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Versione italiana

N.7 - Settembre 1998

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Africa

Per una globalizzazione equa

di Laurent Magesa

C'è molta preoccupazione riguardo il sistema economico globale. I fatti che ruotano intorno al concetto di globalizzazione hanno dimostrato che l'ordine economico corrente è iniquo.

La globalizzazione come crescente dominio del mondo da parte di un sistema economico continua a essere causa di grave preoccupazione per molte persone in ogni luogo, ma in particolare per la gente del Sud che ne soffrono molto di più. Il cosiddetto libero movimento dei capitali e del commercio, che è la spina dorsale della globalizzazione, attualmente non è considerato né libero né giusto. Il Sud povero è sempre più costretto in un sistema di relazioni commerciali inique, in cui le sue risorse naturali e umane vengono sfruttate e così rese dipendenti dalle economie dominanti del Nord, o sono persino minacciate di estinzione.

Politicamente il sistema impedisce il governo economico nel Sud: poiché le decisioni economiche vengono prese nel Nord, il Sud tende a modellare le sue politiche per rispondere alle richieste di chi prende le decisioni, e ad ascoltare e prendere in considerazione sempre meno gli interessi della sua gente.

Gli effetti sociali della globalizzazione sono ugualmente dolorosi, ma forse più a lungo termine. I Programmi di Aggiustamento Strutturale (Structural Adjustment Programmes - SAP) invocati da agenti della globalizzazione quali la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale allargano semplicemente il divario tra i ricchi e i poveri, anche entro lo stesso Sud. I SAP sono attualmente considerati un fattore principale che contribuisce, se non causa direttamente, la morte, nel Sud, di bambini, donne incinte e anziani attraverso la malnutrizione. La cultura consumistica promossa dai media porta a un individualismo estremo. I ricchi prendono l'abitudine di acquistare un numero crescente di beni di consumo, nel disinteresse totale dei bisogni dei poveri. I poveri, d'altra parte, sviluppano lentamente un senso di disistima che si esprime in disperazione, tossicodipendenza, promiscuità sessuale che porta all'HIV o all'AIDS, o risentimento e violenza.

A una consulta internazionale sulla globalizzazione promossa dal Vidyajyoti College of Theology, Dehli, India, e dall'Institute of Missiology, Aachen, Germania, che si è tenuta a Dehli, circa trenta persone impegnate sia del Nord che del Sud hanno cercato un modo di reagire alla situazione causata dalla globalizzazione.

Secondo la consulta, alcuni dei modi per contrastare l'effetto economico distruttivo della globalizzazione includono la solidarietà tra coloro che ne sono vittime nel dare forma a strategie concrete di autoprotezione e di sopravvivenza. Le vittime della globalizzazione possono, ad esempio, mettere in piedi dei movimenti nazionali e internazionali 'per l'abolizione del debito internazionale, assicurandosi che la remissione dei debiti non sia subordinata a condizioni nocive alla popolazione.' I gruppi e gli individui dovrebbero essere incoraggiati a prendere in considerazione la situazione degli altri. La gente può anche formare delle associazioni che promuovano uno sviluppo economico ecocompatibile, e politiche nazionali e internazionali che contrastino l'ingiusto e inumano sfruttamento del lavoro delle donne e dei bambini.

L'incontro ha deciso che il modo migliore per affrontare il potere della globalizzazione al livello politico è quello di rafforzare il processo democratico a tutti i livelli. La gente deve avere la possibilità di potere dire la sua nei processi decisionali locali così come in quelli nazionali. Al livello internazionale, la sovranità di ogni nazione, a prescindere dal suo status economico, deve essere rispettata. Allo stesso modo deve essere accordata la giusta considerazione alla voce di ogni nazione nelle sedi internazionali. A questo proposito, la consulta ha concluso che è necessario riformare con urgenza il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, allargandolo per includere rappresentanti di e da altre regioni del mondo che attualmente non vi sono rappresentate. Ai livelli sociale e culturale, la consulta ha ritenuto necessario che le vittime della globalizzazione siano aiutate a riguadagnare un senso di stima in sé e di legittimo orgoglio di cui la globalizzazione tende a deprivarli. A questo proposito, è della più grande importanza che le popolazioni indigene di ogni luogo vengano aiutate a riscoprire la saggezza dei loro costumi e delle loro tradizioni e il loro potenziale liberatorio. Istituzioni quali la scuola, l'università e i media potrebbero essere riformate in modo da assistere in questo processo di riscoperta e di rivalorizzazione, che deve essere avviato. Nei programmi concreti di aiuto, chi è marginalizzato, categoria in cui l'incontro ha incluso i contandini, i lavoratori, le donne, i giovani, le tribù, gli emigranti, i profughi e in generale gli oppressi, deve avere la precedenza.

E' stato valutato dall'incontro che le religioni e le organizzazioni religiose hanno un ruolo indispensabile nella lotta contro quello che è stato chiamato 'il potere di Satana e Mammone,' ovverosia le preponderanti strutture personali e sociali di ingiustizia. Anche qui, la solidarietà tra religioni e fedi è cruciale. Invece di combattersi a vicenda, le religioni devono formare delle reti di movimenti profetici mondiali che combattano ogni forma di morte causata dal movimento della globalizzazione, e in favore della vita per tutti. In particolare l'incontro ritiene che il ruolo delle chiese cristiane debba includere una visione che metta 'l'accento su Dio nell'altro piuttosto che esclusivamente nell'umano (antropocentrismo), nel sé (egoismo) e in ciò che è materiale (materialismo)." Devono lottare per mantenere in vita la visione escatologica del regno come una comunità globale di libertà, solidarietà e giustizia, i cui pilastri esistenziali siano 'altruismo, condivisione e semplicità di vita."

La consulta è terminata su una nota di ottimismo. Ha affermato che, per quanto possa essere potente la globalizzazione, ancora non è troppo tardi perché le persone impegnate sia nell'emisfero economico settentrionale che in quello meridionale sviluppino la volontà di dire di no a tutti i suoi processi opprimenti e alienanti.

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