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Versione italiana

N.5 - Luglio 1998

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Africa

I mercenari tornano di moda

di David K. Freeman

Nella maggior parte dei paesi africani la spesa militare supera la spesa nei settori prioritari dell'istruzione, della sanità e l'agricoltura. Il continente continua a degradarsi ma rimane comunque il miglior mercato mondiale per le attrezzature militari.

Dalla fine del colonialismo negli anni '60, il continente africano ha conquistato il dubbio merito di essere diventato il primo consumatore della produzione militare mondiale. Le attrezzature militari vengono usate per le guerre civili o per sostenere molti regimi dittatoriali del continente. Da dove vengono tutte queste armi? Chi le paga? La risposta è molto concisa: le armi arrivano dal mondo "sviluppato" e vengono pagate - non volontariamente - dai contadini affamati, dai poveri, , dai bambini di strada, da chi deve sopportare gli standard subumani degli slum africani. Vengono pagate con il denaro che dovrebbe essere investito per migliorare le tecniche di sfruttamento della terra, per costruire scuole e ospedali.

La spesa per il mantenimento dell'esercito e per l'acquisto di nuove armi è uno dei segreti meglio custoditi dei regimi dittatoriali. Quando si possono esaminare le statistiche, queste non comprendono le "spese collegate alla sicurezza nazioanale", che potrebbero rivelarsi doppie rispetto alle cifre ufficiali. I dittatori hanno l'impressione erronea che le armi possano sostituire validamente lo sviluppo globale.

Secondo le informazioni pubblicate dal SIPRI di Stoccolma, il centro studi più autorevole sulle questioni relative alla pace e alla sicurezza internazionali, il volume annuale del mercato mondiale per le armi è sceso dai 45 miliardi di dollari del 1985 ai 22 miliardi del 1995, cioè oltre 40.000 miliardi di lire. Secondo questi risultati, negli anni '90 il principale mercante d'armi a livello mondiale erano gli Usa, che producono oltre il 50% delle attrezzature belliche disponibili sul mercato mondiale.

C'è motivo di rallegrarsi per questa significativa riduzione del valore totale del commercio delle armi? Non necessariamente. Le statistiche SIPRI riguardano solo le armi pesanti, bombardieri, carri armati, navi e missili, le grandi armi. Non considerano le "armi leggere" come ad esempio, i vari tipi di mina antiuomo, pistole e mitragliatrici come il diffuso AK47, i Kalashnikov di produzione sovietica. Queste armi leggere hanno invaso il mercato, in particolare quello africano e sono responsabili dell'aumento della percentuale delle vittime civili in tutti i conflitti. Dal 1980 al 1995 i paesi africani, con una popolazione totale di 155 milioni di persone, sono stati lacerati da conflitti interni. Le vittime stimate ammontano a circa 7 milioni, quasi tutte uccise con "armi leggere".

Il commercio delle armi leggere avviene sempre in segreto e rasenta l'illegalità. Nei conflitti in corso nella regione dei Grandi Laghi, le pistole cecoslovacche e i fucili italiani, gli AK47 rumeni, le mine egiziane e i bazooka cinesi fanno parte dell'arsenale di tutti i combattenti. Nel 1992 il regime ruandese ha ottenuto crediti dal Credit Lyonnais per acquistare mine antiuomo prodotte in Egitto dietro licenza della Tecnovar, una società italiana. Benvenuti nel mercato mondiale dei killer globali!

Nigrizia, una rivista italiana specializzata in questioni africane, recentemente ha pubblicato un resoconto impressionante e ben documentato su una nuova pericolosa tendenza del commercio delle armi in Africa. Secondo François Misser, in Africa il potere dei nuovi mercenari è aumentato. Mentre qualche anno fa i mercenari venivano messi al bando, oggi vengono invitati a partecipare ai convegni internazionali. La Defence Intelligence Agency (DIA) - collegata al Pentagono americano - nel giugno 1997 ha organizzato un convegno sulla "Privatizzazione della sicurezza nell'Africa Sub-sahariana". Oltre ai rappresentanti ufficiali del Pentagono, della CIA e del Dipartimento di Stato USA, tra gli invitati figuravano il sudafricano Eeben Barlow, dirigente della Executive Outcome, una società che ha contratti per decine di milioni di dollari per la protezione degli impianti minerari e l'addestramento militare in Angola e in Sierra Leone. Era presente anche il britannico Tim Spicer la cui società, la Sandline International, l'anno scorso ha organizzato l'operazione anti-guerriglia a Papua, in Nuova Guinea, e l'americano Ed Soyster, che rappresenta la Military Professional Resources (MPR), una società con mercenari che operano in Croazia e in Angola.

L'organizzatore del convegno, William Thom, della filiale africana della DIA, ha dichiarato che in Africa, prima e dopo il periodo coloniale, la tradizione, di far ricorso a truppe straniere è antica e che la richiesta di personale militare straniero è destinata a crescere per diverse ragioni, ad esempio per l'indifferenza verso l'Africa del mondo sviluppato, la riluttanza dell'occidente a intervenire con il proprio esercito e l'inadeguatezza delle forze d'intervento dell'ONU. Non deve sorprendere se nell'esauriente rapporto presentato il 16 aprile scorso al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, il Segretario Generale dell'ONU, Kofi Annan ha raccomandato pubblicamente l'identificazione e il monitoraggio dei mercanti d'armi privati, la riduzione del budget africano per la difesa e una migliore applicazione dell'embargo sulle armi per ridurre i conflitti in Africa.

Ma quali sono i criteri seguiti da queste società? Secondo la homepage MPR agiscono in base agli interessi americani. E' inverosimile immaginare che nella prossima guerra civile africana i due fronti opposti assolderanno mercenari e compreranno armamenti da una stessa società di mercenari? Sarebbe l'ultimo successo del capitalismo occidentale, fare soldi sui poveri dell'Africa mentre si ammazzano l'uno con l'altro. Le società di sicurezza che di fatto operano come eserciti mercenari stanno crescendo di numero e prosperano. Secondo la rivista leader del settore "Soldier of Fortunes", la richiesta è in aumento. Oggi il paese con il maggior numero di società di sicurezza registrate è il Sud Africa. Le migliori attrezzature sono le società già menzionate e la Combat Force, la Investment Surveys, la Hony Badgers Arms and Ammunitione la Saracen International.

Papa Giovanni Paolo II nel suo documento "Ecclesia in Africa" pubblicato nel 1995, ha detto: "Chi fomenta la guerra in Africa con il commercio delle armi si fa complice di crimini abominevoli contro l'umanità. Faccio mia la raccomandazione del Sinodo a questo proposito. Dichiarando che la vendita delle armi è uno scandalo perché semina i germi della morte, il Sinodo si è appellato a tutti i paesi che vendono armi in Africa perché cessino il loro commercio e ha chiesto ai governi africani di abbandonare le grandi spese militari e concentrarsi sull'istruzione, la sanità e il benessere della loro gente."

In Europa è in corso una Campagna Contro il Commercio delle Armi (CAAT). Agli aderenti alla campagna viene richiesto, tra l'altro, di non investire denaro in nessuna banca o società collegata al commercio delle armi e dei mercenari. Recentemente il CAAT ha lodato la Chiesa Cattolica del Regno Unito per aver accuratamente disinvestito tutto il denaro dalle società che si sono rivelate coinvolte in iniziative del genere e prevede che altre chiese e cittadini sensibili faranno lo stesso.

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