quegli stessi paesi in via di sviluppo hanno ripagato ai paesi e agli istituti finanziari del mondo industrializzato 272 miliardi di dollari (circa 500 mila miliardi di lire). Quindi per rimborsare il debito ogni anno i paesi in via di sviluppo versano all'occidente un importo triplo rispetto a quanto ricevono in aiuti.

Contrariamente all'opinione comune, la ricchezza non viene trasferita dai paesi ricchi a quelli poveri, ma dai paesi poveri a quelli ricchi. La Banca Mondiale identifica due categorie di paesi indebitati: quelli a forte indebitamento e quelli a indebitamento moderato. Quarantacinque paesi sono considerati pesantemente indebitati, di cui 28 sono in Africa. Il Kenya è nella lista, insieme ad Angola, Burundi, Camerun, Repubblica Centroafricana, Congo, Repubblica Democratica del Congo (DRC), Guinea Equatoriale, Etiopia, Ghana, Guinea, Guinea-Bissau, Costa d'Avorio, Liberia, Madagascar, Mali, Mauritania, Mozambico, Niger, Nigeria, Ruanda, Saõ Tomé e Principe, Sierra Leone, Sudan, Tanzania, Uganda e Zambia.

Altri nove paesi africani sono considerati moderatamente indebitati, mentre Botswana, Burkina Faso, Capo Verde, Gibuti, Lesotho, Mauritius, Seychelles e Swaziland sono essenzialmente liberi da debiti. Su chi grava la responsabilità di aver consentito che il debito estero raggiungesse livelli tanto critici?

La responsabilità è dei governi creditori e degli istituti internazionali leader che hanno spinto i paesi poveri in questa situazione, dato che disponevano di grandi quantità di denaro e avevano bisogno di darlo in prestito per favorire l'economia. Le banche hanno prestato ai paesi poveri enormi quantità di denaro con scarso o nessun controllo sulla sua utilizzazione. In certi casi era di dominio pubblico il fatto che la maggior parte dei fondi sarebbe tornata immediatamente sui conti bancari svizzeri del "pezzo grosso" locale. In seguito il brusco aumento dei tassi d'interesse ha aggravato il già rapido deterioramento della situazione. Ma ovviamente la responsabilità non è esclusivamente dei creditori, i paesi africani hanno chiesto prestiti in eccesso, non hanno adottato politiche economiche e sociali adeguate, hanno ignorato le vere esigenze dei loro cittadini, hanno dilapidato i fondi in progetti mal concepiti, amministrati in modo corrotto o inetto.

Perché il debito internazionale è un problema? Quasi tutti i paesi sono indebitati ma in misura diversa. Per i più poveri è un problema perch ripagare il debito significa avere meno risorse da investire nella sanità, nell'istruzione e in altri servizi sociali come l'igiene, l'acqua potabile, ecc. Nello Zambia, ad esempio, la spesa governativa per l'istruzione è caduta dal 13,4 per cento del 1985 al 9,1 per cento del 1992. In Mozambico, il 33 per cento della spesa pubblica serve a pagare la gestione del debito estero, mentre solo il 7,9 per cento è destinato all'istruzione e il 3,3 per cento alla sanità.

In Uganda il governo spende annualmente solo 3 dollari a persona per la sanità, ma ben 20-30 dollari pro-capite per ripagare il debito a creditori come la Banca Mondiale e l'FMI.

Dal 1980 al 1992 i paesi del Terzo Mondo, dopo aver ripagato tre volte quanto dovevano, ben lontani dal trovarsi meno indebitati, di fatto dovevano il 250 per cento in più dell'anno precedente.

I paesi debitori devono impegnarsi nella politica del "tutto per l'esportazione, a qualsiasi prezzo" al fine di aumentare il reddito in valuta pregiata. La svalutazione della valuta locale ha fatto salire i prezzi delle merci base all'interno dei paesi debitori - cereali, tè, caffè o cacao - mentre i salari sono rimasti congelati.

Nel periodo 1980-1996, il debito totale dell'Africa Sub-Sahariana è quasi triplicato, da 85 a 235 miliardi di dollari. Per ogni dollaro guadagnato dalla popolazione, lo 0,75 per cento è dovuto al debito internazionale.

Oggi ogni uomo, donna, bambino africani, persino i neonati, mentre state leggendo questo articolo hanno un debito estero di oltre 440 dollari (oltre 800 milalire) e l'onere del debito rende difficilissimo ai paesi più poveri di attirare investimenti per lo sviluppo. La domanda posta da Julius Nyerere, ex-presidente della Tanzania, "dobbiamo forse far morire di fame i nostri figli per ripagare il debito?" dovrebbe essere tenuta a mente da ciascun leader africano responsabile. Non è un'esagerazione affermare che il debito internazionale è un cappio intorno al collo dei paesi poveri.

Dov'è andato a finire il denaro del debito internazionale del Terzo Mondo? Solo in misura ridottissima è stato utilizzato per investimenti economici e sociali validi, la maggior parte è stata usata per costruire cattedrali nel deserto, progetti prestigiosi senza nessun impatto sullo sviluppo; un quinto è stato speso per acquistare armi, spesso per sostenere regimi oppressivi. Una grande quantità di denaro, difficile da valutare, è stata usata per sostenere la corruzione e alla fine è stata rimandata nelle banche estere.

Sotto la dittatura di Mobutu Sese Seko, ad esempio, la Repubblica Democratica del Congo (allora Zaire) ha contratto un debito estero di circa 10 miliardi di dollari. Sei miliardi sono finiti a rimpinguare il tesoro personale dello stesso Mobutu, in gran parte custodito nei conti bancari del mondo occidentale.

Quali sono le argomentazioni morali per considerare il debito, nel suo insieme, ingiusto? Ecco alcuni motivi basilari :

  1. sebbene possa essere stato stipulato un contratto iniziale, il debito è aumentato e diventato più oneroso nel tempo secondo modalità non prevedibili al momento della sua stipula. Né creditori né i debitori potevano prevedere in quale misura i termini commerciali dei paesi in via di sviluppo potessero svalutarsi, la severità della recessione economica mondiale agli inizi degli anni '80, né l'aumento senza precedenti del tasso d'interesse contemporaneamente verificatosi. Guardando indietro, non era realistico aspettarsi che i paesi indebitati potessero onorare il loro pesante debito indipendentemente da quanto potesse avvenire nell'economia mondiale, ma questo è quanto i contratti originali stabilivano.
  2. il debito è aumentato senza portare benefici a chi - i poveri - risente maggiormente dall'austerità delle misure imposte dal loro paese per ripagare il debito.
  3. il debito è stato già ripagato diverse volte con tassi d'interesse insolitamente alti;
  4. la maggior parte del prestito rinnovato, oltre il prestito iniziale, è stato sottoscritto quasi interamente per la gestione del debito piuttosto che per promuovere un vero sviluppo;
  5. una parte considerevole dei fondi del prestito è stata spesa in armamenti pericolosi e inutili o in progetti e programmi a beneficio di un'élite. In alcuni casi il denaro si è limitato a tornare al mondo industrializzato sotto forma di investimenti esteri - quello che è poi stato battezzato "capitale in fuga". Le Chiese, in particolare quella cattolica, negli ultimi trent'anni si sono spesso pronunciate su questo problema. Il principio fondamentale è che oggi, con tutti i dibattiti sulla "globalizzazione", dovremmo allargare i parametri della giustizia e della carità tradizionalmente applicati a una sola società e abbracciare tutto il mondo. Un tedesco, un nigeriano, un brasiliano, un australiano non dovrebbero preoccuparsi e considerarsi responsabili della giustizia e della pietà solo nel loro paese. Il loro impegno di giustizia e compassione non dovrebbe limitarsi ai confini del proprio paese ma allargarsi fino a comprenderli tutti. È un passo difficile ma rappresenta anche una sfida per la Chiesa dare testimonianza di vera fratellanza di tutti i figli di Dio. Forse per la prima volta nella storia abbiamo la possibilità di sentire ed essere una famiglia dell'uomo unita.

Il problemi del Terzo Mondo e dell'indebitamento dell'Africa dovrebbero essere considerati all'interno di una prospettiva morale. Il debito internazionale rappresenta una grave forma di ingiustizia e infatti il senso di giustizia più elementare impone che il debito venga cancellato. Questo principio non è dovuto semplicemente alla spiegazione politica o economica che il debito non può essere ripagato, è un imperativo morale.

La cancellazione dell'indebitamento significa forse che i responsabili del passato accumulo del debito abbiano una nuova opportunità di contrarne degli altri? Il documento vaticano sul problema dell'indebitamento internazionale "Al sevizio della comunità dell'uomo", pubblicato nel 1986, stabilisce con chiarezza che "I vari gruppi in carica nei paesi in via di sviluppo devono accettare che le loro azioni e qualsiasi responsabilità diretta nell'indebitamento del proprio paese venga esaminata. La negligenza nella realizzazione di strutture adeguate o abusi nell'uso di quelle esistenti, frodi fiscali, corruzione, speculazioni valutarie, prelievi dalla riserva capitale nazionale o tangenti nei contratti internazionali... È troppo facile addossare agli altri la responsabilità delle ingiustizie se allo stesso tempo non ci si rende conto della nostra responsabilità e quanto sia necessario che prima avvenga la conversione personale. Questo vale anche per la Chiesa."

Il debito estero è il segno più evidente di un disordine nascosto. A meno che non ci si occupi delle cause più profonde del disagio, qualsiasi soluzione sarà solo provvisoria e la trappola dell'indebitamento scatterà di nuovo. Sono necessarie nuove strutture di partecipazione e di affidabilità, strutture che promuovano la dignità di ciascuno di noi e che ci ritenga responsabili quando sbagliamo.

Che cosa possono fare le Chiese d'Africa? Per le chiese africane il movimento internazionale del Giubileo 2000 è una sfida a lavorare insieme per la cancellazione del debito estero dei paesi più poveri e intervenire in modo che gli africani più emarginati possano beneficiarne.

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