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Versione italiana

N.6 - Agosto 1998

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Africa

Inculturazione: basta con le parole

di Laurenti Magesa

Dalla fine del Concilio Vaticano Secondo, quasi 35 anni fa, molte questioni hanno occupato i pensieri, il tempo e le risorse della Chiesa Cattolica in Africa. Ma forse nulla è stato importante quanto l'inculturazione, lo sforzo di rendere la chiesa veramente africana ma allo stesso tempo profondamente cristiana. Con il Sinodo Africano del 1994 - la conferenza episcopale di Roma - la questione dell'integrazione culturale è diventata ancora più importante e urgente; quindi continuano le conferenze, i congressi e gli incontri sull'argomento. Uno di questi, organizzato dall'Istituto di Studi Interculturali (TICCS) nella città di Tamale, Ghana settentrionale, dal 1 al 6 dicembre, è stato un incontro diverso. Mentre l'accento sinora è stato posto sulla comprensione dell'integrazione culturale, ora ci si concentra sulla sua realizzazione. Come fare in modo che divenga realtà nella Chiesa africana?

All'incontro hanno contribuito circa 20 partecipanti, tra cui il vescovo e antropologo, famoso in tutto il mondo e fautore dell'integrazione culturale Peter K. Sarpong, di Kumasi, nel Ghana centrale. Il vescovo Sarpong ha presentato un documento su "Le politiche di integrazione culturale in Africa", in cui tratta alcuni problemi che ha incontrato negli anni nei suoi sforzi nella pratica dell'integrazione culturale.

Le obiezioni nei suoi confronti sono arrivate da sedi diverse: dalle autorità a Roma, dai colleghi vescovi in Ghana e in tutta l'Africa, dai propri sacerdoti e da laici a Kumasi. "Amo la mia cultura", ha detto, "sin dall'inizio sapevo che l'integrazione culturale naturalmente non si applicava alla danza, al canto, al suonare i tamburi, sapevo che prima di tutto riguarda la fede e il modo in cui si può spiegarla; riguarda l'adorazione, in cui il canto e la danza entrano in scena".

A proposito della Chiesa continentale, il vescovo Sarpong ha dichiarato: "Alcuni vescovi vi hanno accusato di essere un antiquario. Nel sinodo del 1994, un vescovo del mio gruppo di lavoro, di cui ero presidente e moderatore, ha detto che lui aveva accettato la Chiesa e che non vedeva il motivo per cui avrebbe dovuto parlare di danze e balli e non di pace e giustizia." Una serie di fattori ha inibito lo sforzo di integrazione culturale a livello nazionale. Il vescovo Sarpong ha citato alcuni dei problemi maggiori, il complesso di superiorità delle autorità ecclesiastiche, i pregiudizi e gli stereotipi etnocentrici, l'invidia e la gelosia. E anche il tradizionalismo, la mancanza di iniziativa e la semplice ignoranza del significato e del contenuto religioso degli usi e riti di altre popolazioni.

I partecipanti hanno concordato che il processo di integrazione culturale non è sempre facile e netto; nella maggior parte dei casi, è difficile e disordinato. Ma deve avvenire, per poter salvare la Chiesa in Africa dal rischio di diventare estranea alle comunità locali. E' stato proposto che i riti tradizionali africani, come quelli per la nascita, il matrimonio e la morte, non vengano liquidati con approssimazione, perché contrari allo spirito della fede cristiana. Essendo espressione di fede popolare, hanno sottolineato, questi rituali dovranno costituire le basi per l'integrazione culturale di ogni centro.

L'incontro si è concluso con una nota attiva. Il tempo per parlare di integrazione culturale è concluso, hanno concordato i partecipanti. Ora è giunto il momento di metterla in pratica, con conferenze e incontri come questo, che contribuiscano a definire la direzione e il ritmo del processo.

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