Ancora una volta Africanews affronta il problema della situazione femminile in Africa. In questo numero di Settembre, il settimo dell'edizione italiana, tale argomento viene sviluppato sia nel campo della pianificazione delle nascite, sia nel campo dei rapporti fra moglie e marito. La descrizione di quest'ultimo aspetto nel contempo non ci può esimere dal congratularsi con chi si è assunto il compito di istruire queste donne sui loro diritti. Sinora, quando una moglie veniva picchiata e si rivolgeva alla polizia, riceveva il consiglio di "risolvere amichevolmente questo affare di famiglia", ora molte di queste poverette sanno di poter ottenere giustizia e riparazione presso un tribunale. La vita della donna africana, vera spina dorsale del continente, è una lunga corveé sopportata quotidianamente e come ricompensa se il marito muore può essere cacciata dalla casa che occupa o costretta a sposare un congiunto del defunto, magari malato di Aids.
La panoramica offerta dall'articolo sulla pianificazione delle nascite offre uno spaccato dell'Africa rurale e delle condizioni in cui gli operatori sanitari sono costretti a svolgere il loro lavoro. Ed è fra questo personale paramedico che si trovano figure esemplari il cui unico scopo è quello di portare un aiuto e conoscenza dei sistemi contraccettivi alle donne per le quali una nuova maternità sarebbe gravemente dannosa. Dal Ghana al Senegal, ecco il quadro confortante, l'immagine di un'Africa che si muove, che compie i primi ma risoluti passi verso una vera emancipazione della donna e per una visione più moderna della vita.
Il Sudan è da alcuni mesi alla ribalta internazionale ma soprattutto il governo di Karthoum viene messo alle corde dalle Nazioni Unite che gli chiedono conto del suo comportamento nel Sud Sudan dove combatte cristiani e animisti e nella zona dei Monti Nuba dove un'intera popolazione, appunto i Nuba, ha rischiato e rischia l'estinzione perché non vuol essere arabizzata. Il giornalista kenyota Charles Omondi ha parlato con un capo ribelle che agisce sui Monti Nuba, Yusuf Kuwa, fiero dei successi ottenuti sul campo contro le forze governative islamiche ma soprattutto orgoglioso per aver ridato dignità al suo popolo. "In passato - dice Yusuf Kuwa - il mio popolo era considerato un popolo di schiavi e una comunità arretrata, di conseguenza molti Nuba aspiravno ad arabizzarsi per essere accettati. Ora non accade più e la dearabizzazione delle menti della nostra gente rimane il risultato più grande".
Il teologo Laurenti Magesa affronta il problema della globalizzazione nella cultura e afferma che nonostante la tecnologia e l'informazione abbiano trasformato il mondo in un villaggio globale, i cristiani autentici dovrebbero accetare e rispettare le diverse culture, come un dono di Dio e sua rivelazione a un dato popolo. Il problema è tanto più attuale in quanto gli analisti prevedono che con l'ingresso nel XXI secolo il processo di globalizzazione (chiamato anche Coca-Colizzazione o McDonaldizzazione dai nomi dei colossi del cibo) diventerà inarrestabile. E con la crescita della moda dei beni di consumo del ricco Nord tra le popolazioni del Sud povero, si teme che sarà questione di tempo prima che la cultura settentrionale, che si accompagna a simili beni, si diffonda nel Sud.
Africanews staff