Il 52° numero di Africanews in lingua italiana si apre con un articolo che elenca tutti i mali di cui soffre la democrazia nel continente. L'esame viene fatto dal teologo africano Laurenti Magesa che ben conosce i problemi che affliggono la sua terra e li indica denunciandone anche i responsabili.
Magesa non minimizza ma nemmeno esagera le situazioni esistenti oggi sul continente, situazioni che portano a un pesante anche se non definitivo giudizio: a 40 anni, che più chi meno, dall'indipendenza il verdetto dice che in moltissime nazioni africane lo Stato ha fallito, non è in grado cioè di assumersi le proprie responsabilità istituzionali nei confronti dei cittadini.
La popolazione è spezzata in due, da una parte la classe dominante che rappresenta una percentuale irrisoria e dall'altra la stragrande maggioranza che non ha praticamente diritti, che subisce soprusi e violenze da polizia ed esercito, gli organismi che dovrebbero proteggerla. La magistratura è nelle mani dei politici e l'economia alla mercé dei mercati internazionali. A un europeo viene spontaneo chiedersi, povera Africa, come fa a reggersi in piedi?
Viene quasi da pensare a un malocchio. A una iettatura lanciata nella seconda metà degli anni Novanta da Clinton. L'allora presidente americano parlò di "Rinascimento africano", elogiò capi di Stato come l'etiope Zenawi, l’eritreo Afwerki, l'ugandese Museveni, il rwandese Mugabe e infine il congolese Kabila, come portatori di stabilità politica e quindi ottimi portinai per far entrare la globalizzazione.
Si sa cosa è successo subito dopo queste dichiarazioni. I "fratelli" etiopi ed eritrei si sono scannati in una guerra assurda, Kabila è stato ammazzato, il Congo è stato invaso da eserciti amici e nemici, i "cugini" Rwanda e Burundi si sono azzannati. Altro che Rinascimento africano, meglio parlare di una seconda guerra dei 100 anni o di "balcanizzazione" come diciamo noi europei.
Ora sui campi di battaglia sembra tornare la pace. A Pretoria il figlio di Kabila, presidente del Congo, ha stretto la mano al collega rwandese Kagame. A Machakos, in Kenya, la guerra infinita del Sudan ha visto le due parti riavvicinarsi. In Madagascar l'ex-presidente Ratsiraka ha desistito dalla lotta contro il neo-eletto Ravalomanana e in Angola la pace sembra resistere.
Ma la vera speranza, le basi reali sulle quali l'Africa può contare per sconfiggere le guerre e la mancanza di democrazia, è descritta nei tre articoli che seguono quello di Magesa. Ancora una volta sono le donne che prendono in mano la situazione. Col loro lavoro ridanno dignità alla famiglia, riescono a sfamare e a dare un posto a scuola ai figli.
In Senegal dicono che quando una donna stringe il pareo sui fianchi (è un gesto che precede il lavoro) le cose possono cambiare: anche dove ci sono governi che non sanno e non vogliono governare.
Africanews staff